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Il pescatore di Pagana

di Giuseppe Bonvicini
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Pubblicato il 06/05/2018 17:48:54

 

 

PARTE PRIMA

...Io vorrei farti dormire, ma come i personaggi delle favole, che dormono per svegliarsi solo il giorno in cui saranno felici. Ma succederà così anche a te. Un giorno tu ti sveglierai e vedrai una bella giornata. Ci sarà il sole, e tutto sarà nuovo, cambiato, limpido. Quello che prima ti sembrava impossibile diventerà semplice, normale. Non ci credi? Io sono sicuro. E presto. Anche domani. Guarda, Natalia, il cielo! È una meraviglia!...

(Da Le notti bianche , Fedor Dostoevskij).


 

Era scritto su un foglio, giù in cucina.

Quelle parole bussarono e bussarono alla testarda porta del suo cervello. Corse nella camera di lui e lì rimase, una donna vuota in una stanza vuota. Dentro di lei tutto era freddo, fragile e freddo, fragile da spezzarsi. Ormai ogni cosa poteva rotolare via: il suo unico amato, la ragazza che pensava di essere candido giglio, la fragile corda che tiene una persona ancorata al suo mondo.

Sola.

Si lasciò cadere sul pavimento.

E sprofondò, sprofondò, rotolo via, lontano dal pungolo del freddo e da quella casa che la schiacciava da tutti i lati. Sprofondare è facile quando non si ha, non si è, niente...lui era andato via senza di lei, perché dal pescatore di Pagana? Quella caverna era ancora là. Sapeva esattamente cosa fare. Bastava rannicchiarsi in un angolo: ecco suo padre che balza in piedi con le vene del collo gonfie come per gridare, ma dalla bocca non esce alcun suono: ed ecco Giulio che la fissa con gli occhi lascivi e ride, ride e la sua faccia si fonde con quella di suo padre e poi si separano e galleggiano via.

Lui dorme e lei ha gli incubi perché suo padre non avrebbe voluto, lui era padrone di tutto ciò che possedeva.

Non lo sapeva nessuno, nemmeno sua madre, ché lui non si era raccomandato o lo aveva pregata nemmeno le aveva chiesto scusa: niente di tutto questo, le aveva ordinato silenzio assoluto col dito alzato minaccioso.

E lei stette zitta sempre.

Era accaduto quando aveva dodici anni e non lo vedeva da un pezzo; due anni buoni: prima in Africa poi in Asia poi ancora in Africa e l'ultima volta che era venuto li aveva portati tutti su nella villa, si era fermato quindici giorni e una notte era entrato in camera sua. Per tutta la sera lui l'aveva guardata, era entrato anche in bagno mentre lei faceva la doccia “ma sei molto abbronzata...” Poi a tavola aveva detto che le bambine africane andavano nude anche dopo il bagno nel fiume, e che lui dal suo Ufficio vedeva tutto e che un giorno, quella delle pulizie, si era portata dietro la figlia di una decina di anni e la lasciava scorrazzare nel prato davanti alla casa entrambi nudi lei e il cane, “passi per il cane che era bestia...ma quella no santo dio...”

Avevano riso tutti, sua mamma e suo fratello sempre sguaiato e menefreghista in casa e ai bagni ancora peggio.

Quella notte lui la svegliò prima di iniziare a dire cose del tipo che mamma era diventata un pachiderma e che lui quando era via andava con ragazze come lei...in Asia poi per loro era un onore; bene, chiese solo di non gridare e lui non le avrebbe fatto male affatto.

Ma le tolse la purezza.

E un po' di sangue era finito sul lenzuolo così Aveva passato il resto della notte a piangere accucciata in un angolo a fianco dell'armadio e rivedere la sua faccia viscida e a sentire le sue parole sconce

Non voleva più scendere ai bagni, non voleva più mangiare, non voleva più fare nulla, e un giorno...”senti sciocca, invece di ringraziarmi fai tutte queste storie...oggi giù ai bagni con tuo fratello” e alzò anche quella volta il dito minaccioso. quando se ne andò, lei lo lavò via.

