Vivere la morte
La sola maniera certa per poter vivere la propria morte è programmarla accuratamente in tutti i dettagli, soprattutto per quanto riguarda il luogo, i tempi e il modo (o i modi?).
Il luogo - Dev’essere circoscritto. Tranquillo. E ragionevolmente al riparo da possibili interferenze.
Una stanza di albergo non lo sarebbe abbastanza. Un appartamento preso in affitto per la circostanza sarebbe troppo estraneo. Potrebbe provocare imprevedibili cedimenti.
Non resta che la propria casa, con tutti i vecchi fantasmi che si celano nelle cose note. E’ più rassicurante.
Procurarsi tutto il necessario.
Non dimenticare nulla.
(Far finta di partire?)
Staccare il campanello d’ingresso.
Non staccare il telefono, metterlo soltanto fuori posto, per evitare d’essere disturbati o interrotti. Bisogna che ci sia la possibilità materiale di mettersi in contatto con qualcuno, nel caso se ne abbia voglia.
(riflettere bene su eventuali altri accorgimenti.)
I tempi - Tre giorni. Sono indispensabili. E’ il minimo, ma è anche il massimo.
Tre giorni interi, ciascuno di 24 ore. In tutto fanno 72 ore. Tre giornate e tre notti. Sono sufficienti.
Il modo - Non violento. Non doloroso. Il dolore fisico distrae. Spezza la capacità di concentrazione.
Il problema maggiore è che soddisfi le esigenze dei tempi scelti. Studiare. Cercare.
Chi (dopo Agata Christi) potrebbe fornire una soluzione adeguata?
Cercare. Studiare il problema a fondo. (*)
28/11/78
(*) Nel Quo vadis ? , verso la fine, è descritto qualcosa del genere. Ma credo che durasse solo poche ore.
P.S. (ferragosto 1998) : cfr. il volume sulla vita di Michel Foucault: pare che abbia teorizzato qualcosa di molto simile
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