Geldra mi uccide, e niuno viene meco
A rigettar gli umori neri al varo
Bieco che fu, di nostra ordalia impreco
E il tempo e il loco, eppur mi resti caro.
Né tu sarai più là, ov’io mi reco
Terre di vampa et luci ed aspre faci
Pur s’io ritenga ancor di forza spieco
Puete sortir purpuree nuove braci.
Ove sarò, tra genti strane et apre
Tra suoni di novelle lingue astruse
Ad obliar mea speme e mei desastri
Nel vorticar di fabule confuse
Tu non sarai, et il disio si spande
Invano supra Zefiro che spira
Ver l’Oriente encloso di suoi blandi
Cirri, a sparger d’esso seme ignari amanti.
E sia così. Avverossi che tiene
Auspicio allato di mia ombra abbranco
Di stregone che un dì di biondo crine
Divinò, nelle ligne della manca
Mia mano essere iscritto un rio destino:
sempre avvenir colà dove sprangata
siavi una porta, e fuori io resti ascritta
unquemai io non paghi il mio riscatto
al mago, et il ne porga a me rescritto.
Tutttavia se d’orgoglio fui figliata
Il dì dois de lo mes lo più vegliardo
Per un matre e un patre apparentati
D’un amor che si tenne ognor gagliardo
Io affermo innanzi tutto lo creato
Non esservi ancor mago che qui impugni
Sua arti nigra a mio furor irato
Di ognora dover pigliar commiato.
Che se lui versi ancor di sua gramigna
Ne lo mio campo appena seminato
Quivi agirò, come lo mio antenato
Agì contro lo mesmo fato arcigno
Lo gesto di rescrivere mia sorte
A novo in su le ligne de la mano
Cassando il mago e tutte le sue sorti
E d’un solo butto tutti li suoi torti
Né di te mi farò plus sangre acrore
Di quanto siasi al dì d’oggi maligno,
che lo silenzio intra li amanti è d’oro
quando risuoni chioccia la parola
Cosicché a core lieggio mi diparto
Dopo lo spiego quivi del mio duolo
Verso i liti più provvidi di Astarte
Ov’altra ancor favella mi consoli
E ti sia caro ancor lo mio memento
Ti sia compagno il dire che non dissi,
e quando ristorata sia la mente
di tutte carte vane che un dì scrissi
Novello tempo rinnovelli i ditti,
Astro schiarisca i cieli ov’io ripari
unde ritorni a me, che ancor lo fissi,
Più che l’amore, l’estro de’ mie Lari
Estro e non astri. Astragali alle ortiche
Et il volere più che il lacrimare.
Che sia la sorte giammai più inimica
E maraviglia ognora mio compare.
I testi, le immagini o i video pubblicati in questa pagina, laddove non facciano parte dei contenuti o del layout grafico gestiti direttamente da LaRecherche.it, sono da considerarsi pubblicati direttamente dall'autore Maria Teresa Schiavino, dunque senza un filtro diretto della Redazione, che comunque esercita un controllo, ma qualcosa può sfuggire, pertanto, qualora si ravvisassero attribuzioni non corrette di Opere o violazioni del diritto d'autore si invita a contattare direttamente la Redazione a questa e-mail: redazione@larecherche.it, indicando chiaramente la questione e riportando il collegamento a questa medesima pagina. Si ringrazia per la collaborazione.