Di storie amorose Clara ne ebbe, la sua amica del cuore Alessandra le confidò che suo fratello Leo, universitario da due anni, le chiese di intercedere per lui che si era preso la cotta. Leo era bello, atletico, distinto e alla fine lei accettò: al cinema con lui, Visconti in Morte a Venezia....non la smetteva di piangere e lui non la smetteva di attendere. A casa Leo raccontò alla sorella che Clara era una frigida e la notizia fece il giro del mondo e quando qualcuno le chiedeva di uscire, prima metteva nero su bianco “però ci baciamo almeno...o no?” Così le occasioni della più bella liceale si assottigliavano e le chiacchiere sul suo carattere peggioravano senza rimedio. Alessandra cercò di farla parlare, voleva e doveva sbloccarla da qualcosa che forse intuiva: non ci riuscì perché Clara era certa che la magia si sarebbe avverata. E un giorno le parlo:

“Io devo trovare me stessa, non farne cenno a nessuno....inventati qualcosa di plausibile. Ci incontreremo al mio ritorno, se questo ci sarà”.

Quella sera si addormentò con la certezza che presto avrebbe sognato la sua strada... ché il veggente l'aveva assicurata: “ Io sono un peccatore come tutti gli uomini del mondo ma so scegliere coloro che meritano di essere diversi da me su questa terra dove si predica il bene e si fa il male quando conviene.E tu sei vittima della cattiveria e del vizio...ora segui questo percorso che ti mostrerà, strada facendo, tutta la cattiveria e la malvagità degli uomini: troverai la rinnovata Clara che cerchi, te lo augura la parte del mio mio essere migliore.”

 

PARTE SECONDA



 

