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Il mito degli occhi

di cristina bizzarri
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Pubblicato il 11/12/2011 19:12:37

Il mito degli occhi 1 Tacevo antica Tacevo antica nel consesso dove ogni voce è ragione o vita, stretta al mio nulla con rancoroso affanno, dietro le mura alte del Tuo Sguardo prima che i giochi fossero aperti. Così non è radice in me che non sia immersa - o peccato eternamente fitto - in una terra dove crebbe un frutto di polpa liscia e luminosa. Poi fu vertigine cadere nella morbida distesa, con le foglie marce e con le ossa - quando nell'aria immobile tutto s'offusca - cristallo nell'autunno. 2 E' capitato. E' capitato l'urlo silenzioso nello squarcio dove i volti non sembrano presenza ma pulviscolo che sale lentamente e trascolora. Così nemmeno chiedere può esserti d'aiuto - se nella piazza immensa rossi stendardi si gonfiano ed è vertigine guardarli, mentre uccelli volteggiano poi scendono in un punto - per sostare. Cala un'ombra sui muri - come tela - e sui tetti riappare, trasparente, la memoria della vita. 3 Padre Padre, mia ferita, mio specchio, è in me un'eco al tuo pianto ininterrotta come il taglio scavato nel sasso, secca come il fossile che vegliano decrepite, mitiche memorie. Ascolto la tua voce sorridente e dolorosa, fingendo, come sempre, solo più immobile nel vento - il vento blu cupo dell'estate - ebbro di mare e sconfinato inganno. Fingo un altrove a te lontano, attenta a non cadere nella fitta rete che mi tessi attorno, giocando con la benda che m'acceca quando mi chiami e - muta - non rispondo. 4 Madre Non più regina, in questa buia casa umiliata nel fervore dei comuni affanni, sbatti le ali inquieta e silenziosa, tu che irradiavi bianca di fiero splendore sui miei tenui giorni. Leonessa supina al richiamo del sangue afferri ogni parola trepidante e la divori - per poi giacere cupa all' ombra di te stessa. Grande sfinge di tristezza e rancore, albero gravido di amari fiori, arca immobile nella mia disfatta memoria, ancora fiammeggi la mia vita di deposto amore. 5 Remoto e uguale Anche in me gorgoglia fondo un pozzo dove balenano acri umori, cieli sfilacciati, squarci di vecchi lampi. Scendo così gradatamente armata di silenzio, guardando cupa chi beffardo mi sorvola, ignaro del gorgo in cui sprofondo. Nell'aria si disfa ammutolito il giorno in grumi oscuri , estremi aromi sospesi ancora sul filo della notte. Allora pulsa la domanda che trafigge chi, a me remoto e uguale, cerca una pausa, almeno, in grembo all'ombra. 6 Creature So dell'albero la spaccata scorza che fa rabbrividire - mentre una rondine s' abbassa, falcia il vento e s'allontana. So l'attesa del sole tra le torri scomparse poco prima in fondo al cielo, oltre la terra gonfia di antiche piogge. Conosco la voce umida e sapiente delle strade nebbiose di città, o l'arrancare forte e ingenuo, dei sentieri inermi tra le zolle. E so di tutto questo la fatica che fin dal primo giorno ci affratella, creature nate da una sola polvere, per sempre unite in una sola argilla. 7 Vertigine Inizio e fine centro contratto in spasmodica attesa d'una mano che allenti la stretta intersecando dita a dita calore a calore in un vitale immenso pulsare dove confluiscano nuclei informi di pensieri immagini ruotanti di dervisci inebriati. 8 Resterà Resterà un libro non letto, una giornata di vento lasciata solitaria al vento? Non so cosa sarà di me, di questa vita vissuta a frantumi, barlumi di luce riso e ombra. Amore non sarà l'ultima parola prima dell'eterno abbagliante orizzonte. Intanto affido al vento la voce e il mio respiro e in questa pace che mi scorre sull'anima, aspetto. 9 Non mi volterò più a guardare Ancora così leggera, sofferente, l'ombra che accarezza il vetro della stanza dove tremano segreti umidi, tra le pieghe dell'ombra. Non lascerò entrare suoni ne' sguardi chini alibi per un no cullato da tremolanti, striduli sorrisi - mentre su foglie lontane piovvero lacrime ieri, all'imbrunire, e nessuno sapeva. 