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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Scrivere V/S Leggere

Argomento: Letteratura

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 24/01/2025 16:23:38

SCRIVERE V/S LEGGERE

 

Va con sé che ‘scrivere’, considerato da tutti una virtù, non può che incontrarsi/scontrarsi con ‘leggere’, su cui insistere può sembrare obsoleto, in quanto si fatica non poco a inseguire le trame degli interminabili ‘sequel’ che la letteratura mondiale propina ad infinitum in tutte le Fiere del Libro da Torino a Francoforte, da New York a Caracas, quasi da far pensare a una ossessione per la scrittura che supera la moderata disposizione a leggere degli italiani …

Del resto che fa uno scrittore? Non può fare altro che scrivere. Ma cosa e perché scrive? Per quel pathos della passione che sta alla base del pensiero, e dunque alla base della scrittura letteraria o filosofica. (..) Uno scrittore scrive perché ha qualcosa da dire, ma in primo luogo scrive per scrivere”. (Franco Rella)

E per quanto sembra abbondino in Italia più gli scrittori che i lettori, almeno questo è ciò che rilevano alcune statistiche, si è propensi a dare la palma della vittoria alla lettura, in ragione del fatto che anche chi scrive nel frattempo è per così dire costretto a leggersi …

Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che è offerto al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso”. (Marcel Proust)

Ma se gli italiani non sembrano ben preposti a leggere (perché più artistici e creativi di altri) a chi attribuirne la colpa, se non alla tensione che spinge chi scrive dentro se stesso, per superare se stesso, lì dove le carenze sono più sentite, cioè all’organismo scolastico preposto all’insegnamento? Ma attenzione …

Vivere senza leggere è pericoloso, ci si deve accontentare della vita, e questo comporta notevoli". (Michel Houellebecq)

Tuttavia la ‘Squola’ non è la sola ad avere colpe a riguardo, ben altre ne hanno i ‘grandi editori’ nostrani, che nel chiudere le porte in faccia alla letteratura nazionale, si ostinano a immettere sul mercato migliaia di titoli stranieri che hanno acquistato a costo zero o quasi, e che diventano economicamente redditizi solo quando nel mare-magnum delle pubblicazioni, uno di essi riesce a superare gli step della distribuzione e vengono trasformati in paperbacks di scarsa qualità e di più largo consumo.

La distribuzione è anche importante per una casa editrice. I piccoli editori sono generalmente snobbati dai grossi distributori, perché non sono reputati sufficientemente vantaggiosi. Di conseguenza la diffusione della cultura contenuta in un libro, è nelle mani del reddito. E i ‘piccoli editori’ fanno quello che possono per tirare a campare, e infine i loro libri finiscono direttamente sulle bancarelle dell’usato marchiati a restare ‘al di fuori’ del mercato …

Quando vendi ad un uomo un libro, non gli vendi 12 once di carta, un po' di inchiostro e della colla, gli vendi un’intera nuova vita”. (Christopher Morley)

 

E che dire del cinema, in cui l’impossibile ormai si affranca all’indicibile; dove ogni singolo film fa più morti d’una guerra nucleare e/o si chiude per mancanza di attori e attrici da mandare al macello, nell’attesa della più provvidenziale delle parole: quel ‘The End’, che mette fine allo strazio subito. Cos’altro ci resta da ascoltare che non abbiamo ascoltato, se non un consiglio illuminato? …

Leggere e ascoltare appartengono alla medesima arte: quella di apprendere”. (M. Adler)

Ma che di rincalzo un altro importante scrittore avverte ...

La lettura è una difesa contro le offese della vita”. (Cesare Pavese)

La letteratura non ha mai ucciso nessuno, al contrario dei telegiornali che ad ascoltarli danno i brividi; o delle riviste impegnate che, solo a sfogliarle, ci si sporcano le mani del sangue altrui. Così come nei romanzi si preferiscono i fatti di cronaca nera, la guerra fratricida, la fuga degli immigrati, lo sterminio etnico, le storie insulse sul sesso che sfido chiunque a leggere senza restarne schifato, e che sono discriminanti della ‘bellezza di amarsi’ intrinseca, ad esempio, in una coppia libera di amarsi senza distinzione di sesso; del prodigarsi nell’insieme costruttivo della famiglia; dell’abbracciare la religiosità come atto di fede o di adoperarsi per il sociale in senso umanistico.

Non è forse preferibile leggere un libro che parli ancora di quei sentimenti che pure in realtà proviamo, perché siamo fatti di carne, e la carne spesso chiede sensazioni? O magari rileggere un ‘classico’ che a suo tempo ci aveva permesso di sognare …

Definizione di un classico: un libro che si crede che tutti abbiano letto e che spesso tutti credono di aver letto”. (Enoch Arnold Bennett)

Quando addirittura non sia preferibile cedere spazio al sano ‘ozio meditativo’, magari quello degli antichi filosofi greci e latini: relativamente altruistico, sostanzialmente apologetico, insomma a quell’ozio incondizionato che di tanto in tanto faremmo bene ad assumere come stile di vita. Sebbene qualcuno avverte che ...

Solo dopo aver conosciuto la superficie delle cose … ci si può spingere a cercare quel che c’è sotto. Ma la superficie delle cose è inesauribile”. (Italo Calvino)

Si fa ben dire, ma gli editori in primis lamentano che i libri non si scelgono più in libreria (che stanno tutte chiudendo per far spazio a mega-store del consumismo allargato), ma si comprano al supermercato distinti in ‘usa e getta’ e ‘perfetto ciarpame’ e/o finiscono per così dire sulle bancarelle del ‘riciclato’, per poi scoprire che non erano neppure stati aperti. Ma anche così va bene: comprateli pure dove volete, purché li leggiate.

C’è qualcosa di peggio del bruciare (o gettare via) i libri, è non leggerli”. (Joseph Brodsky).