“Eva volava...Eva volava...Eva volava....” La bambina correva su e giù sulla battigia asciutta di un mare calmo complice il sole di una quieta primavera. Lui l'ascoltava accucciato nella sabbia e la madre, poco lontano, la seguiva con lo sguardo triste. Pensò che Eva fosse il suo nome, che avesse quattro o cinque anni, che fosse felice. E quel trascinare avanti indietro la sua cantilena non gli procurava noia o fastidio: una cosa gioiosa e soprattutto lontana dallo strillo dei gabbiani che al loro posarsi si levava andandosene triste. Quell'Eva che volava lo rasserenava e sperava che il gioco non avesse fine; invece cessò quando la madre in un suo passarle accanto le annunciò “ora andiamo Eva”, camminandogli poi alle spalle e salutarlo mormorando “buona sera”al che lui rispose uguale.**Restò con la tristezza unica padrona degli spazi che Eva aveva abbandonato....a contare i mesi e gli anni che quella intima sventura gli aveva sottratto. E come altre volte ebbe la certezza di essere nato con una sofferenza radicata dentro: forse la madre non aveva potuto partorire due creature perfette entrambe? Pensava questo. E la notte sognava il padre... tutto uguale come negli anni anni addietro.**L'indomani lui tornò, non la bambina.**Per quanti giorni andò così?**Fino al pomeriggio in cui Eva non volava presa a piangere lo sconforto della madre accanto: affranta ma silente come se un dolore troppo grande le impedisse di udire il pianto della figlia.**Si accostò, “cosa posso fare per lei ?”Soltanto questo le aveva detto prima che lei si buttasse ad abbracciarlo e singhiozzando mormorasse che la mamma di Eva era spirata nella notte, che il padre era deceduto nell'incidente, che lei era una sorella disperata. Orsini restò muto, privato di parole che fossero un conforto.**E lei proseguiva nel suo pianto opportuno anche a dire cose sottovoce, “da anni assieme, dal ginnasio all'università di adesso... una gita in Provenza per amore dei cavalli e morire sulla strada... lui fu subito in cielo... Emma non si svegliò a baciare la sua Eva.”**Francesca, lo pronunciò lei il suo nome, non sapeva cosa fare ora; né padre e né madre abbandonati per la loro dispettosa intransigenza ebbero lo zio della Brianza, buono come un padre vero.**Allora uscendo a camminare nel reale, la spronò ad informarlo questo zio... avrebbe provveduto lui per i funerali e per il resto che sarebbero state molte le cose da fare. Poi le chiese se volesse alloggiare nella sua casa, nell'attesa... “sono solo.”**Disse si.**Francesca, tre anni più di Emma, fa la praticante in uno studio a Porta Vittoria. “Abito anch'io sola, col mio lui ci siamo persi da tempo, Emma ed io alloggiavamo accanto, è solo un miracolo che Eva non sia voluta partire con loro.”**Lo zio arrivò, un industriale gentile di Merate con l'impiegato che pensò ad ogni cosa. I genitori del ragazzo erano già venuti: capì molte cose allora quando seppe che si erano portati via il figlio senza mostrare interesse alcuno per Emma e la bambina, “due bischeri nobili senesi”, dedusse incattivito.**La salma andò nella capella di famiglia in Brianza.**”Puoi rimanere per un po' di giorni assieme ad Eva... ti farebbe bene questo riposo, il borgo è delizioso e la casa è spaziosa, la mia compagna vedeva tutto in grande, ma lasciamo stare i miei problemi.**Ed è Eva a convincere una zia dai capelli chiari e gli occhi azzurri come il mare quieto; lui l'aveva fatta senza enfasi la considerazione, così che lei apprezzò con spontanea timidezza.**“Non mi sono ancora presentato, mi chiamo Lorenzo Orsini e insegno filosofia all'università di Genova; fu un trasferimento quasi forzato, la mia lei era di qua e l'ho accontentata...con un risultato inutile però, è ritornata a Milano; molto presto sarà così anche per me sebbene nulla andrà più come prima.”**Le mostrò la stanza che avrebbe potuto condividere con Eva, “diversamente c'è la stanzetta per lei”; a Francesca andava bene dormire con la bimba ”vorrà dire che noi ci stringeremo.”Lo disse col sorriso e pareva serena. Volle sapere come si chiamava il borgo,“ San Michele di Pagana, poco lontano da Rapallo di cui è frazione, oltre che bello e accogliente il luogo è silenzioso non lontano da Santa Margherita e Portofino e Camogli e San Fruttuoso, questo è il Tigullio amica mia.**Nel ristorante, sul lungomare di Rapallo, a Eva la pizza gigante a loro il pesce buono. Lui le fa una proposta che definisce saggia, “ fermati qui da me una settimana per i giorni delle mie ferie non fatte; potremmo visitare dei bei luoghi assieme ad Eva, che ne pensi?”**Ci pensa solo un poco poi “va bene certo, prima una corsa a Milano a prendere cose per me e la bambina.”**Il giorno dopo ritornò.**A Lorenzo parve un'altra tanto era cambiata, rilassata e sorridente soprattutto. Eva gli corse incontro a scambiarsi un bacio, allora lui ne approfittò:** “Anch'io un bacino con la zia, no?”