10 Segreto minimo Qualche passo sulla riva, poca luce sul viso, un soffio d'aria fresca tra i capelli - tutto questo è nulla: il breve sussulto della vita - ci staccheremo poi come foglie dal ramo. 11 Siamo figli di una solitaria terra, dove eravamo un tempo naviganti forme nell'aria, senza nome - di noi viveva il moto e il gesto innato, mai infranto. Lasciavamo sottili vie tracciate, deboli aloni di luce sul palmo della sabbia. Noi eravamo il vento e la corrente sotto il mare, noi il pulviscolo dorato e l'azzurro gioco tra le rocce. Noi le ali degli insetti. Senza sapere. Conoscevamo solo il lento ruotare di stagioni, ed era nostro l'odore della terra. 12 Mattino d'autunno Interminabili pali di tristezza sfilano nel vento - mentre lento trascorre il volo alto dei gabbiani che imparano spirali quiete in cui sognare. Respirare ancora l'ansia del mattino mentre vagisce madido silenzio. E ogni suono preme sul cuore a scatti acuti - oramai nato, oramai perduto. Sopra vette indicibili di nubi l'arco si tende di nuovo a squarciare il ventre della luce che s'arrende, vermiglia d'amore, e poi muore. 13 Non siamo Tu che parli una voce di silenzio e guardi assorto oltre quel varco dove è già cielo il mare che si oscura, conosci la stanchezza senza sfondi di chi vacillando viene verso pozzanghere di luce - così mentre la luna ti ricopre la curva troppo lieve delle spalle non sai se è la tua pelle a rischiarare o il fremito dell'acqua che si appanna sulla riva - e poi scompare. 14 Giornata d'aprile Amore, la vita ci lascia il tempo di un gesto, appena un respiro - ma questa giornata d'aprile, infinita di tersa speranza, è il curvo getto di fontana che schiude,offuscata, la via che sorvoli. 15 Amen Fu in me piccola carne sangue che non corse ma si perse. Poi silenzio. 16 Rosario Si è aperto il tempo come un melograno dai piccoli semi scuri - timide parole che sgranello ad una ad una. 17 Ma non sarà sbagliare Sarà l'ultima volta buttare indietro il viso come schivando in gioco gli spruzzi troppo amari di gonfie mareggiate. La coppa arsa del cuore berrà, da nubi aperte, la pioggia luminosa nel cielo di cristallo che ora la rischiara. Sarà ancora sbagliare nascondere la fronte tra le mani, nell'ora che è quieto anche il dolore e sfuma nel perdono. Ma non sarà sbagliare accorgersi nel balzo che approda oltre la riva dell'albero appuntito che in sogno già svettava. 17 Hai spaccato il mio silenzio con parole di pane, gesti d'ombra. Mi hai aiutata a valicare la ragnatela buia dei ricordi, colonne d'aria che non bastano alla vertigine che frantuma. E mi siedi accanto, immoto mare, profilo attento sulla nebbia che ci geme attorno, bianca veglia su morti insonni. Riposo in te mio nudo amore, nelle tue mani che mi hanno accolta. 18 Chi viene? Non posso voltarmi ne' guardare lo specchio senza sentire - nell'aria - un'ombra che vive e ascolta le nostre parole. Anche oggi è venuta a toccarci le mani e i capelli mentre sbriciolavamo molliche di pane e silenzio al chiaro sfilare di nubi. 20 Come potrò lasciarti Come potrò lasciarti, albero che nutre la terra sereno e saldo? Esisti, nella mia vita smemorata, come la tenda piantata nel deserto. E quando tremo, ammutolita nella risacca senza tempo, tu, umano nella polvere che era immensa luce di galassie, mi stai dinnanzi come un tempio, dove il silenzio - scalzo - ci accomuna. 21 Terra promessa Se a ogni passo s'insinua antico il dolore che uccide gli sguardi, se come chiusa cappa pesa la vita su giorni rubati all'esilio del sole - non ci sarà chi schiuda la soglia su orti di luce - ma ognuno ferito dal primo bagliore scaverà occhi nel cuore dell'ombra. Ma allora è qui o altrove la terra promessa, sentore di pioggia, tumulto che reca la traccia di perse dimore? Intanto ci basti un richiamo, il canto d'un passero in templi senza suono, a ricordarci la strada del Regno, nella caduta che ancore ci offende.


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