Tuttavia voglio qui fare un encomio a tutti coloro che nel frattempo mi stanno leggendo, ma non perché leggono me, perché immagino e spero che si avvalgano delle mie recensioni e dei miei articoli per poi entrare fattivamente nel ‘circolo’ dei lettori o anche provare soltanto il desiderio di ‘imparare a leggere’ in modo più approfondito; o magari prima di mettersi a scrivere il libro della propria vita, si guardano attorno meravigliandosi di quanti (prima di loro) l’hanno già fatto: dai calciatori ai politici divenuti ‘letterati’ di rango; i primi perché a furia di correre dietro a una ‘sfera’ sono andati nel pallone; i secondi perche visto che le loro ‘idee’ non saranno mai trasformate in leggi preferiscono dar voce alla carta stampata per tramandare ai posteri qualcosa di se stessi.

Esattamente come avviene per i portieri di stabili che dopo aver ficcato il naso per anni negli affari degli altri sono finiti per immedesimarsi ora in questa ora in quella situazione per darsi importanza; ma non sanno che qualcuno l’ha già fatto prima di loro, un esempio? Subito accontentati, Marcel Proust che dei pettegolezzi ne ha fatto un capolavoro.

Per non dire delle finte massaie-palestrate diventate improvvisamente tutte esperte di cucina senza aver mai cucinato un uovo al tegamino; o delle accompagnatrici di cani che da finte-padrone finiscono per assomigliare agli animali che conducono al guinzaglio; e oltre, fino alle veline che per una starnazzata in TV vanno facendo le capriole. Davvero non se ne può più. Ma se... “La libertà è come l'aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”. (Piero Calamandrei)

Così, come pure ha detto un grande filosofo del nostro tempo ...

La felicità non è meno vera solo perché finisce, e nemmeno il pensiero e l'amore perdono valore perché non sono eterni”. (Bertrand Russell),

Potrebbe essere diversamente? Sì/ No, ma vi prego se davvero pensate di scrivere il libro della vostra vita, cercate almeno di essere originali, creativi, e perché nò spiritosi, prendetevi un po’ più alla leggera. Non tutte le esperienze sono da guinnes dei primati, come non tutti i romanzi sono dei capolavori. Fermate la vostra tastiera elettronica e date sfogo al vostro ‘supplizio’ di scrivere con coscienza di verità.

È preferibile una storia inventata, significativa, di fantasia creativa, di ‘bellezza’ interiore, a una storia insulsa di come schiacciare le lattine delle bevande gassate, di come provvedere alla differenziata dell’immondizia che tenete in casa; o parlare con foga del colore della cacca del pupo, ma non di quella del cane che invece non vi siete degnati di raccogliere.

Ecco, degnatevi almeno di dare uno sguardo ai titoli dei libri nello scaffale della vicina libreria (che sta chiudendo); di certo uno di essi richiamerà la vostra attenzione e senza che ve lo aspettiate, potrebbe contenere le risposte adeguate alle domande che per pudore non vi siete poste. Per così dire, che potrebbe spalancare le finestre della vostra ‘casa interiore’ che per un’insana paura di sapere ciò che accade intorno a voi, avete tenute chiuse.

Sono certo che nelle pagine di un libro potrete trovare quel ‘senso’ che talvolta è venuto meno nel quotidiano della vostra vita. Ma accorti … “Potranno recidere tutti i fiori, ma non potranno fermare la primavera.” (Pablo Neruda)

Dunque, poiché leggere affina l’esperienza, e il domani potrebbe trovarvi pronti (non sia mai), ad affrontare quella stessa contrarietà che avrete appreso dalle pagine di un romanzo cui non avreste dato un pizzico di fiducia. Non abbiate paura del numero delle pagine che vi trovate ad affrontare, semmai pagina dopo pagina, la sgravano della sua possibilità d’interferire negativamente sulle vostre preoccupazioni quotidiane e a spingere i vostri passi verso gli altri che leggono e che incontrate sul tram, al parco o in lavanderia.

Perché leggere un libro o molti libri, in fin dei conti è fonte di conoscenza, di scambio di comunicazione; apre al dialogo, permette di discutere, di arrabbiarsi del perché di un comportamento piuttosto che un altro, ma mai tornerete a casa con un libro tra le mani dopo una passeggiata senza dovervi confrontare con voi stessi in modo nuovo.

Magari ricreati nello spirito, pronti ad affrontare le nuove sfide che la vita propone, nel bene e nel male, per cui, sul finire di questo nostro interloquire, potreste accorgervi che ogni storia, per quanto avvolta nel dolore e nella morte, in fondo fa parte della vita, perché in fondo siamo tutti personaggi esistenziali d’una ‘recita’ che non hà mai fine. In fondo è un po’ come …

Invitare una persona a pranzo è occuparsi della sua felicità durante tutto il tempo ch'essa passa sotto il vostro tetto”. (Anthelme Brillat-Savarin)

Chissà perché mi viene da aggiungere ‘...o nel vostro letto’, cosa che a mio parere non guasta mai, ma ciò dipende dai gusti di ognuno, per quanto … "L’erotismo è una delle basi di conoscenza di sé, tanto indispensabile quanto la poesia". (Anaïs Nin)

Per quanto non dovreste essere risentiti, non sono qui a dare dell’ignorante letterario a nessuno, una cosa che non mi permetterei mai di fare, neppure verso coloro che potrebbero meritarlo, per quanto ognuno possa esprimere un giudizio qualificato come quello che segue…

“Potete giudicare quanto intelligente è una persona dalle sue risposte. Potete giudicare quanto è saggia dalle sue domande.”. (Nagib Mahfuz)

E allora eccovi servite alcune domande che avrei voluto fare in primis, all’inizio di questo articolo: da quanto tempo non leggete un libro? Avete un genere che vi piaccia particolarmente o che vi interessa? Preferite leggere un libro ‘cartaceo’ o in e-book / e-pub ecc.? Oppure preferite ascoltare qualcuno che legga per voi?

Le risposte sono ben accette e saranno per me di grande interesse come per tutti quanti si avvalgono della comunicazione come strumento di solidarietà e di reciproco scambio. Potrete sempre inviarle ‘gratuitamente’ nello spazio apposito che accompagna l’articolo, alla voce ‘lascia un commento’. E visto che siete in molti ad avere una fottuta voglia di scrivere, scrivete pure, sperticatevi nel raccontare, commentare, smentire questa mia allucinata locuzione. I più onesti, prometto, entreranno a far parte integrante delle mie future recensioni critiche...

