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Ballata avvelenata - Scherzo

di Maria Teresa Schiavino
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Pubblicato il 17/06/2014 22:27:15

Geldra mi uccide, e niuno viene meco

A rigettar gli umori neri al varo

Bieco che fu, di nostra ordalia impreco

E il tempo e il loco, eppur mi resti caro.

 

Né tu sarai più là, ov’io mi reco

Terre di vampa et luci ed aspre faci

Pur s’io ritenga ancor di forza spieco

Puete sortir purpuree nuove braci.

 

Ove sarò, tra genti strane et apre

Tra suoni di novelle lingue astruse

Ad obliar mea speme e mei desastri

Nel vorticar di fabule confuse

 

Tu non sarai, et il disio si spande

Invano supra Zefiro che spira

Ver l’Oriente encloso di suoi blandi

Cirri, a sparger d’esso seme ignari amanti.

 

E sia così. Avverossi che tiene

Auspicio allato di mia ombra abbranco

Di stregone che un dì di biondo crine

Divinò, nelle ligne della manca

Mia mano essere iscritto un rio destino:

 

sempre avvenir colà dove sprangata

siavi una porta, e fuori io resti ascritta

unquemai io non paghi il mio riscatto

al mago, et il ne porga a me rescritto.

 

Tutttavia se d’orgoglio fui figliata

Il dì dois de lo mes lo più vegliardo

Per un matre e un patre apparentati

D’un amor che si tenne ognor gagliardo

 

Io affermo innanzi tutto lo creato

Non esservi ancor mago che qui impugni

Sua arti nigra a mio furor irato

Di ognora dover pigliar commiato.

 

Che se lui versi ancor di sua gramigna

Ne lo mio campo appena seminato

Quivi agirò, come lo mio antenato

Agì contro lo mesmo fato arcigno

 

Lo gesto di rescrivere mia sorte

A novo in su le ligne de la mano

Cassando il mago e tutte le sue sorti

E d’un solo butto  tutti li suoi torti

 

Né di te mi farò plus sangre acrore

Di quanto siasi al dì d’oggi maligno,

 che lo silenzio intra li amanti è d’oro

quando risuoni chioccia la parola

 

Cosicché a core lieggio mi diparto

Dopo lo spiego quivi del mio duolo

Verso i liti più provvidi di Astarte

Ov’altra ancor favella mi consoli

 

E ti sia caro ancor lo mio memento

Ti sia compagno il dire che non dissi,

e quando ristorata sia la mente

di tutte carte vane che un dì scrissi

 

Novello tempo rinnovelli i ditti,

Astro schiarisca i cieli ov’io ripari

unde ritorni a me, che ancor lo fissi,

Più che l’amore, l’estro de’ mie Lari

 

Estro e non astri. Astragali alle ortiche

Et il volere più che il lacrimare.

Che sia la sorte giammai più inimica

E maraviglia ognora mio compare.


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