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La ragazza dello Sputnik

Romanzo

Murakami Haruki (Biografia)
Einaudi

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 20/01/2009 00:52:00

Un uomo e una donna, Sumire, si completano perfettamente sul piano spirituale, ma la ragazza non ha attrazione sessuale per lui, che invece vorrebbe avere con lei una relazione normale, che sente, potrebbe essere bellissima. Improvvisamente la ragazza si innamora di una donna più adulta di lei, Myū, che la fa entrare nel suo mondo, ma che non riesce a portare la relazione più in profondità, inoltre la donna ha un segreto terribile che la porta a non avere più nessun tipo di stimolo sessuale. Poi, di colpo, la ragazza sparisce, il mondo del reale, sembra capovolgersi, non si capisce da quale lato dello specchio ci si trovi, ciò che era reale sembra scolorare nell’irrealtà. La storia è narrata dall’uomo che, come spesso accade nei libri di Murakami, non ha nome, ed è molto semplice in molte delle sue parti, non vi è un frenetico susseguirsi di avvenimenti, ma, più che altro, l’autore ci dà i colori, il gusto di quanto accade attraverso bellissime metafore e descrizioni assai efficaci. Verso la fine del libro si scopre il segreto della donna, quel fatto che l’ha fatta incanutire di colpo, ed è una trovata assolutamente geniale, che riesce perfettamente a mostrare la “porta” fra due mondi contigui ma che raramente comunicano; di tanto in tanto qualcuno passa da uno all’altro, lasciando un grande vuoto e una specie di tangibile rimpianto dietro di sé. Il romanzo inizia in modo assolutamente realista ma poi, pian piano, comincia a scivolare verso una zona grigia fra realtà e sogno, affascinando il lettore. A tratti si ha l’impressione di una sorta di coloritura autobiografica del racconto, in cui Murakami si rispecchia nella ragazza, dapprima non riesce a scrivere nulla di compiuto, ha tantissime idee, parole le affollano la mente, a migliaia, ma non riesce a dare loro una forma compiuta, possiamo immaginare che il grande autore che oggi conosciamo, abbia avuto degli esordi non perfetti. Poi incontra la donna, che con la sua esperienza sulla ruota panoramica che l’ha fatta incanutire indica a Murakami/Sumire, l’esistenza della porta fra i due mondi, il reale e l’immaginario, fra ciò che è vero e ciò che potrebbe esserlo, o ciò che si può inventare scrivendo, che è un argomento costante nei libri di Murakami; attraverso la porta, si può attingere l’essenza in grado di dare forma alle parole disordinate. Infatti Sumire quando è in Grecia, prima di scomparire scrive due racconti molto eloquenti. Poi la sparizione, compiendo il passo attraverso la porta si diventa un altro, Murakami, lo scrittore che ammiriamo, Sumire, non si sa, perché l’autore non vuole svelare esattamente chi è ora che possiede le “chiavi della porta” sull’oscurità. Il romanzo si può anche leggere in trasparenza sovrapponendolo al “paese delle meraviglie” con cui ha numerose analogie, soprattutto sul tema del viaggio, dello spostarsi, fisicamente, ma all’interno di noi stessi, ma da cui è stata concussa la parte della “fine del mondo”, forse Sumire non ha fatto in tempo a crearla nella sua mente per poi andarci, o forse è tutto il contrario, per Sumire la vita reale era “La fine del mondo” ed è semplicemente tornata nel suo paese delle meraviglie.
Come si può notare anche in un libro apparentemente semplice come questo, Murakami riesce a spargere una sorta di polvere magica che non si nota, ma in certe notti alcuni particolari brillano d’una luce peculiare che lascia presagire che vi sia molto di più, non distante, sotto i nostri occhi, ma che non riusciamo ad afferrare, per il momento…

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