Il modo migliore di imporre un'idea a qualcuno è fargli credere che sia sua”. (Alphonse Daudet)

Ma non fatevi illusioni, la scrittura sembra un mestiere facile, ma è piena d’intrighi, di trabocchetti, di labirinti, di seghe mentali, di paranoie, di illusioni di celebrità, di cadute spettacolari, di ‘paperissime’ incolte, di sotterfugi spasmodici, di false passioni della mente, quanto basta per atterrare i giganti del pensiero come i veri scrittori, i veri poeti e i veri flosofi, tutti affrancati dal fatto che ormai più nessuno li sta a sentire. “Appena un artista (e sono sicuro tra voi ce ne sono molti) ha trovato il vivo centro della sua attività, nulla per lui è così importante come mantenervisi: il suo posto non è mai, neanche per un attimo, accanto allo spettatore e al critico”. (Rainer Maria Rilke)

Tuttavia prima di salutarvi, non potendo venire meno all’invito fatto di leggere, chiudo con un elenco di libri più o meno nuovi, alcuni da me recensiti, che potete trovare facilmente in libreria oppure direttamente dall’Editore interessato:

L’odore dei cortili” di Giuliano Brenna - Il ramo e la foglia Editore 2024. Scritto in punta di penna questo secondo romanzo dell'autore affronta tematiche di grande attualità e interesse umano e psicologico che apre a una visione indubbiamente più accettabile del quotidiano. Una tematica inusuale che promette qualcosa d’insolito come ‘quel certo sentore che sale dai vecchi cortili’ in un tempo non poi così lontano, in cui si riversava il quotidiano vivere: “Non si attribuisce un nome a questo sentore, lo si vive un attimo, con un leggero imbarazzo; resta addosso senza che ce se n’accorga”. È l’odore interstiziale dei tempi della vita, dei personaggi assai accattivanti che s’interseca l’un l’altro, capaci di personalità singolari e comportamenti ‘diversi pur in situazioni analoghe’, cui l’autore affida alla diversità dei caratteri, e a ricondurne le differenze individuali a specifici contesti decisionali. È quanto mostra con chiarezza questo equilibrato romanzo di riflessione sulla ‘personalità’ e sulla ‘problematica’ individuale, colta nelle corrispettive influenze sociali di una città, “Lisbona, con i suoi vicoli e i caratteristici giardini dall’inconfondibile aroma, che rappresenta lo sfondo pulsante e dà il ritmo della narrazione”: “Nei Giorni di Luce” di Fernando Pessoa. «Scritto su un libro abbandonato in viaggio. Vengo dalle parti di Beja. Vado nel centro di Lisbona. Non porto niente e non troverò niente. Sento in anticipo la stanchezza di quel che non troverò. E la nostalgia che provo non è per il passato né per il futuro. Lascio scritta su questo libro l'immagine del mio intento morto: Vissi, come erba, e non mi strapparono.» L’autore: Giuliano Brenna studioso dell’opera proustiana è cofondatore della rivista letteraria on-line LaRecherche.it e curatore delle ‘antologie proustiane’, nonché della sezione narrativa di “Libri Liberi”; ha inoltre curato la traduzione delle poesie di Anna de Noailles e alcune raccolte di racconti “Ricette in brevi storie”. Autore inoltre un volume di ‘enogastronomia’, sua grande passione, e “Alta pasticceria - golosi tutto l’anno”. Il suo primo romanzo “Briscoe Hall” è del 2020.

Il Romanzo della Pasta Italiana” di Nunzio Russo, Edit. Esordienti e-book. 2014. Piera Rossotti Pogliano, Direttore Editoriale ci introduce a questo originale libro di Nunzio Russo. “Anche il cibo è ‘fast’, ormai il termine fast-food è entrato nel linguaggio corrente, ed è in genere sinonimo di ‘cibo spazzatura’, poco salubre, da evitare, insomma. E pensare che esiste un ‘cibo veloce’, facile da preparare quando abbiamo fretta, più lento (pardon, "slow") se abbiamo più tempo a disposizione, tutto italiano e per niente nocivo, ed è la pasta. L'e-book che vi consiglio questa settimana parla proprio di questo alimento straordinario, ma non ci sono ricette: vi troverete, invece, la vera storia della pasta italiana, e forse scoprirete qualcosa che non sapete, ossia che la pasta industriale è nata in Sicilia. La storia ce la racconta il discendente di due dinastie di pastai siciliani, che molti di voi già conoscono come eccellente romanziere: Nunzio Russo. Il suo libro è una vera chicca ed è arricchito da foto "storiche", riproduzioni di marchi originali e di documenti curiosi e interessanti. Allora, questa domenica, un buon piatto di pasta... e poi a passeggio, sperando che sia una giornata di sole primaverile”.

Le Voci Insorte” raccolta di scritture poetiche di Laura Caccia - Book Editore 2024. Un invito alla lettura che richiede particolare attenzione, soprattutto dal punto di vista formale, in quanto formata da pensieri e parole connesse allo spirito interpretativo dell’autrice, dando forma a un vero approccio tanto inconsueto quanto innovativo. Scritti in chiave di ‘haiku’ distanziat che, nel loro insieme, formano un ‘unicum’ paradossalmente al centro della riflessione individuale e alla corrispettiva riflessione sociale che ne determina il carattere sintomatico, rivelatore di una certa interiorità perduta. Quanto più fragile e di superficie, tuttavia vicina ai ‘non-valori’ esperienziali dominanti e/o emergenti propri di una certa letteratura poetica, connessa ai sistemi sociali contemporanei, per lo più adatta a formulare un’educazione letteraria dei sentimenti rivolta al futuro generazionale. L’autrice, già nota per i suoi studi filosofici e le raccolte poetiche, Premio Lorenzo Montano 2012 con la raccolta “D’altro canto”, ha pubblicato con Book Editore la silloge “La terza pagina”. Fa parte del Comitato di lettura di Anterem Edizioni, e della giuria del Premio annuale di poesia e prosa “Lorenzo Montano”, è inoltre nella redazione della rivista “Osiris” diretta da Andrea e Robert Moonrhead, con sede a Greenfiel, Massachusettes, USA.

