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Un viaggio inaspettato

di Stefano Colombo
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Pubblicato il 26/01/2016 15:17:41

Il buio più assoluto mi avvolgeva quando aprii gli occhi, non potevo vedere nulla né percepire alcun tipo di suono.

Una volta risvegliato non riuscivo a guardare oltre ad un palmo di distanza, ma di sicuro non mi trovavo a casa mia.

Il primo pensiero fu quello di scappare per la paura ma le tenebre regnavano intorno a me e non potevo azzardare comportamenti affrettati.

Le mie palpebre erano stanche così come tutto il mio corpo, ogni fibra del mio essere era priva di energia e mi sentivo talmente stanco da non riuscire ad alzarmi.

Le gambe mi sembravano come gelatina e incapaci di sostenere il mio intero peso, ma stranamente una volta in posizione eretta non caddi a terra.

Cominciai a tastare quello che mi circondava per capire dove mi trovassi; l’ultimo ricordo a cui potevo risalire nella mia mente era quando andai a coricarmi la notte precedente.

Un brillio apparve all’improvviso e mi accecò nei primi istanti, l’oscurità presente fino a quel momento mi aveva reso debole a qualsiasi fonte luminosa.

Piano piano iniziarono a materializzarsi alcune forme che divennero sempre più definite: capii di trovarmi in una stanza, ma non era la mia camera da letto. Mi guardai intorno per cercare una via di fuga ma fu del tutto inutile.

L’ambiente in cui mi trovavo era spoglio da qualsiasi arredamento, se non per un comò nel centro della stanza.

Mi avvicinai a quell’unico oggetto e notai sopra ad esso un marchingegno che lampeggiava alternativamente tra il verde e il rosso.

“Non toccarlo” mi ammonì una voce sconosciuta, mentre le mie mani avevano quasi raggiunto il macchinario.

Sobbalzai per lo spavento, le mie pupille corsero celermente per cercare il proprietario di quella voce “Chi sei?” chiesi perplesso e a nel contempo intimorito “e dove mi trovo?” avevo bisogno di risposte e di sicurezze: ero in un luogo estraneo e non sapevo chi mi avesse trasportato durante il sonno e il suo movente.

Da una porta al lato della stanza, che non avevo ancora notato, entrò una giovane figura con passo deciso “seguimi e capirai tutto” non pronunciò altro.

Non avevo molte possibilità di scelta così, sebbene titubante, fui costretto a seguire il suo ordine; lasciai con qualche esitazione quella stanza e senza accorgermene ero già all’esterno dell’edifico.

Dopo pochi minuti raggiungemmo uno stabilimento non molto lontano da dove mi svegliai, il tragitto fu stranamente troppo silenzioso e questo mi rese ancora più nervoso: ero in pericolo o mi potevo fidare di quella persona?

Salimmo per diversi piani di scale e infine varcai una porta, oltre la quale vi era una stanza con all’interno un enorme tavolo.

“Siediti” mi ordinò l’individuo mostrandomi una sedia libera, senza obiezioni mi piazzai dove indicato e l’uomo scomparve nuovamente.

Ero l’unico ad essere presente nel locale così ebbi il tempo per chiudermi in me stesso: la mia mente era incapace di compiere un pensiero logico a causa dell’agitazione.

Dovetti calmarmi per non rischiare di impazzire, infatti sempre più domande affollavano la mia testa e ognuna senza una risposta concreta.

Non so quanto aspettai, ma ad un certo punto lo sconosciuto ricomparve “Infila un dito in questo buco” mi ordinò, mostrando una scatola alla cui estremità era presente una fessura.

Ancora una volta dovetti ubbidire e adempii a quella richiesta. Non appena la mia falange superò l’apertura sentii come se qualcosa pungesse la mia pelle e l’attraversasse, ma il dolore fu breve e sopportabile.

Una lucina verde si accese e il ragazzo sorrise “è giusto, potete entrare.” Improvvisamente la porta si spalancò e fecero il loro ingresso una ventina di persone.

Uomini e donne presero posto intorno al tavolo, non proprio in maniera silensiosa, e aspettarono che uno di essi si posizionasse a capo tavola.

Colui che sembrava a comando, sia per la posizione privilegiata al tavolo sia perché era l’unico in piedi, prese la parola “buongiorno a tutti e bentornati” la sua voce era decisa ma al contempo pacata “come abbiamo appena sentito si è unito a noi un nuovo componente” mi indicò e sempre più attonito guardavo intorno a me in attesa di spiegazioni.

