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L’abbraccio dei due ulivi

di Giulia Bellucci
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Pubblicato il 19/09/2017 18:19:11

“Nando, questo è il nome del protagonista di questa storia, era un ragazzo del paese di venticinque anni, orfano di entrambi i genitori. Era il 1985 quando accadde lo pseudo miracolo. Egli giunse qui la sera del ventuno marzo e si sedette proprio sotto quello dei due ulivi che c’era allora. Intorno c’erano silenzio e pace, il cielo era limpido e qualche stella timidamente entrava già in scena. Il fiume mormorava parole incomprensibili, aggirava i sassi sul letto creando delle micro cascate; il suo scorrere era regolare, proprio come ora. L’acqua si increspava di tanto in tanto a causa di un timido venticello. I ricordi riaffiorarono incontrollabili nella mente di Nando. Solo un anno prima aveva incontrato in questo stesso posto Federica, la protagonista femminile della storia. Prima di quell’incontro, lui l’aveva corteggiata a lungo ma lei era sempre stata timidamente schiva e quasi non riusciva a guardarlo negli occhi. Fuggiva ogni volta che lo vedeva. ‘Perché?’ si chiedeva Nando ma una risposta non c’era. Lui era stato ostinato: ogni ragazza del paese aveva ceduto alla sua corte pressante, perché quella sedicenne no? Era diventata una sfida da vincere per non perdere la propria sicurezza e la fama di giovane più desiderato in paese. A volte lei gli dava l’impressione di osservarlo quando lui non la guardava, ma poi distoglieva rapidamente lo sguardo. Ogni giorno lui l’attendeva all’uscita da scuola e lei gli passava davanti con quell’apparente aria distratta, allora la salutava ma in cambio riceveva solo un fugace cenno. Un giorno, però, passandogli davanti, Federica aveva stranamente rallentato il passo, si era voltata verso di lui, l’aveva guardato negli occhi e l’aveva salutato per prima. Lui aveva chiesto di poterla accompagnare e lei accettò. Fecero un centinaio di metri assieme e prima di salire sull’autobus che l’avrebbe portata a casa, lei gli aveva consegnato un biglietto. Sopra c’era descritto questo posto e c’erano segnate una data e un’ora: ventuno marzo (del 1984 naturalmente) alle ore 19,30. Nando si presentò qui all’ora indicata e lei lo raggiunse quasi subito. Concesse a lui tutta la sua innocenza e gli sussurrò le parole d’amore come mai al mondo furono dette, proprio sotto questo stesso cielo stellato e al chiaro di luna. Poi Nando la riaccompagnò fin sotto casa quella sera e il suo cuore batteva forte per lei, sentiva di amarla come non avrebbe mai più amato nessuna. Il giorno dopo si presentò davanti alla scuola ma lei non uscì da quella porta e non lo fece per tutta una settimana. Un giorno di mattina presto sentì i rintocchi del campanile a lutto. Quando uscì per andare a lavoro nel negozio di famiglia, si accorse di un nuovo manifesto funebre su cui compariva il nome di Federica. Comprese e il dolore fu immenso. Seppe poi che il giorno dopo il loro incontro in riva al fiume, Valeria era entrata in ospedale per un delicato intervento alla testa ed era morta sotto i ferri. Lo seppe da un’amica comune che gli consegnò un biglietto: Valeria glielo aveva affidato la stessa mattina prima di andare in Ospedale. Sentiva che sarebbe morta. Nel biglietto diceva solo: ‘Sei stato la cosa più bella della mia vita. Se non saprai dove trovarmi, ricorda che sarò proprio lì, nel medesimo punto dove sono stata tua, ad attenderti’. Lui non riuscì a tornarvi: il ricordo era troppo doloroso. Dopo un anno esatto dalla prima volta, trovò in maniera inspiegabile il coraggio e alla stessa ora della prima volta vi tornò. Notò subito questo ulivo, non ricordava di averlo visto la sera in cui aveva incontrato Federica e gli sembrò strano. Le foglie dell’ulivo mosse dal vento così come il fluire dell’acqua del fiume sembravano volergli dire qualcosa. Le ascoltava e la nostalgia e il dolore per la scomparsa prematura di Federica si acuivano nel suo petto. All’improvviso i rami dell’ulivo si abbassarono e lo cinsero, quasi abbracciandolo. Lentamente e miracolosamente il suo corpo si tramutò in quello di un albero, precisamente in quello di un secondo ulivo, proprio vicino al primo e a esso avvinghiato. Ecco spiegato perché questi due alberi si intrecciano come se volessero abbracciarsi !”

Giovanni si volse verso Alessandra e osservò il suo volto rigato dalle lacrime per la commozione.

“Ti avevo detto che ti avrei stupito con il racconto! Dai, suvvia, smetti di piangere, è solo una leggenda!”


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