Polvere” di Francesco Marotta - Una raccolta sub-intitolata Prolegomeni di un discorso poetico alternativo e/o l’arte della negazione. Anterem Edizioni 2024. Se Arturo Bandini, alias Jhon Fante (*), non si fosse messo in testa di diventare uno scrittore di successo probabilmente non staremmo qui a fasciarci la testa, tuttavia almeno lui infine ce l’ha fatta quando forse non gliene importava più niente, perché in fondo quello cui aspirava era di scrivere in maniera ‘asciutta’ quella che era la sua vita durante la grande depressione americana. Invero non tutti noi (che scriviamo) lo facciamo e/o lo pensiamo non senza ipocrisia. Nei molti libri che arrivano sulla mia scrivania, anzi meglio dire sul mio comodino, non pochi sono quelli letti che finiscono nello scaffale a prendere ‘polvere’ perché di nessun rilievo letterario, e che in altro modo definiremmo …“grafie di voci / che si consolano / nel nero della traccia / crosta / di fuoco e fumo / che arde e / slontana / nel silenzio del sangue”.

Per non dire di quei libri spacciati come ‘sillogi poetiche’ sebbene è pur vero che poeti ci si sente non lo si è, immemori del tempo in cui s’incoronava d’alloro la testa del candidato in aggiunta a un titolo onorario che oggi non avrebbe più senso, per lo più … “ d’occhi segnati / dal vento fossile / del sonno, insonnia / in-evitabile, coaguli / di nebbie”. Tantomeno assisteremmo al moltiplicarsi di pubblicazioni pseudo-letterarie trafugate da correnti non proprio innovative afferenti a un certo “teatro futurista”, relegabili a: ‘materiali di ricerca’, ‘prove scrittorie’, ‘idee per un discorso poetico’ da soddisfare velleità artistiche non esperienziali … “(le mani consumate / si industriano / a fondo / nel gioco, tentano /devozioni / d’alba, temporali / di grida …)”. Quel che invero si tratta di ‘pot-pourri’ da spot pubblicitari quando commerciano senso; ancor più rispondenti a grafie-fumettistiche inviate da telefonini portatili ad altrettanti cellulari, quando sono raccolte da chi parla senza stare a sentire … “(nel movimento / che è misera sorte / di preda / senza scampo “strappate a morsi all’aria)”. Quel che spesso accade è d’inciampare nella ‘mise en scene’ di semplici ‘esercitazioni linguistiche’, ovviamente lontane dagli “Esercizi di stile” di Queneau, e che possiamo definire ‘stralci’ di un percorso poetico fine a se stesso, carente di emozioni, affrancato da sollecitazioni liberatorie, esegesi di discorsi interpretativi ad uso e consumo del singolo proiettato sulla scena di un auditorium che ignora l’uso di ‘tempi’ e ‘scansioni verbali’, di ‘presenze e/o assenze’, di ‘vuoti e/o pieni’, da colmare di parole mancanti … “annaspando / graffiando (graffio, graffia, / cumuli) / … / un segnale di resa in colonna / un flusso, un fuso / arrotato di furia”. Altresì, che vanno oltre la singola connessione pensiero-messaggio del singolo che si guarda i piedi, per rivolgersi invece a un pubblico più vasto, diciamo ‘di testa’, che guarda oltre, come di… “lampo che cova / fortuite / eresie di luce / l’in-contro / in-prevedibile / nel breve segno / di una comune”.

Concesso che la coerenza con l’asset poetico del momento sia quello riportato da Francesco Marotta, da me relativamente compreso forse a causa di una mia connessione deficitaria con l’attualità, ma non trovo che la ‘negazione’ di qualcosa (in questo caso l’evento poetico), possa lontanamente paragonarsi al decostruzionismo derridiano e/o lacaniano che si voglia, inquanto non si dà seguito ad alcun prevedibile ‘costruzionismo’ o ‘ri-costruzionismo’ successivo, non meglio identificato … “dal nome / che dice fango / il luogo / e il bisogno / … / di canti scompigliati / di confessioni / estorte, di / un senso che brama / intatto / il volo”.

Quanto viene ‘negato’ non è cenere di un discorso oggettivo di possibile rinascita; ciò ch’è ‘polvere’ è seccura di un deserto di terra bruciata, senza speranza alcuna di restituire linfa a nuovi germogli di vita come appunto individua l’autore: “è lessico che fa notte”, e solo perché carente di empatia verso l’altrove, privo d’amore verso l’altrui totalmente e/o volutamente disconosciuto … “quando il filo / fa spire dei ricordi / e annoda / acque di nessuna / fonte”.

A prestargli ascolto Giuseppe Marotta non parla al futuro senza relazionarsi al passato, che in “Nottetempo” pure avalla una incontestabile quanto indicibile verità… “è così che accadono i giorni / provando gesti senza mani / tenendo stretto (a sé) il tempo / / in fermagli di salute / strappando materia inerte / agli occhi, quel fineluce / che la morte somiglia”.

Davvero dobbiamo aspettarci che ‘AI’ risolva il dilemma col trasformarci tutti in robot senza sentimento alcuno e/o almeno qualche risentimento, qualche oggettiva emozione che … “dis-arma(i) / il lessico / che fa notte”? È davvero ciò che ci aspettiamo e che lasceremo in eredità alle prossime generazioni? Anche no grazie, lieto, (egoisticamente parlando) di non esserci, inquanto ciò che leggo … “contrasta la bocca / lo spazio incolore / segnato di eccessi, di / di parole / che sciamano / visibili / … (di similitudini e / macerie) / il fiammante rituale / del distacco, il / ripetuto / riflesso dell’azzardo / … tutto dilegua / il tempo / spegne la grazia / della pena accolta” … “ma nell’ordito / un punto del giorno / talvolta / cede e / qualche suono - non altro / che un sibili / esita nel varco / tra luce e ombre, si scioglie / in domande / (di) non udibili / presenze”. Quand’ecco risentito, Giuseppe Marotta assume l’assetto del poeta e mette in scena l’ “altrove” che, inquanto lettore mi aspettavo, onde … “si spoglia avida / la polvere / possibile sosta / … / (l’oltre / si àncora di abbracci / di spoglie - / di spoglia avida / la polvere / possibile sosta / per trattenere terra / ai giorni”. Dunque ‘polvere alla polvere’ senza avallo di speranza alcuna, lungi dal trovare forzatamente una spiegazione a tutto ciò che accade d’intorno: il diniego per questa società del potere che con una mano promette e con l’altra toglie, pronta a riprendersi tutto in un istante; che cieca si sbrana in guerre fratricide, in soprusi ingiustificati, in prepotenze inaccettabili, intenta a voler assoggettare e/o a cancellare etnie e genie antropiche dalla faccia della terra … “terra illeggibile / di faticosi / addii, di sorti segnate / dal principio, soglie / e volti / viaggiando di sguardo / in sguardo / tra cumuli di fughe / e miserie…”. Quel che altresì … “aggiunge terra / agli occhi - la voce / perduta / pastura di radici / sconosciute, in / conoscibili / tutta la pietà / del mondo / racchiusa in un rito / di materia attesa / in un canto / immaginale / fatto corpo / altare / di ogni vita / trascorsa / da venire”.

