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Il figlio della Jugoslava

di Franco Bonvini
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Pubblicato il 07/10/2016 00:25:35

Di pelle non troppo chiara nè troppo scura
aveva capelli neri e occhi furbissimi.
Non ne ricordo il nome
anche perchè per tutti era "il figlio della Jugoslava",
ricordo però che il banchetto di scuola sembrava andargli stretto
proprio come a me,
e sembrava scalpitare, come ci fossero delle puntine sulla sedia,
proprio come me,
anche se ora so che i motivi erano diversi.


Diventammo amici e a volte, usciti di scuola, facevo un giro un pò più lungo per fare un pezzo di strada insieme.
Sembrava non avesse tempo per fermarsi a giocare lungo la strada e fretta di tornare a casa e non voleva che lo accompagnassi su per le scale, fino in casa.
A volte, prima di arrivare al portone, le tende di una finestra al terzo piano si scostavano un po' e si intravedevano altri capelli neri di una figura femminile.
Allora lui accellerava il passo e salutava.. A domani!

 

Ma non tutti i domani c' era e non si vedeva mai neanche all' oratorio.
Facevo lo stesso il giro lungo ma le tende non si scostavano, le scale erano buie, la casa vecchia, e il cuore piccolo.

Non era paura, mamma per fortuna non m' ha mai messo paura sugli zingari, nè detto mai che se non fossi stato bravo m' avrebbero preso gli loro.. anzi diceva a volte quando tardavo troppo che forse m' aveva preso lei da loro.

Quasi fosse un complimento.

 

Però mi incamminavo verso casa sperando nel domani.
Mancò tre giorni una volta e allora durante il solito giro lungo presi il coraggio, con la scusa di portargli almeno i compiti, e son salito fino al terzo piano.

C'era solo una porta da bussare.
Ha aperto lei, la ricordo bella, alta e fiera, dopo aver visto che ero lì per il figlio e per i suoi compiti sembrava contenta e m' ha fatto entrare.

La casa era pulita e accogliente, anche se arredata in modo strano per me. E poi ricordo montagne di camicie, e panni da stirare e lui che stirava.

Non ascoltò nemmeno la madre che voleva che smettesse, e che lo aiutassi a fare i compito così l' indomani a scuola sarebbe stato preparato ma smise per un tè coi biscotti.

L' indomani c' era.. e aveva pure trovato il tempo di fare i compiti.. il tempo per giocare però non l' ha mai scambiato con quello speso per la madre.

 

Tempo dopo, vista la mia insofferenza ai banchi m' hanno tolto le "puntine" cambiandomi scuola, una di quelle più "aperte" ai piedi dei monti e coi muri di vetro sul prato.

Non ricordo altro, non so come fu che ci siamo persi.

Forse quando ho cambiato città.
Chissà dov'è ora.


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