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Guai agli umili

di Emanuele Di Marco
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Pubblicato il 29/12/2008 19:04:09

Sono stanco.
Dovrei smetterla
di guardarmi intorno.
Sono stanco.
La violenza stravince,
il puro muore sgozzato.
Il furbo cammina spedito
sul letto di ossa del giusto.
Mite per natura,
cerco disperatamente
di essere altro,
di spezzare i flutti
delle nere giornate
col piglio,
col ceffo
del duro.
E soffro
la mia inestetica
schizofrenia.
Tu,
mio dolce,
mio caro amico,
sei troppo limpido
anche per fingere;
a pagare
gli ingiusti dolori
che soffre il tuo cuore
sei tu solo.
Osservi morire
i tuoi piccoli,
onestissimi sogni
sotto i colpi
di chi,
più feroce,
ti schiaccia
e poi ride
sui resti di quello
che avevi.
Dolcissimo,
non giovane amico,
invecchi,
per la sofferenza,
un anno al giorno:
distratto,
dimentichi te stesso
in una ridicola tragedia,
fatta di gesti non compiuti,
di frasi non dette,
di eloquenti silenzi.
La tua vecchia roccia
si sgretola di fronte ai miei occhi.
Resisti, ti prego,
resisti.
Il mite
esorta il mite:
lascia che,
in qualche modo,
ti difenda,
che diventi
violento per te.
Per proteggere
la tua infinita
purezza,
sono pronto
a sacrificare
la mia.


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