Pubblicato il 12/08/2012 20:41:12
Si potrebbe affittare una sbarra al cancello di Buckingham Palace dall’alba alle dodici e trenta. I bambini strisciando s’insinuano tra gambe pelose, panta-collant e jeans lacerati. Inciampo, mi attacco a una sbarra con tremore e prodezza, facendola mia. Un bimbo è vicino al papà ebreo ortodosso - spiccano peot dorati su testa pelata.
Chissà se la sera, spogliati e senza cappello, il loro guardarsi allo specchio, o grattarsi, o sospendere la mente a un qualche soffitto di luce più chiara dei loro ricordi avrà la mia stessa valenza. Chissà. (Non indossano il volto i bambini. Neanche Dio. Credo.)
Infilo la testa tra le sbarre per sentirmi proprio all'interno - come quel turista bambino a cui era rimasta incastrata e hanno dovuto chiamare un fabbro - e dire in inglese “fabbro”, “paura”, “seghi piano!” non era stato semplice - il bambino era molto spaventato , gridava, insomma era stato imbarazzante.
Dunque si annuncia l’arrivo delle Guardie della Regina a cavallo. 10:45: vibrazione leggera dell’aria quasi mai calda di London. Movimento a onda di sguardi, teste, palloncini, verso St James’ Park. Sospensione dell’aria in un granello di polvere di tempo. Poi tamburo solenne very proudly tamtamma: ecco su altissimi horses le Queen’s Guards incedere compunte - ma sotto i baffi, o comunque sia, amused, I guess.
Nel trillo di gioia che segue mi chiedo: “se hanno bisogni o impellenze che fanno?” “ah già, sono educati per questo”, mi dico. “sì ma come?”. No answer. Trattengono. Tamtamma il suono ripetuto e rulla la folla coi tamburi. Si prolunga nel vento. Entrano le giubbe rosse come il sangue, come il corallo, sull’ampio cortile dove sbuca la mia testa.
Non muovo la faccia perché se rimango così è come esserci dentro, a cavallo.
Si fronteggiano al cambio le sentinelle: tam tam ratatam, tam tam ratatam! Ma poi, che buffo (how weird), una musica swing avvolge la folla che smette di masticare, belare, gridare, muggire - una melodia di famous englih songs ci incorona. Ma no, sono le tradizionali marce militari! Che bello, non credo di essere la sola pelle d’oca con occhi lucenti. E loro, la band, assolvono il duty con maestosa ironia, con la fragranza di chi usa le armi ma solo per finta.
Allora mi dico non sono le guardie. No. Non sono i cavalli o i cipressi d’orso in testa. No. Che mi hanno sempre sconvolta. No. NO NO NO E’ puro London pride, la gente lo sa.
E le strade ubriache la sera di people strabrilla - E la tube che scorre densa di odori di gente - Che puzza, profuma, si lava, si sciacqua, si droga - Si è appena bucata o ha fatto l’amore - O magari ha letto Spencer o Keats amando riamata:
Scorre con Londra teatrale, sporca, musicale - si scioglie e si sciacqua i panni nel Tamigi la folla di ombre di maschere - stravolte come il volto di marmo di Queen Elisabeth a Westminster Abbey - o come le fanciulle azzurre di Renoir alla National Gallery.
E non so cosa dire o cosa pensare.
Mi perdo affamata di luci che cancellano l’orrore dei soli, dei semicadaveri buttati sulle strade, nella glamorous London by night. Il British Museum è schiuma di gente. Una nube di china dipinta in Giappone è pietra e si sfalda. Così io. Né solida né fluida.
Smarrita.
Druidica Llandin, Londinium romana, Londra originaria - finalmente mi appari tra acque cristalline, dove il sangue è stato ritualmente purificato dal fiume.
Torcia che corri sull’eco invisibile del Tamigi - su giubbe rosse, bus rossi, cabine rosse, bruci e scaldi consumando nella fiamma ogni sete ogni voglia ogni immondizia.
E Amleto il saggio e folle principe di Danimarca - dal Bardo naturalizzato “ english forever ” - sbircia dietro gli occhi curiosi del bambino che spreme ketchup sul panino macdonaldiano, si arrampica sulla cupola di St Paul’s Cathedral guardando in giù nel bar affollato dietro la navata, poi spicca il volo nel plumbeo cielo, among the clouds …
Se ne va Amleto con una smorfia triste al convento a farsi appassionatamente amare. Ce l’ha fatta poi con lei.
Sulle sponde del Tamigi li vedo e li invidio, i due immortali. Non mi degnano di uno sguardo.
Un' ultima volta, un' ultima volta lo guardo, il dolce principe. Lo saluto. Waving my hand softly, softly. “Good-night, sweet prince; And flights of angels sing thee to thy rest.”
Llandin significa "luogo di alta spiritualità", da "llan" = sacro e "din" = alto, spirituale (riferito ad un luogo). Va notato come il nome attuale, London, ricordi molto le radici originarie.
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