“So di per certo che le mie parole ti sbalordiranno, ma tu sei nostro fratello e sei qui per aiutarci come membro della nostra famiglia!” un proiettore scese dal soffitto alle spalle di quell’uomo “prima di ogni tipo di presentazione lasciami spiegare quello che ti sta succedendo” un fascio di luce illuminò lo schermo “dopo potrai farmi tutte le domande che vorrai, ma dovrò finire il mio discorso senza interruzioni”

Sembravo come un animale in gabbia, non avevo alcuna via di scampo ed ero nelle mani dei miei cacciatori: loro dettavano le regole e non potevo in alcun modo ribellarmi.

“Sei stato sottoposto ad un test del DNA ed è risultato positivo, ciò dimostra che sei imparentato con noi. Per essere più precisi tu in parte sei noi. Mi spiego meglio. Ogni persona che vedi in questa stanza corrisponde ad un ipotetico te. Tutti noi abbiamo un capostipite in comune e da lui il nostro albero genealogico ha inizio. Come i rami si dividono nella discendenza, così da quel punto si diramano varie linee temporali a seconda delle condizioni ambientali e causali che si verificarono. Giunti a questo punto ognuno di noi è un consanguineo e apparteniamo tutti alla medesima generazione, sebbene abbiamo età diversa, caratteri e aspetti altrettanto disparati.”

Sgranai gli occhi e mi guardai intorno: tutte quelle ragazze e ragazzi erano me. In alcuni notai delle somiglianze, in altri non capivo come potessero avere la mia stessa linea di sangue.

Necessitai di qualche minuto per capacitarmi di quelle informazioni così strane e apparentemente assurde. La paura stava svanendo e piano piano veniva rimpiazzata dalla curiosità.

“Se ho ben capito, dunque, voi siete me ma allo stesso tempo non lo siete. Mi sembra una favola molto accattivante ma nel contempo impossibile.”

“Invece è esattamente come ti ho appena spiegato” sullo schermo apparvero disegni e grafici per chiarirmi la questione “ti prego di lasciarmi continuare perché questa era la parte più semplice. Ti starai chiedendo dove sei e perché ti trovi qua con noi!” esclamò come se mi leggesse nel pensiero “prima di tutto devi riporre completa fede in quello che ti sto raccontando e con questo presupposto crederai alla restante parte della storia”

Se mi stava chiedendo fiducia potevo certamente concedergliela. In fin dei conti ero ancora vivo e non mi era stato fatto del male, pertanto avrei continuato ad ascoltare e poi avrei deciso come agire.

“Per rispondere alla prima domanda devi accettare l’esistenza delle linee temporali. Devi sapere che non te ne puoi andare da qui, non come luogo fisico ma come dimensione spazio/temporale. La macchina che hai visto al tuo risveglio, se l’hai notata, serve per viaggiare attraverso le linee temporali: il nostro addetto ai viaggi la sa azionare e con quella può viaggiare da questa linea ad un’altra, con la condizione che nell’altra linea temporale sia presente un appartenente al nostro albero genealogico e più precisamente alla stessa generazione dell’utilizzatore della macchina. L’unico viaggio consentito è in direzione di quella linea temporale ed è costretto a tornare al punto di partenza con massimo un ospite, in questo caso tu, in un tempo limite di 24 ore. Il nostro crononauta può viaggiare tra le varie linee temporali, ma non può scegliere quale linea e in quale preciso momento arrivare. Non conosciamo in maniera approfondita altri dettagli se non che tutt’ora, nella linea da cui sei stato prelevato, tu esisti fino e non oltre al momento del tuo spostamento temporale” comprendere appieno queste parole era difficile, ma lasciai proseguire la spiegazione mentre il mio cervello stava elaborando dati su dati per giungere ad una conclusione sensata.

“Ora arriva la parte che ritengo più traumatica e capirai perché sei qui con noi e perché ci servi” il tono della sua voce si fece più profondo e serio, quell’argomento doveva essere della massima importanza “in circa un mese sono riuscito a raggruppare più di trenta dei nostri consanguinei in questa linea temporale. Come potrai notare il nostro numero si è ridotto e non di poco: una persona sta viaggiando tra le varie linee temporali, durante la nostra infanzia, per eliminare “il noi da bambino”. In questo modo colui che viene ucciso scompare completamente dall’esistenza di ogni linea temporale, cancellandone ogni traccia. Nel lasso di tempo in cui vi ho riuniti sono scomparse circa una dozzina di persone e questo numero continuerà a crescere se non troviamo una soluzione. Il motivo per cui sei qui è quello di aiutarci a portare a termine il nostro piano.”

La sensazione di pericolo, che avevo provato fino a quel momento, non era solo una mia impressione ma era fondata su un rischio concreto per la mia vita.

