Pubblicato il 06/04/2010 19:50:46
Un ascensore velocissimo, tra pareti di cristallo, fluidifica i volumi del consesso. E’ rimasto laggiù il singhiozzo: le lacrime sono seccate sul treppiede. Hai smarrito la tasca del grembiule e un osso ha fatto pace con la fesa ma hai ancora i denti per rodere albumi. La danza ricomincia al primo piano ed una mensa apparecchiata per l’usura ti aspetta alacremente gremita di rutilanti faine che i polli temono. Sonagli negli orecchi e ascolti le corde tese dell’asfalto verticale che sale e scende e perde quota dentro al ventre di una mammana che taglia e cuce senza posa. Imbratta tele col sangue blu di principi consorti e dame altere: non conosce fatica ma la coda riposa avvolta al fuso del ricamo. Ed al centesimo passo ora si ferma il cuore tuo provato da emozioni: resta sul marciapiede un vezzo, un ghigno sghembo, di lato la lingua penzoloni. Come un cavallo pazzo hai ingoiato troppa polvere da sparo ed esploderai di certo, se corri ancora su quell’altopiano. Fermati ora, quaggiù ti aspetta il tuo coniglio bianco, un piccolo calesse ed una tasca vuota da riempire di sogni buoni e onesti, per il viaggio nella tua vita vera.
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