Acciò, ricorda John Fante di “Chiedi alla polvere”, incombe lo spettro della povertà e le miserie del mondo, che pure sul finire, quando richiuso il libro, sembra aprirsi uno spiraglio di speranza … «Non tiratevi indietro di fronte a una nuova esperienza. Vivete la vita fino in fondo, prendetela di petto, non lasciatevi sfuggire nulla», cui mi sento di aggiungere, «perché la vita vale la pena d’essere vissuta, fino in fondo» … Ciò che … “afferma (assente), ha senso) / ri-afferra la testa / opaca, del giorno, ri-afferma (inferma) / l’infanzia / del nome, contorce / (con-torce) / s’illumina a sprazzi / seconda (anche) il vento / che l’onda / (sa) / di aghi salmastri / feconda pensieri, a / vicenda / s’inarca / con-torsione di sillabe / al traino, nell’orma / del foglio (nell’ora) / (presente)”. (**) L’autore. Francesco Marotta (Ж), Laureato in Filosofia e in Lettere Moderne, insegna Storia e Filosofia e risiede in provincia di Milano. Ha tradotto Bachmann, Bolaño, Bonnefoy, Char, Celan, Jabès, Sachs, Bergeret …è presente in molte pubblicazioni, antologie e traduzioni di autori importanti. Tutta la sua produzione, edita e inedita, è reperibile in rete . Note: (*) John Fante, “Chiedi alla polvere” - Mondadori 1941. (**) Tutti i corsivi sono di Francesco Marotta. (Ж) Mi scuso con l’autore per aver omesso in parte la punteggiatura originale presente nel testo in ragione della difficoltà grafica da riprodurre.

Le stanze di Emily” di Lella De Marchi … e/o la dimensione del vuoto assoluto - Anterem Edizioni 2024. C’è una ‘guerra oggettiva’ estrinseca che riguarda gli oggetti intorno a noi e che ognuno combatte a suo modo all’interno dei propri ‘spazi’: visivi, conoscitivi, culturali, affettivi, intimistici, che solo formalmente sveliamo a noi stessi e/o che rifuggiamo dalla considerazione, se non quando prendono il sopravvento su di noi e divengono despoti assoluti dei ‘vuoti’ che occupano con la loro presenza… “di tutta la verità ma dilla obliqua”. (E.D.) È allora che avviene lo scontro a interrompere l’instaurata quiete, proporzionatamente stabilita dai ‘vuoti’ a disposizione e la loro dominazione dei ‘pieni’, che non riusciamo più a detronizzare se non interrompendo il rapporto intimo che abbiamo amorevolmente e/o obbligatoriamente accordato con beneplacito alla comune convivenza … “…sto guardando un cassetto mentre vedo quello che sto pensando. sto guardando solo quel cassetto. lo scelgo. lo metto a fuoco. e tutti gli altri cassetti scompaiono … provo a inserire nel mio pensiero un moto diverso del mio vedere. provo a inserire nel mio pensiero un moto diverso dal mio pensare. resto nel buio. lo assaporo.” .

La ragione di quanto accade va ricercata nella ‘virtualità’ oggettiva della loro utilità, praticità, validità, conforme all’adeguatezza e/o inadeguata affettività che concediamo agli oggetti, all’estensione di un rapporto che va ben al di là del piacere del bello e/o del brutto che si voglia, e che pure è alla base della scelta iniziale che riveste di importanza e/o di grandezza la ‘forma’ delle ‘linee’ che la compongono nella (nostra) luce, e la scompongono nel (nostro) buio … “(della sua distanza, forse, o forse della distanza tra se e le cose)” “…la percezione di un oggetto co(n)sta esattamente la perdita dell’oggetto la percezione in sé un guadagno corrispondente al suo prezzo - l’oggetto assoluto è nullità - la percezione lo rende bello e poi biasima una perfezione che situa lontano.

È qui che entra in gioco l’esercizio dell’estetica trascendentale e metafisica del ‘bello’ e/o del ‘brutto’ che invero accettiamo in quanto afferente all’avvenenza, all’armonia e/o disarmonia che ci portiamo dentro, intrinseca del ‘gusto’ che si apprende con la ‘conoscenza’, con la ‘cultura’, con la nostra disponibilità di acquisizione, con l’intuizione sensibile e la ‘creatività’ che investiamo in ciò che impariamo ad apprezzare e a riprodurre in forme seriali … “…una poltrona dentro a una stanza legge il pensiero. [è un veliero che conduce in contrade lontane] senza preavviso si stacca dal corpo e diventa una fiaba. intessuta con il tessuto della poltrona. il corpo ospitato da una poltrona dentro a una stanza è l’unico corpo, altro da te, che si legge da solo. il corpo ospitato da una poltrona dentro a una stanza è l’unico corpo che non è corpo può stare in piedi o disteso. appoggiato per terra o sospeso.” Sospensione d’intenti quindi per affermare e/o riaffermare l’importanza di una ‘personalità’ distintiva e individuale ricevuta in dote, che abbiamo appreso dalla elaborazione di modelli culturali che ci siamo dati attraverso fasi: evolutive, associative, comunitarie e quant’altro inerente alla globalizzazione, costruite sul sociale a dar ‘forma’ a quelle cose entrate a far parte della compagine antropica integrata.