**E Francesca gli diede un bacio quasi vero con le braccia attorno al collo e un “ grazie...” ripetuto molte volte.**Orsini avvertì una fitta simile alla scossa di un interruttore difettoso mentre la guardava, imbambolato, intenta a scaricare borsoni e a sistemare per bene l'auto sotto l'albero difronte.**Le prese due borse dalle mani “non sia mai”esclamando e, vicini al toccarsi, seguirono Eva già in volo verso casa,Francesca lo giurò più volte di non essere stanca quando lui azzardò “oggi a Portofino?”**L'auto nella rimessa, loro via alla piazzetta. Eva corre avanti, Francesca lo prende per mano, mio dio, mormora il suo cuore in un tempestoso muto silenzio.**E guardano il mare, i barchini, le boutique; gli americani che sciamano e i giapponesi pure e tutto il mondo che fotografa e fa ohoh e beve l'aperitivo alla Gritta fa colazione da Puni al Pitosforo al Delfino o si inerpica verso la Chiesa a spaziare il mare disotto coi panfili ormeggiati e le ville seminascoste nel verde difronte; siedono sul muretto in alto, Eva corre sul sagrato, lui accenna al pranzare “ per Eva che avrà fame poverina”, Francesca ha preso la sua mano che stringe forte “se non succedeva non ti avrei mai conosciuto.”**lorenzo Orsini ora ne è certo di ciò che aveva già nel cuore da tempo; però sdrammatizzare gli pare saggio “vedo amori in vista” lei che ha capito bene “dove da che parte?”La bacia, si baciano. Dapprima piano poi in crescendo poi come si deve. Ed è Eva a dare l'annuncio in suo transito correndo “mia zia si è innamorata...mia zia si è innamorata.”**Sono a casa dopo l'appagante gita. Eva dorme già, Francesca corre alla doccia, lui attende il turno sdraiato sul divano. Ma lei mette fuori la testa “vieni che la facciamo assieme, siamo adulti no?” Sotto il getto tiepido dell'acqua si baciano cento volte e fanno anche all'amore... per onorare un sogno? No, per iniziare la loro storia.**Se ne stava in mezzo al lettone a rivedere le barche colorate, a immaginare l'andirivieni nella villa seminascosta, a pensare cose sublimi; la sentì entrare, la sentì cercare nel buio, la sentì adagiarsi sopra “non si chiede permesso?” Non vide l'espressione del suo volto ma sentì la risata lieve e allegra ed il “no non si chiede.”**Prese posto sotto la sua ascella per dire che era felice.”L'avevo scordata la felicità, ma tu sei un bravo traghettatore.” Si chiese cosa intendesse per 'traghettatore' e, intuendolo, lasciò perdere di pensarlo. Poi aprì bocca per chiedere soltanto “civilista o penalista?”Sarebbe stata una penalista “dopo l'esame.” Poi dichiarò che aveva già programmato tutto “tu ed io nella mia casa spaziosa che ti piacerà, ogni fine settimana qui nella tua a Pagana che adoro, in quella di Emma il mio studio, intanto arriverà il tuo trasferimento....e vissero felici e contenti!”**Gli dà un bacio a sigillare quella specie di contratto.**Lei lo sapeva, anzi era sicura che sarebbe andata così. Lui disse bene bene, ed “Eva sarà la nostra bambina.”**Si addormenta e lei continua con programmi e progetti fino a quando si accorge che è già con Morfeo, lo bacia sulla bocca mormorando “ti amo da morire sai?”**E se ne va da Eva che sta volando da un pezzo in nuvole colorate di silenzio.**Lui dorme: sereno dopo che non accadeva da un secolo.**Fanno colazione nella cucina.**Eva corre via e Francesca “ti piace il mio progetto? Dimmi di si ti prego.” Lui categorico”non mi metto con gli sconosciuti” e poiché lei lo guarda tra l'allibito e lo spaventato è costretto a ridere “ si si mi piace tutto, bello così perfetto da fare paura .”Gli si siede in braccio per baciarlo meglio “i due appartamenti affiancati sono il regalo delle zio, ora l'erede è Eva con un tutore fino alla maggiore età”... ma arriva il pianto quando vede Emma passarle davanti nella consapevolezza che non tornerà indietro. Lorenzo l'accarezza tenero e paterno “su, su....oggi si va a Santa, informa la farfalla prima che spicchi il volo.”**Andranno a Santa, poi a San Fruttuoso, poi a Camogli: ovunque ci sia del bello. Non c'è che da scegliere e andare!** E' ora che Lorenzo torni in cattedra.**Non erano state ferie arretrate quei giorni con Francesca bensì la cronica depressione, giunta in punta di piedi puntuale e maledetta, a costringerlo disertare il lavoro. Che quello fosse il suo tallone di Achille non aveva dubbi; era sufficiente lo stress prolungato un po' troppo, perché la bestia grama lo aggredisse senza pietà; sapeva fin troppo bene che non c'era molto da fare - con medicine e specialisti – al di là di riposare in qualche luogo tranquillo. Per questo si isolava. E lo aveva fatto anche questa volta con la variante di un incontro inatteso: una stranezza e basta? Forse ma ci sperava...

