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E’ cascata mamma!

di Maria Musik
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Pubblicato il 25/08/2008 07:33:30

Mi scuso con voi che leggerete e con mia madre che da lassù scuoterà la testa perchè ho scritto tante parolacce e l'ho fatta parlare in romanesco. O, forse, chissà, ora sorride di questa testa calda di sua figlia.
M.M.

S’è ‘nteso ‘n botto, senza manco ‘n fiato. “Oddio… mamma!” La cucchiarella m’è cascata dalle mano, so corsa e l’ho trovata a terra.
Sembrava Gesù Cristo quanno l’hanno tirato giù, sotto alla croce. ‘Na goccia de sangue giù pe’ la tempia, l’occhi spauriti, le braccia e le gambe abbandonate, poggiata ar muro come quer sordato che ito piano giù doppo che l’hanno fucilato.
È viva, me so detta, e piano piano me so messa a sede puro io. “Che hai fatto ma’? Pecchè nun hai chiamato?” - “C’era er pescetto drentro a quella boccia e quanno so passata ha fatto ‘n sarto e m’ha salutato… carino, dorce… m’ha salutato” – “Cazzo, ma’… er pesce… te saluta… Fatte vede, dove te fa male?” Dove gliè fa male! Er core gliè fa male se se commove perché no schifo d’animale gl’ha fatto ciao. A ma’, ma quanto sei sola chiusa drentro alla nebbia degl’anni già passati, dei ricordi che se mischieno, dei posti che nun arriconosci più?
“Nun te spaventà che nun è gnente, fra ‘n po’ me tiro su”
Lo sai, ma’, chi mai ricordato? Quella della storia, quella della canzone: sì, insomma, quella… la madre del bastardo che doppo aveje aperto er petto, gl’ha strappato er core e poi s’è messo a core perché doveva da portallo alli cani della troja sua, pe’ daje da magnà. Poi, mentre che correva era cascato e er core della mamma aveva parlato: “Te sei fatto male, fijo?”
A ma’: tu caschi, sanguini, ‘n sai manco ancora se te poi riarzà e penzi a me? No, ma’, così nun va: devi penzà ‘n po’ a te, almeno adesso piantela de’ mette sempre innanzi l’altri. Incazzete, urla, bestemmia. Lo so nun sei capace: nun te l’hanno imparato. Puro adesso che sei rincojonita, quando che soffri te preoccupi che l’altri nun se ‘ncomodino troppo.
E io te sto a guardà come ‘na stronza: stai pe’ terra, te la sei fatta sotto per dolore, ciai l’occhi languidi e annaqquati, te vergogni ‘n po’ de fatte vede, così ridotta, dai fiji e dai nipoti. Solo mi padre nun te porta scanto. Lui ce lo sa, lui te capisce: è vecchio e stanco e mo gliè viè puro da piagne, che nun lo po’ vedè l’amore suo, la più bella der monno, buttata sur pavimento come ‘na cartaccia ciancicata.
Adesso me direte: “Ma che ce stai a riccontà? Che c’è de’ strano: i vecchi cascheno, i vecchi moreno. ‘Ndo sta la novità?” La novità è che quella è mi madre e puro se ve sembro antica o strana, nun me ne frega gnente. Glie vojo dedicà ste du’ parole stentate prima che sia finita la storia della vita.

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