Da non sottovalutare, come spesso accade, di dare alle materie prime utilizzate (sfruttate): terra, acqua, flora, minerali ecc. che danno ‘forma’ agli oggetti, la potenzialità d’essere considerate ‘vive’, aventi una propria conoscenza solo ingannevolmente semplice, che noi impropriamente disconosciamo, la cui acquisizione nozionistica equivale a … “…un viaggio incompiuto (se vogliamo) ancora da compiere. la voce lo sa e si arma di fiato. del fiato che è soltanto il fremito delle foglie nel vento. il suono ritornerà all’ora prestabilita. il gesto si sveglierà all’ora prestabilita la voce lo sa e si appresta a colmare ogni distanza. a distinguere il ramo dal tronco la notte dal giorno.

Di fatto ogni singola materia equivale a un vaso comunicante che incrementa e interagisce con noi nelle rispettive attitudini personali in silenzio, funzionale alla rete d’immagini che trasmette, da cui prende ‘forma’ ogni cosa oggettiva che andiamo ripetendo all’infinito in quanto modello, paradigma, emulazione, sorpresa, che a sua volta riempie i nostri spazi vitali coscienti e/o incoscienti, emotivi, intellettuali, sentimentali, concernenti il nostro vivere … “…a tua discolpa ci sono soltanto le cose . le cose nella loro evidenza di cose. le cose non stanno in piedi per caso. … le cose che non hanno niente da dire e le cose che si rifiutano di dire qualcosa.”

Così come oggi si studiano in psicologia certi aspetti della cultura (pensata), si dovrebbe incrementare un’adeguata “Sociologia delle forme” impostata sulla interazione programmatica degli ‘stili cognitivi’ di base presenti nelle differenze individuali che Lella De Marchi indica negli “Innati Movimenti Narrativi” presenti ovunque nelle sue “Stanze” dove attiva l’inventario delle sue affabulazioni, onde enumerare e/o rimuovere dalla lista le sovrastrutture inutili … “m’impegno” … “a principio dei miei irrisolti misteri.” …a liberarmi di tutti i detriti / a non pensare all’esistenza delle scorie / a concepire un’esistenza pulita / ad ammettere la possibilità della rinascita / a sentirmi “degna” e non “accettata” / a creare il mio lato migliore.

O meglio ad imprimere, pur nelle diverse modalità di percezione, una sorta di elaborazione delle informazioni, delle concettualità decisionali in determinati contesti di scelta ecc., nello specifico di una scrittura equidistante dall’essere letteraria e/o poetica, avulsa dai possibili cambiamenti apportati dall’evoluzione tecnologica nel linguaggio, nell’ortografia, nella transitorietà del verso … “…passeremo senza separarci così da risparmiarci il certificato di assenza.”

Dacché si riscontra una costante quanto ‘ossessiva’ paura del vuoto, di quegli ‘spazi bianchi interstiziali’ che in qualche modo vanno riempiti a dar ‘forma’ a un proprio ‘stile’ (gusto individuale, singolare) e forse di attesa, quanto di sorpresa, nel dono non ricevuto perché inaspettato e/o forse insperato, purché … “…sentirci capaci di un’altra dimensione.

Una ‘non-dimensione’ quindi in cui Lella De Marchi sfiora l’estensione poetica senza l’imprimatur della poesia tout-court, entrando e uscendo da una dimensione scrittoria apatico-marginale di esperienze che ‘stanno fra’ le pieghe riposte della coscienza emotiva, sottolineando il carattere sintomatico-figurale rivelatore di un disagio comportamentale tipico della nostra era dal volto ‘social’ mai così poco altruistica ... “…il tempo in questione durerà sì o no una eternità. si dimentichi dell’esistenza. presto sarà dall’altra parte. se non le sovvengono i poeti, si affidi alla scienza.” “…non è una questione di tempo o di memoria, ma di esercizio, di lotta, e di speranza. dimenticare non basta. né a guarire, né a ritrovarsi in un’altra stanza.

Al dunque, pur mettendo da parte i precedenti petrarcheschi e le citazioni dickensiane, le ‘stanze’ visitate dall’autrice rientrano ancor più nella sperimentazione visionaria di un Jack Torrance (Shining), nel cui labirinto si perde la cognizione del tempo e dello spazio per entrare nella ‘dimensione del vuoto assoluto’ in cui l‘ “io sono” necessita infatti di “Una stanza tutta per sé”, in cui si rivela la presenza/assenza di una realtà di fatto virtuale, che diventa ‘forma’ collaterale del vissuto...

Un vuoto, un pieno, un meditare dell’anima che desidera trasfigurare il vuoto della morte nella pienezza di un’eternità che nessuna morte potrà mai sfiorare.” (Norman MacCaig).

“…prima o poi tutti si alzano da tavola e se ne vanno. prima o poi tutti si resta soli. abbracciati a una sedia vuota.” “…il suono che la perpetua è cosa lontana. il gesto che la completa è vicino ma assente. un viaggio incompiuto o ancora da compiere.”

L’autrice Lella De Marchi: scrittrice, artista, performer di Identità e Questioni di genere.; è attiva nelle problematiche legate al 'femminismo e trasfemminismo,' ai Diritti Lgbtq. Molti suoi testi premiati in concorsi diversi sono presenti sul suo blog, riviste-on-line e cartacee, nonché tradotti in diverse lingue. Molte le ‘antologie’ di poesia presenti in reading e performance poetico-musicali. Non in ultimo, degno di nota “Liturgia della strega”, un concerto che si avvale della collaborazione del batterista e produttore Dario Talone, con il quale ha partecipato nel 2024 a InsulaelLab diretto da Paolo Fresu.