 

Anche lei, tornata a Milano, prega per un destino amico mentre predispone la casa che dovrebbe accoglierlo...uomo affascinante dalle mille virtù trovato per caso e fino ad allora soltanto sognato. Ma verrà? Certo, così all'arrivo fu un battimani inarrestabile.

Lui occuperà la sua camera nell'attesa di consolidare un amore, Eva la propria perché diverrà grande ed esigente, a Francesca anche lo Studio con la collega e la segretaria

Tutti felici? Beh, lei contava su una cosa definitiva fin da subito; accenna ad un sorriso di circostanza quando Lorenzo Orsini declama “la gatta frettolosa fece i gattini cechi....starò un po' qua e un po' nella mia casa...suvvia, se sono rose fioriranno non ti pare?”E il senso della frase Francesca lo comprese bene- le aveva inviato una lunga email- ma in quel momento avrebbe desiderato parole differenti; gli buttò le braccia al collo, “non lasciarmi ti scongiuro!”

Le racconta...“Ebbi una figlia dalla compagna Daria che chiamammo Camilla. Insegna anche lei, alla Cattolica è una docente di diritto romano. Con Daria ci eravamo conosciuti al mare: da compagni di studi diventammo amanti e ci accasammo quando nacque la bambina. Ma col tempo ebbe un carattere non facile, eternamente scontenta : una depressione dopo il parto non curata? Aveva voluto tornare nella sua Genova e dopo tre anni, di nuovo a Milano a vivere da sola, aveva un uomo? Nel dubbio le chiesi di separarci, non eravamo sposati; avevo riconosciuto e dato la paternità alla bimba che, in età scolare, fu giocoforza farla entrare in un rinomato Istituto Religioso dove le suore assicuravano come fosse diligente e brava. Ne usciva ogni fine settimana da me o da Daria, a turno. Avevamo progettato tutto per lei; sarebbe rimasta là fino al ginnasio quando grande abbastanza avrebbe scelto con chi stare di noi due.

Ci volevamo un bene immenso, quasi un amore poteva apparire.....

Aveva la sua stanza e una domenica accadde. Albeggiava appena quando lasciò il suo letto ed entrò, silenziosa, nella mia 'quella di Papi'. Sul letto mi si coricò sopra, lei seminuda su di me altrettanto nudo. Dormiva... allora la tolsi ma la tenni accanto. Quando la svegliai a mezzogiorno, non le parlai di quella intrusione e lei non lo ricordò.

Le chiesi spesso del compagno di Mamma, “...brutto e antipatico ed anche vecchio, non ci possiamo vedere.”- Sapevo essere il vice rettore della facoltà-Francesca domanda e confessa:” Non mi mi hai mai parlato del tuo hobby di scrittore...Confermi? Perché da brava donna-amante curiosa ho frugato nelle tue cose in scrivania ed ora sto leggendo un tuo racconto...”

Lui conferma che ha dedicato molto tempo a scrivere racconti e storie, “non ho mai voluto pubblicare niente sbagliando ovviamente, non sempre ma spesso; se sei impegnata con la 'Mantide” ecco quello non è da buttare per esempio...anche per via del nome della protagonista, concordi?”

