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Piccola arringa per l’esile Europa

di Federico Zucchi
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Pubblicato il 20/07/2016 15:35:40

Piccola arringa per l’esile Europa

Mia cara piccola Europa
sono il tuo avvocato d’ufficio
e non è un buon segno se
i Perry Mason, gli araldi
del foro sono fuggiti,
nascondendo la propria toga
dietro un pallido specchio.

I popoli che ti hanno riunita
si perdono in zuffe, si lanciano sfide,
giocano con la tua sostanza
come se non ci fosse una meta
a sostenere un mattino di slancio.

Da fuori sei ancora anelata
in migliaia si aggrappano
ai tuoi litorali, dondolando
sul mare scafista, pregando
di trovare una terra più dolce.

All’interno sei quasi spacciata,
pochi si perdono nella tua gloria,
nessuno rammenta la timida pace
salvata nelle stagioni, ma ogni fascio
di luce ingrandisce le linee di faglia.

Anch’io ti colpisco di lato, di schiena,
sui fianchi molli e indifesi, quando
ti aggiri come un revisore dei conti
dallo sguardo accecato, come
un cecchino che bara alla Borsa.

Ogni tanto inciampiamo in un coccio più antico
nella cenere calda dei tuoi arsi vivi
nella voce dei morti caduti a Verdun
nella siepe uncinata che appena distoglie
il giardino di Goethe dal campo di Buchenwald.
Ogni tanto inciampiamo e ricordiamo
a malapena lo Stige da cui proveniamo
e stringiamo la vita dei nostri più cari
perché sentiamo la gioia di essere parte
di un raro insieme prezioso, dove un uomo
non si arresta a piacere, dove il potere
non allunga le gonne, dove la fede rimane
una scelta, dove un infarto non sempre
costringe a esibire un conto corrente.
Ogni tanto inciampiamo e presagiamo
la bellezza in cui siamo trasfusi,
e ciondoliamo all’ombra delle cattedrali
nel mare di Omero, nei borghi medievali
addossati a un afoso pomeriggio estivo.
Se abbiamo caldo pensiamo alla neve
caduta contro le guance di Anna Karenina,
se abbiamo freddo scendiamo
con Dante all’inferno a sciabolare
terzine infuocate,
se siamo affranti chiediamo al Bardo
di ricucire la passione amorosa
prima che il cuore diventi Bastiglia,
se non ci piace leggere, se la storia
ci viene a noia, se il lavoro ci impone
una veglia continua su note invernali,
possiamo vagare a piedi
o fasciati al pensiero
verso la luce del Mediterraneo
verso le nuvole snelle dei cieli olandesi
verso le immense abetaie o le albine
betulle ortodosse, verso il fienile
di una stalla che tuo nonno
predispose con cura,
verso tutto quello
che rende immenso
questo umano frugare.

Perché la realtà esige amore
e non solo interessi, perché
l’odio ha copiosi Stavrogin
pronti a tuffarsi nelle crepe
lasciate infettarsi.
E se non sappiamo
cosa difendere, con quale coraggio,
se non ricordiamo la noce cruciale,
se non riusciamo a disfare la notte
in traccianti di stelle eventuali,
la violenza si farà spazio
con altri roghi islamisti
e con l’atroce ritorno
del filo spinato.

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