Ho pianto per quelle scarpette
che non hanno mai camminato né saltellato
ma sono rimaste lì ferme a oscillare sulle onde
ancora per un poco a galleggiare.
Forse erano nuove, comprate col cuore in gola dai genitori
per quando lo avrebbero finalmente appoggiato
sulla sabbia di una riva più buona -
e tenendolo sotto le tenere ascelle
lo avrebbero fatto dondolare canticchiandogli sul collo
amorevolmente: Aylan! Aylan! Eccoci qua!
prima di stendersi per terra con gli altri ad aspettare.
E lui si sarebbe divincolato ridendo
anche se semiaddormentato
e si sarebbe subito messo a correre tra le risate stanche
ma felici di tutta la gente attorno.
E nessuno avrebbe saputo dello sbarco di Aylan.

Invece le ho viste penzolare
tra le braccia di un uomo triste e coraggioso
quelle scarpette che dondolano davanti a tutti gli occhi
senza più Aylan.
E io che vivo tra i muri tranquilli di un brutto
ma comodo palazzo vicino al mare
mi chiedo di te piccolo Aylan,
delle tue scarpette che non metterai mai più -
mai più -
e non so pregare.
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