'...la mantide vola alla vicina metropolitana di Piola constatando, giù ai tornelli, di non avere né biglietti né soldi né borsellino. Risale e all’unico taxi col ragazzo che parte sgommando mormora “piazza Adigrat”. Le pare gentile, allora si sforza di parlare per informarlo che a destinazione avrebbe dovuto attendere. La portiera le dà una banconota e lei paga il ragazzo gentile che parte lieve senza più ansie a bordo. Ora è in casa a bere acqua del rubinetto e poi sul divano, col groppo in gola, ad attendere le benedette lacrime della tensione. Che giungono attorcigliate attorno al pensiero rancoroso che ha incominciato a tormentala: il disgraziato amante sta morendo dissanguato? Una decisione di buon senso vuole dire telefonare alla polizia... perché no! “ Un tale in via Pinturicchio, mi pare al dieci, sta morendo e il lavoro è opera mia .” L’avrebbero rintracciata? Bé col fisso forse no e poi anche fosse... Chiama il Corriere, la Repubblica ed anche la Rai. Sono le undici della mattina e la notizia è buona per il tigì dell’una anche se andava prima verificata, pensa. Va sotto la doccia e ci resta una mezz’ora. Nel frigo c'è rucola e parmigiano in scaglie. Apre la lattina della birra e beve e mangia, nuda sul divano, con la tivù sul due. Eva Rossini di ventitré anni bella come le molte in circolazione, abita un appartamentino di affitto per non andare avanti e indietro tutti i giorni da Seregno. Frequenta il terzo anno di lettere alla Statale con l'intenzione di fare la giornalista, dopo la specialistica e i master che suo padre le avrebbe pagato a Londra e a New York. Non aveva il moroso fisso, ma più di uno come le sue amiche, e che qualcuno passasse la notte nel suo letto fa parte delle sue scelte e non di quelle di altri. Si pisola e la sveglia la sigla del telegiornale. Ascolta i titoli ma la giornalista non dà la notizia, però la scritta che scorre in pancia dice che il famoso serial killer delle studentesse è stato trovato dalla polizia agonizzante, ecc, ecc. Aspetta tutto il tigì, ma non viene detto altro. “Stasera…” il pensiero prima di addormentarsi sotto il plaid dopo aver abbassato sul minimo il fisso e posizionato sul silenzioso il cellulare. La sveglia il citofono gracchiante chissà da quanto, è la portiera preoccupata di non averla più rivista “…non per i soldi, ma stamattina aveva una faccia.”Trova cinque avvisi sul fisso, tre erano di sua madre in ansia ché da giorni non si faceva sentire: la chiama e la tranquillizzò “mamma , ho da studiare io... “, sugli altri due non c’è messaggio. Sul cellulare gli sms abbondano: compagne di università e un amico, eternamente innamorato lui dichiarava, col quale ha fatto sesso una sola volta per caso. Fa un’altra doccia in fretta, si mette jeans e maglietta, prende la borsa e scende. Sarebbe andata con la sua amica, Beba Visco, per corso Buenos Aires a curiosare e magari a fare shopping. “Contenta del seriale? Mezzo evirato e mezzo morto, è al Policlinico lo hanno detto al tigì Lombardia.” Eva si finge sorpresa ma poco interessata, ”ah si?”, così che dopo non ne parlano più. Il giorno dopo il Corriere, nella cronaca cittadina, raccontava tutta la storia dalla a alla zeta. In sostanza si diceva che l’ultima ragazza rapita dal serial killer lo aveva messo kappao dopo averlo evirato con i denti, riuscendo poi a scappare ed avvisare la polizia, il tipo era stato operato al Policlinico ecc, ecc. Eva non ci pensa molto, compera un mazzo di gigli bianchi e va all’ospedale dove chiede di lui. Le dicono che non possono dare informazioni: è sotto la sorveglianza dei poliziotti e blà, blà, blà. “A che piano?” con un sorriso alla infermiera che guarda il registro “al quarto.” Il gatto di nome Eva sale le scale e al quarto li vede i due poliziotti davanti ad una camera al centro del corridoio. E che fa? Con sicurezza si dirige verso la camera e, ai due, dice che è la figlia della fiorista difronte e che deve fare una consegna. La guardano sospettosi, “va bene, posi i fiori ed esca ”. Ma ci vuole tempo a cercare un vaso non facile da trovare, a guardare lui mezzo addormentato con la flebo al braccio, ad avvicinarsi al letto e fargli una carezza. Che lui avverte aprendo gli occhi con sgomento, che sfugge però al poliziotto sulla porta venuto ad esortarla di fare presto. Esce serena salutando i due sospettosi “salve!”e pensa che meglio di così non sarebbe potuto andare. Poi, siccome alle undici del martedì ha lezione di filosofia, si reca alla Statale ed entra in aula con un po’ di ritardo. Dove il professore non sta parlando di Platone o di qualcun altro, ma ha aperto un dibattito sull’importanza della filosofia nella circostanza di uno stupro. E arriva a dire che, nell’antica Grecia, lo stupro non esisteva in quanto considerato filosoficamente corretto che un uomo abusasse