Pubblicato il 07/07/2016 16:29:01
La compassione partendo da un picchio
Stamattina ho visto il picchio affondare il suo becco nel tronco del mio vecchio pino. Eppure non sembra malato, tutti i rami sono al suo posto, ricoperto lo sfregio di una saetta caduta la sera in cui Baggio tirò alle stelle il rigore di Pasadena. A ben guardare il verde dei suoi aghi non brilla vitale e qualche chiazza giallastra compare sul fianco sinistro. Ma si conceda qualche acciacco a questo vecchio pino, -pure la luna continua a brillare a dispetto della sua calvizia.
Dopo pranzo il picchio è tornato a martellare il tronco nella calura. Ho iniziato a odiare la sua sicumera la sua fame insolente di larve d’insetto. Il pino era immerso nella siesta estiva poi una brezza gli ha gonfiato le spalle e per un attimo è tornato il maestoso principe di Salina, immenso nella decadenza di un ex-impero.
Mi sono avvicinato al tronco sentivo l’orologio del picchio scandire fatali i secondi e avrei voluto cacciarlo lontano. Ho raccolto un sasso, pur sapendo che la morte non teme quisquilie. L’uccello si è bloccato quasi fiutasse l’agguato e volando è andato a posarsi poco lontano.
Nel volo ho visto una sua ala aprirsi a fatica, il dorso tremare, tanto che a stento è planato sul pesco vicino. Allora ho posato il mio sasso ritratto la mano, ascoltando quanta pietà -nei dettagli- si celi.
Allora ho capito che se troviamo la forza di vedere da vicino un pino, un picchio, un uomo, se abbiamo la forza di stendere la nostra attenzione su una cicatrice evanescente di varicella, se abbiamo la forza di immaginare la clorofilla scorrere nelle propaggini il dolore puntellare la spina dorsale l’amore emanare influenza, allora forse saremo davvero respiro a difesa del mondo.
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