Sacro niente” un libro di Giovanni Bitetto – Voland 2023. Leggere, studiare, apprendere, ricordare, forse pregare, tutto non sarà servito a niente se ci si perde fra le linee del "sacro" trasferito nel quotidiano chiacchiericcio popolare, eppure è ciò che dà senso alla profonda intuizione prevalente che noi tutti abbiamo dell’al di là, la cui ‘assenza in presenza’ umanamente sentita dall’autore scandaglia nel profondo degli animi alla ricerca di qualcosa che ancora non sa, ma che sente aggirarsi nel vuoto assolato del suo meridione, e che tenta di afferrare con le proprie mani e stringerla nei propri pugni serrati, per non lasciarsi sfuggire l’attimo ‘illuminato’ in cui guardare negli occhi la conclusione della propria missione terrena, nel bene e nel male che lo incoglie.

Si è qui alla presenza che avvolge il “sacrum facere” della ritualistica divinatoria in cui ciò che si delinea come inesprimibile, assume sembianza oggettiva in una forma, in un luogo, in una figurazione umana. Quand’anche la si voglia d’appartenenza allo ‘spirito’ è pur ad esso che riconduce ogni aspettativa, ogni celato desiderio. Sì che ogni accadimento, ogni ‘presenza in assenza’ dall’esito problematico, rivela una deliberata quanto idilliaca auto-costrizione, individuale e sovrumana, perché onnipresente e ineludibile, lontana nello spazio e nel tempo ancorché umani, ancor più vicina e costante nello “spazio e nel tempo" del sacro. “Aspetti della prassi ritualistica divinatoria” – scrive la studiosa Claudia Santi in “Sacra facere” (Bulzoni Edit. 2008) - oltrepassa il livello dello scetticismo pregiudiziale nel suo svolgimento storico-culturale, al fine di rilevare gli elementi di continuità e di cambiamento prodottisi all'interno del sistema di divinazione nel corso di millenni di storia. Dacché il continuo ristrutturarsi all’interno delle sollecitazioni salvifico-religiose del substrato popolare, al tempo stesso tangibile e immateriale, come qualcosa d’invisibile che non riusciamo a percepire e che pure gioca un ruolo importante sulla psiche, al pari di altre sequenze naturali che segnano lo sviluppo degli avvenimenti sociali e comunitari delle attività umane.

Come il flusso e riflusso delle maree, il “sacro” è qui pressoché svelato, nella trama capziosa di questo libro, quale modello ricorrente e simbolico di armonizzazione nel rincorrersi degli eventi; quale contributo alla determinazione temporale dell’immagine naturalistica di riferimento con una certa dose di ovvietà, come se fosse parte del grande contesto dei fenomeni naturali “non umani” e quindi delle successioni di specifici avvenimenti extraumani. In entrambi i casi il “sacro” assume qui l’equivalenza di un fatto naturale ‘oggettivo’, che esiste indipendentemente dalla volontà umana, e nell’altro, come idea ‘soggettiva’ riposta in una volontà suprema indefinibile. Tuttavia le due teorie, per quanto non contrapposte nel libro, si affermano entro uno stesso ‘sacro niente’ che si ripete costante come punto ‘universale’ d’inizio, dal quale “indagare a fondo pulsioni e sentimenti, nell'eterno tentativo di dare un senso all'esistenza” (G. Bitetto). Onde ogni singolo individuo: un padre, un figlio, un'amante, un autista, un barbiere, si presenta completamente solo, “soggetto davanti all’oggetto” offrendosi alla conoscenza o, forse, all’indecidibile, di cui non può stabilire la verità o la falsità.

È così per tutte le cose di questo mondo, ma non per il “sacro niente”. In cui - scrive ancora l'autore: “Tutte le cose giungono al termine, almeno nelle forme note. Si esaurirà anche la mia osservazione, perché persino le possibilità dell’animo umano non sono infinite. E non può che concludersi anche il tempo delle nostre discussioni, ciò che lui ha da chiedere. Si stancherà di me, prosciugherà le mie risposte, penserà di aver capito. Sento che questo momento arriverà presto e forse, ancor più, che debba essere io a scrivere la parola fine” (G. Bitetto).

Location: In un meridione dimenticato da tutti ma non da Dio, la morte, il lutto e l'amore si intrecciano ai piedi di un blocco di marmo: una statua di Padre Pio si fa portavoce delle esistenze di uomini e donne comuni, personaggi ordinari eppure universali, confessano al santo i propri tormenti, le sofferenze, ma anche i peccati e le abiezioni, che non assolve, non giudica, può solo ascoltare le storie che gli vengono affidate e restituirne ogni singolo dettaglio.

L’autore: Giovanni Bitetto (Terlizzi, 1992) vive e lavora a Milano. Ha scritto di letteratura e società per varie testate online. E' editor della rivista culturale Nea Magazine. Ha esordito nel 2019 con “Scavare” (Italo Svevo) che gli è valso il Premio POP della Fondazione Mondadori. “Sacro niente” è il suo secondo romanzo.

"L’Ozio Come Stile Di Vita” di Tom Hodgkinson – Rizzoli 2005 Un ultimo, piccolo libriccino, ‘ma affatto ultimo’, che ho voluto includere perché inerente al testo e che potrebbe accompagnarvi nel ‘dolce far niente’ se non di leggere che vi ha portati fin qui. In un mondo dominato dall’etica (non etica) del lavoro, dall’efficienza, da martellanti messaggi mediatici che incitano a ‘fare’, produrre, guadagnare, consumare, il ‘non fare’ dell’ozio diventa un atto sovversivo, rivoluzionario, una rivendicazione di individualità e indipendenza, un diritto che va riaffermato. Ma come qualcuno ha detto ... ‘Non far niente è il lavoro più duro di tutti.’ (Oscar Wilde).

NB: attenzione, le proposte qui sopra riportate non rappresentano un consiglio di lettura, bensì una possibilità alle vostre scelte, per quanto … “Le donne e i gatti faranno sempre ciò che vogliono; gli uomini e i cani dovrebbero rilassarsi e abituarsi all'idea”. (Robert Anson Heinlein).

Tuttavia voglio qui fare un encomio a tutti coloro che nel frattempo mi stanno leggendo, ma non perché leggono me, perché immagino e spero che si avvalgano delle mie recensioni e dei miei articoli per poi entrare fattivamente nel ‘circolo’ dei lettori o anche provare soltanto il desiderio di ‘imparare a leggere’ in modo più approfondito; o magari prima di mettersi a scrivere il libro della propria vita, si guardano attorno meravigliandosi di quanti (prima di loro) l’hanno già fatto: dai calciatori ai politici divenuti ‘letterati’ di rango; i primi perché a furia di correre dietro a una ‘sfera’ sono andati nel pallone; i secondi perché visto che le loro ‘idee’ non saranno mai trasformate in leggi preferiscono dar voce alla carta stampata per tramandare ai posteri qualcosa di se stessi.