di un donna anche contro la sua volontà del momento…”perché la volontà dell’uomo era dominante.” Le ragazze reclamano come galline, i maschi si esaltano come galli fin che Eva, che ha chiesto di parlare, dice la sua che sarebbe “qui si raccontano soltanto barzellette, il filosoficamente o politicamente corretto bisogna verificarlo sulla propria pelle.”Le sue compagne battono le mani, i compagni fanno “mu “ e il Cattedratico dichiara che la lezione è terminata. Poi fuori, sotto le volte, le sono tutte intorno e qualcuna, maliziosamente, le chiede “ma tu lo hai verificato?”Ed Eva “certo che si…e mi sono anche divertita, provare per credere.”Che Eva agisse spesso, o sempre, d’istinto lo consideravano i suoi in famiglia ma anche le amiche e gli amici più vicini. Il buffo era che non lo sapeva lei per il semplice fatto che Eva non conosceva Eva. Oddio, una cosa che capita a molti, forse a tutti: “conosci te stesso”era scritto nel tempio di Apollo a Delfi, “nosce te ipsum” recitavano i romani. Quindi se l’esortazione valeva tremila anni fa, perché non doveva essere ancora attuale. E la brianzola intelligente e di bel aspetto, quella mattina di una domenica di inizio luglio si sveglia più presto delle altre domeniche come se il suo subconscio avesse messo la sveglia presto per fare i compiti: ripassare, doveva ripassare una lezione. Una lezione di vita certo, che per l’ultimo esame accademico c’era ancora tempo. Allora riflette e considera. Pensa al ragazzo, meno di trenta anni pareva, di nome Fabrizio al quale lei aveva reciso il pene e che ora, in un letto di ospedale, aspetta che il lavoro fatto dai chirurghi lo metta di nuovo in pista. Ma deve andare con ordine e ricostruire il tutto fin dall’inizio. Sabato -Era il sabato prima che lei, con due amiche – culo e camicia - era entrata, movida imperante, in un bar bistrò dell’alzaia grande sui Navigli e, ordinato da bere, si era incantata davanti ai tre suonatori di jazz: pianoforte, basso e cornetta. Un trio figo, non c’era dubbio, specie il bassista che con le mani giocava con le corde e con gli occhi giocava coi suoi. Nell’intervallo, quello, le aveva fatto un cenno col capo che voleva dire “ vieni al bar”. E là, mentre sorseggiava il miscuglio che lui aveva ordinato, si presentarono e fecero conoscenza. Lui dichiarò di frequentare Brera ogni tanto, lei di frequentare la Statale con scrupolo, lui ammise “hai un volto da ritrarre”, lei gli chiese se voleva provare a cimentarsi, si scambiarono i cellulari e lui tornò a suonare John Coltrane dopo averle dato un bacio sulla fronte. Delle amiche, una esclamò “ cavolo che ...!” e l’altra “ tutti a te!”.Tirarono le due e per altre tre volte lei andò al bar con lui, all’ultima si erano accordati di vedersi il giorno dopo “nel pomeriggio da me…ti va?” e lei rispose okay e prese nota dell’indirizzo : una via non lontano da dove abitava lei. Domenica- Alle quattro di una domenica piovigginosa, lei era in via Pinturicchio a suonare all’appartamento numero ventisei. Ultimo piano, un abbaino o mansarda da raggiungere a piedi con lui sulla porta seminudo, spettinato, faccia da sonno. “ Salve entra”e dentro è un casino di roba messa qua e là con il cavalletto da pittore con una tela bianca , il basso in un angolo a terra, pile di libri e pile di dischi, quadri astratti e manifesti concreti tutti sbilenchi alle pareti , e poi tanto di tutto e tanto di niente come cantava la Ferri. “E tu vivi qua?” domandò per avviare il discorso, “dipende.”, solo quello disse con aria misteriosa ma divertita. Lei si fermò davanti ad una stampa di un autoritratto di Frida Kahlo con sotto la scritta a mano, ‘l’amore? non so/se include tutto/anche le contraddizioni/e i superamenti di se stessi/le aberrazioni e/l’indicibile/allora si, vada per l’amore/altrimenti, no.’ “Sono d’accordo!” esclamò poi, forse più per darsi un tono che per convinzione personale, ché le parole non erano di semplicistica lettura e interpretazione. “Dove dormi e dove mangi?”Lui fece un “dilà” col capo per il dormire, e “salto”per il mangiare. Ma scherzava, era ovvio: mangiava fuori dove capitava, spesso alla sera cenava là dove si erano incontrati. Lei gli domandò quando le avrebbe fatto il ritratto- ammesso che ne avesse ancora voglia o attendeva l’ispirazione giusta ?