Cominciai ad agitarmi nuovamente, le mie mani iniziarono a sudare e il cuore accelerò così forte da poter sentire le mie tempie scoppiare.

Il destino era ineluttabile, non potevo lottare contro di esso: un’onda immensa mi stava per travolgere e mi sentivo uno spettatore inerme di fronte a quella disgrazia.

“Ma co… come possiamo fermarlo se non sappiamo chi” feci una breve pausa “chi ci sta uccidendo e non possiamo raggiungerlo” la mia voce uscì strozzata e singhiozzante dalla bocca.

“In realtà sappiamo chi è il nostro carnefice e per spiegartelo dovrò rivelarti il corso degli eventi” rispose il mio interlocutore con decisione “la linea temporale in cui ci troviamo e da cui non possiamo fuggire è quella del famigerato assassino. Il tutto è iniziato circa quaranta giorni orsono, quando nella mia linea temporale è comparso un uomo. La sua aggressività fu subito chiara nei miei confronti perché mi assalì con un coltello non appena mi vide. La colluttazione fu breve: ero nettamente più forte di lui grazie ai numerosi anni di arti marziali che avevo praticato nel corso della mia vita. L’unica cosa che quell’uomo poté fare fu scappare verso una piccola scatola luminosa che aveva lasciato a breve distanza. Ovviamente lo inseguì per non lasciarlo fuggire e consegnarlo alla polizia, ma in questo modo iniziò un nuovo scontro tra noi due. Senza accorgermene gli sottrassi la scatola, che nel frattempo aveva iniziato ad emettere uno strano bagliore, e finii in questa linea temporale lasciando quell’aggressore nella mia linea. Passò una settimana prima che capissi il funzionamento di quella che oggi chiamiamo macchina del tempo e, grazie a svariati tentativi ed esperimenti ben riusciti, oggi siete tutti qua. I problemi iniziarono dopo qualche giorno rispetto ai primi viaggi dimensionali: una persona piano piano scomparve davanti ai nostri occhi. Dedussi che colui, che mi aveva attaccato per togliermi la vita, avesse creato un’altra macchina del tempo. La mia ipotesi fu convalidata durante un viaggio temporale, infatti casualmente mi imbattei in lui durante una ronda. Le sue parole e le sue azioni mi ferirono dritte al cuore e si marchiarono indelebilmente nella mente “Con te ho fatto un errore, dovevo partire fin da subito dai piccoletti” pronunciò questa frase con un ghigno contorto sul viso, che lo rendeva ancora più agghiacciante e infine aggiunse “tu non puoi fare niente per fermarmi, la mia vendetta sarà inesorabile!” uccise davanti ai miei occhi un ragazzino in lacrime e scomparve, non lo incontrai mai più.”

Il suo volto era contrito ed amareggiato, esprimeva quell’impotenza di cui anche io in quel momento ero vittima.

Improvvisamente un barlume di speranza illuminò i suoi occhi “Ma” riprese il fiato “c’è un “ma”! Infatti, non so per quale motivo, siamo capitati nella linea temporale di quell’assassino quando è ancora un ragazzino. In questo mese ho compiuto varie ricerche e pochi giorni fa ho scoperto la sua identità. Nel frattempo sei arrivato tu e oggi è il giorno indetto per decidere le sorti del futuro di ognuno di noi.”

La platea esultò con un urlo liberatorio che si librò energicamente in tutta la sala, la felicità e l’esaltazione di quel momento erano palpabili nell’aria.

Un coro all’unisono affermò “a morte l’assassino, a morte l’assassino!”

Cattiveria, rabbia, angoscia sfociarono in quel momento, più queste crescevano più la paura prendeva il sopravvento in ognuno dei presenti.

Capivo quelle emozioni e io stesso le sperimentavo: ero una vittima tanto quanto loro. Quella decisione, tuttavia, mi sembrava affrettata e non condivisibile.

La confusione era così assordante che necessitai di qualche tentativo prima che si accorgessero di me. Il comandante del gruppo mi concesse di esprimere la mia opinione “credo che questa scelta sia un po’ precipitosa, se dovessimo togliere la vita al ragazzo non saremmo tanto diversi da colui che ci sta uccidendo nella varie linee temporali; in fin dei conti il giovane non ha ancora fatto niente”

“Ma lo farà” “è un assassino, dobbiamo aspettare che ci uccida tutti?” “è un mostro, dobbiamo vivere noi” “Lui è feccia in confronto a noi” fischi e frasi d’insulto mi furono rivolte contro.

