Quello che dice il fondente
Assumi alchemicamente
l’œuvre au noir, favilla di cacao
fondente -
violino amaro da più alte sfere
in divine note celebrato
rubescente.
Appare,
tra l’arco a sesto acuto del palato
sfavillante
e il vibrato sulla lingua
oscillante,
voce bianca di papille -
oltre
il portale schiuso delle labbra
su navata della lingua
accogliente.
Indugia nobilmente
nel transetto -
strano un lied
incanta a oriente.
Fattosi silente,
ancora si diffonde
cupamente
in spirali
di canto gregoriano
discendente.
Oscilla e vibra
cattedrale della bocca
vivamente
e lì si unisce, trasmutando
serafinica testura in gioia
indissolubilmente -
come quando alto sul ruscello
senti notturno d’usignolo
languire soavemente.
Così - benché tu guardi in alto
credendo
suo regno luna opalescente -
rimani imprigionata nel destino
di un globo evanescente.
E scivola l’istante-
mentre ultraterrena
sua creatura a te congiunge,
amore di cacao, sfera fondente.
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