Esattamente come avviene per i portieri di stabili che dopo aver ficcato il naso per anni negli affari degli altri sono finiti per immedesimarsi ora in questa ora in quella situazione per darsi importanza; ma non sanno che qualcuno l’ha già fatto prima di loro, un esempio? Subito accontentati, Marcel Proust che dei pettegolezzi ne ha fatto un capolavoro. Per non dire delle finte massaie-palestrate diventate improvvisamente tutte esperte di cucina senza aver mai cucinato un uovo al tegamino; o delle accompagnatrici di cani che da finte-padrone finiscono per assomigliare agli animali che conducono al guinzaglio; e oltre, fino alle veline che per una starnazzata in TV vanno facendo le capriole. Davvero non se ne può più. Ma se... “La libertà è come l'aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”. (Piero Calamandrei)

Così, come pure ha detto un grande filosofo del nostro tempo: “La felicità non è meno vera solo perché finisce, e nemmeno il pensiero e l'amore perdono valore perché non sono eterni”. (Bertrand Russell), Potrebbe essere diversamente? Sì/ No, ma vi prego se davvero pensate di scrivere il libro della vostra vita, cercate almeno di essere originali, creativi, e perché no spiritosi, prendetevi un po’ più alla leggera.

Non tutte le esperienze sono da guinness dei primati, come non tutti i romanzi sono dei capolavori. Fermate la vostra tastiera elettronica e date sfogo al vostro ‘supplizio’ di scrivere con coscienza di verità. È preferibile una storia inventata, significativa, di fantasia creativa, di ‘bellezza’ interiore, a una storia insulsa di come schiacciare le lattine delle bevande gassate, di come provvedere alla differenziata dell’immondizia che tenete in casa; o parlare con foga del colore della cacca del pupo, ma non di quella del cane che invece non vi siete degnati di raccogliere.

Ecco, degnatevi almeno di dare uno sguardo ai titoli dei libri nello scaffale della vicina libreria (che sta chiudendo); di certo uno di essi richiamerà la vostra attenzione e senza che ve lo aspettiate, potrebbe contenere le risposte adeguate alle domande che per pudore non vi siete poste. Per così dire, che potrebbe spalancare le finestre della vostra ‘casa interiore’ che per un’insana paura di sapere ciò che accade intorno a voi, avete tenute chiuse. Sono certo che nelle pagine di un libro potrete trovare quel ‘senso’ che talvolta è venuto meno nel quotidiano della vostra vita.

Ma accorti … “Potranno recidere tutti i fiori, ma non potranno fermare la primavera.” (Pablo Neruda).

Dunque, poiché leggere affina l’esperienza, e il domani potrebbe trovarvi pronti (non sia mai), ad affrontare quella stessa contrarietà che avrete appreso dalle pagine di un romanzo cui non avreste dato un pizzico di fiducia. Non abbiate paura del numero delle pagine che vi trovate ad affrontare, semmai pagina dopo pagina, la sgravano della sua possibilità d’interferire negativamente sulle vostre preoccupazioni quotidiane e a spingere i vostri passi verso gli altri che leggono e che incontrate sul tram, al parco o in lavanderia.

Perché leggere un libro o molti libri, in fin dei conti è fonte di conoscenza, di scambio di comunicazione; apre al dialogo, permette di discutere, di arrabbiarsi del perché di un comportamento piuttosto che un altro, ma mai tornerete a casa con un libro tra le mani dopo una passeggiata senza dovervi confrontare con voi stessi in modo nuovo. Magari ricreati nello spirito, pronti ad affrontare le nuove sfide che la vita propone, nel bene e nel male, per cui, sul finire di questo nostro interloquire, potreste accorgervi che ogni storia, per quanto avvolta nel dolore e nella morte, in fondo fa parte della vita, perché in fondo siamo tutti personaggi esistenziali d’una ‘recita’ che non ha mai fine. In fondo è un po’ come … “Invitare una persona a pranzo è occuparsi della sua felicità durante tutto il tempo ch'essa passa sotto il vostro tetto”.(Anthelme Brillat-Savarin)

Chissà perché mi viene da aggiungere ‘...o nel vostro letto’, cosa che a mio parere non guasta mai, ma ciò dipende dai gusti di ognuno, per quanto … "L’erotismo è una delle basi di conoscenza di sé, tanto indispensabile quanto la poesia". (Anaïs Nin)

Per quanto non dovreste essere risentiti, non sono qui a dare dell’ignorante letterario a nessuno, una cosa che non mi permetterei mai di fare, neppure verso coloro che potrebbero meritarlo, per quanto ognuno possa esprimere un giudizio qualificato come quello che segue…

Potete giudicare quanto intelligente è una persona dalle sue risposte. Potete giudicare quanto è saggia dalle sue domande.”. (Nagib Mahfuz)

E allora eccovi serviti alcune domande che avrei voluto fare in primis, all’inizio di questo articolo: da quanto tempo non leggete un libro? Avete un genere che vi piaccia particolarmente o che vi interessa? Preferite leggere un libro ‘cartaceo’ o in e-book / e-pub ecc.? Oppure preferite ascoltare qualcuno che legga per voi? Le risposte sono ben accette e saranno per me di grande interesse come per tutti quanti si avvalgono della comunicazione come strumento di solidarietà e di reciproco scambio.

Potete sempre inviarle ‘gratuitamente’ nello spazio apposito che accompagna l’articolo, alla voce ‘lascia un commento’. E visto che siete in molti ad avere una fottuta voglia di scrivere, scrivete pure, sperticatevi nel raccontare, commentare, smentire questa mia allucinata locuzione. I più onesti, prometto, entreranno a far parte integrante delle mie future recensioni critiche. “Il modo migliore di imporre un'idea a qualcuno è fargli credere che sia sua”. (Alphonse Daudet)

 

 

 


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