“Calmatevi tutti” il capo cercò di placare gli animi “la decisione più saggia e unanime è sacrificare un vita per salvarne molte altre, ovvero le nostre.” poi si rivolse a me “anche tu sai che è l’unica soluzione, se eliminiamo il ragazzo da questa linea temporale scomparirà da qualsiasi altra, non causandoci più ulteriori problemi.”

Dovetti controbattere ad ogni costo, dovevo far cambiare l’idea al gruppo “ma siamo sicuri che sia il ragazzo giusto? E se così non fosse, sarà solo un agnello sacrificale? Potremmo aspettare e capire la causa scatenante della sua trasformazione in assassino, senza togliere una vita prematuramente. Qualcosa deve aver innescato la sua rabbia omicida nei nostri confronti.”

Le mie parole si persero nel vento, ormai nessuno mi stava più ascoltando. La loro missione era quella di eliminare una volta per tutte quel giovane.

“Prima torturiamolo” “Giusto, deve soffrire per i nostri compagni deceduti” quella sete di sangue era irreversibile, cercavano un capro espiatorio e l’avevano trovato.

Iniziarono a gridare il suo nome “a morte Besso, a morte Besso” una folla inferocita era pronta per giustiziare un innocente per il bene di tutti.

Per qualche giorno avevano monitorato le sue abitudini e i suoi spostamenti, quindi conoscevano il luogo in cui viveva.

Non potevo unirmi a quel corteo, dovevo fare mente locale ed escogitare a mia volta un piano: a tutti costi era mia intenzione salvare il ragazzo dal linciaggio.

Mentre tutti erano diretti a casa di quel futuro assassino, io raggiunsi la stanza dove mi ero svegliato e rubai la macchina del tempo.

In un piccolo momento di lucidità, in quella confusione più totale, avevo pensato di salvare il ragazzo trasportandoci in un’altra linea temporale. Se avevo capito correttamente i viaggi spazio/temporali erano casuali e la probabilità di trovarci una volta partiti sarebbe stata bassissima.

Fui talmente veloce da raggiungere la processione di morte che si stava dirigendo verso casa di Besso; le persone si fomentavano a vicenda urlando e assaporando il dolce momento della loro rivalsa.

Percorremmo qualche chilometro e infine giungemmo davanti ad una piccola villetta “esci Besso siamo qui per te” la strategia non era il loro forte, in quel modo avrebbero di certo spaventato e forse fatto fuggire il ragazzo.

Gli schiamazzi si espandevano per tutto il vicinato, il caos più totale regnava in quel preciso istante.

Cercai di calmarmi e ideare un modo per raggiungere il ragazzo prima degli altri. Nel frattempo una pioggia di pietre e altri oggetti fu scagliata contro la casa che avevamo di fronte.

Di soppiatto circumnavigai l’abitazione e fortunatamente entrai dalla porta posteriore di servizio, non fu difficile trovare l’inquilino: era posizionato in una camera del piano superiore, in un angolo che piangeva.

“Tu chi sei?” domandò impaurito e alquanto confuso dalla situazione. Il suo volto era completamente rigato dalle lacrime, la posizione del suo corpo esprimeva la sconsolazione più totale.

“Non ho molto tempo per spiegarti” risposi e velocemente cercai di inquadrare la situazione, che mi avesse creduto oppure no “dobbiamo scappare ora o ti uccideranno.”

Gli mostrai la scatola che avevo rubato e gli spiegai la sua funzionalità. Gli porsi quel marchingegno e lui nella foga di una salvezza schiacciò vari tasti e scomparve insieme alla macchina.

Mi lasciò solo nella stanza mentre la pioggia di oggetti infuriava sempre più, seguita dal rumore dei vetri in frantumi.

Fui raggiunto poco dopo dagli altri, mentre inneggiavano la morte del ragazzo ormai scomparso.

Quando mi videro nella stanza, un silenzio tombale calò improvvisamente e sentii tutti gli occhi puntati su di me.

“È andato, non è più qua” fu l’unica cosa che riuscii a dire.

La follia omicida del gruppo doveva essere sfogata in qualche modo: fui subito assalito e percosso. La mia mente fu stranamente lucida ma nel contempo isolata dall’esterno e per sfuggire dal dolore mi rifugia in essa.

Tutto ciò non sarebbe accaduto se gli altri mi avessero ascoltato.

Sentii una fitta improvvisa alla bocca dello stomaco, caldo sangue sgorgava copioso da una ferita infertami con un coltello. Stavo per morire, le forze mi stavano abbandonando, tutto si stava facendo più oscuro.

L’ultimo mio pensiero fu di vendetta, vendetta che si stava consumando mentre esalavo l’ultimo respiro: ognuno di loro sarebbe in ogni caso perito grazie all’assassino che io avevo salvato.


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