-, invece no “prima il piacere e poi il dovere”, sempre sorridente ché fin’ora non lo aveva mai visto serio veramente. Fabrizio la prese per mano, “andiamo al piacere “ e la condusse dove dormiva che il lettone grande in mezzo occupava tutto lo spazio o quasi. Prima la baciò, poi si baciarono in crescendo, poi lei si spogliò quasi del tutto e si buttò sul letto in disordine che odorava di uomo delle caverne. Stesosi accanto le chiese “tu cosa vuoi da me?”A Eva di botto le uscì “essere stuprata.”Pensò che lui si sarebbe fatto una risata, invece “bene, perché lo faccio come secondo lavoro”. Le strappò la biancheria, le aprì le gambe e le fu dentro senza aprire bocca, o darle un bacio, o fare le cose che i ragazzi fanno solitamente. Niente di tutto, solo colpi forti su e giù che non finivano mai…poi si scaricò dentro il suo ventre come la furia di una tempesta sul mare. Quando si placò non nascose la sua spossatezza e, con la tenerezza di un ‘non ti scordar di me’ mise il suo viso accanto a quello di Eva mentre con la mano le accarezzava le labbra, gli occhi, i capelli. Poi con voce calma, piena di dolcezza, sussurro “io ti amo bambina cara.”Lunedì- Eva trascorse la giornata a riflettere su ‘quella maledetta domenica’ che poi, forse tanto maledetta non era stata. Il suo cruccio era che lui l’aveva presa alla lettera quando pronunciò quelle parole infelici e che quindi la colpa era sua che si era comportata da sciocca. Si era rivestita e se ne era andata senza un ciao o un arrivederci o un saluto qualunque. Resistette fino a prima di cena, poi lo chiamò al cellulare. Rispose e subito, “ perché te ne sei andata?” e lei non sapendo cosa dire fece la cosa che le venne alla mente al momento “verresti da me a mangiare una pizza?” Al suo si le diede le coordinate di casa, fece la doccia, si vide carina e pensò che poteva starsene in top e calzoncini. Dopo mezz’ora lui citofonò – la portineria era già chiusa – e lei gli dette il piano al quale salire. Lo attese sulla porta aperta e quando l’ascensore si fermò e ne uscì lui con delle rose rosse in mano, gli buttò le braccia al collo e lo baciò sulla bocca con le lacrime che purificavano tutto: anche il suo desiderio di chiedergli perdono. Sul divano, in attesa delle pizze, birre e crostate, si baciarono e fecero le fusa come due gatti soriani, “davvero mi ami? e perché…”Fabrizio candidamente dichiarò “perché mi hai chiesto di essere stuprata, e allora come non innamorarsi di una donna sincera?”Eva una risposta così non se l’aspettava ma fece buon gioco. Mangiarono e bevvero e dopo la ragazza, a bruciapelo, “vuoi rimanere a dormire da me?” E fu così che la notte si trasformò in un Paradiso: uno dei tre giorni che lei pensava essere stati i più belli della sua vita. Martedì e Mercoledì – Eva trascorre i due giorni a casa. Solitamente ci passava il sabato e la domenica, ma non avendolo fatto quella settimana la madre la reclamava. Il padre- un brianzolo doc – aveva una fabbrica di ‘serramenti, infissi in alluminio e vetri’, gente benestante quindi. I figli erano due, lei e il più grande ingegnere migrato negli Usa a lavorare con successo. Sua madre aveva il culto del vestirsi bene e alla moda, circondata da amiche querule e ricche, una volta al mese faceva un viaggio a Londra o a Parigi per rifornirsi il guardaroba. Lei non le assomigliava per niente ed in niente, a suo padre si del quale era la coca. Ci arrivò con la sua city car gialla alla villa dove, sua madre dopo i baci e gli abbracci, aveva già deciso che nel pomeriggio sarebbero andate a Monza a fare shopping. Non chiedeva mai come vanno gli studi, hai il ragazzo, hai bisogno di qualche cosa, queste cose gliele chiedeva Papi mentre lei gli stava seduta sulle gambe. E alla domanda, appunto, “hai il ragazzo “ lei aveva risposto “ si,si fa il serial killer…e lo fa bene.” E Papi, oltre a farsi una risata, le aveva dato un buffetto sul sedere per niente allarmato da quella dichiarazione sbarazzina. La domestica e cuoca aveva preparato un sacco di cose, lei si abbuffò di prosciutto e melone: il suo piatto preferito d’estate. Nel pomeriggio attese che mamma facesse il riposino, poi via che le boutique di Monza erano là ad attendere. “Questo si, questo no….sua madre sceglieva mentre lei comperò una minigonna jeans, due top e dei sandali alti. Eva era una bella ragazza, -occhi blu capelli lunghi castano chiaro bocca carnosa-, alta abbastanza come sua madre che, a forza di frequentare Parigi e Londra aveva un aspetto giovanile e sciccoso nonostante avesse compiuto i cinquanta da un pezzo. Dopocena andarono fino ad Erba per il gelato, mamma doveva sfoggiare e come non accontentarla. La mattina dopo lei dormì fino a mezzogiorno, nel pomeriggio sarebbe tornata a Milano. E con Fabrizio? Una vagonata di sms da ambo le parti e, una telefonata della sera avanti, era durata più di un’ora. Una volta sveglia lo chiamò, “ciao amore…cosa stai facendo?” E al suo rispondere “sto mettendo a punto uno stupro” lei replicò che invidiava la tapina e che “stasera sono tutta per te.” Infatti alle sei era già a casa e saputo che quella sera suonava si accordarono di vedersi in Taverna. Alle nove era là a pizzicare qualcosa, ché fino alle dieci era calma piatta: ma quando lui arrivò fu un preludio alla ‘salon kitty’ e anche di meglio, premessa di ‘il fiore delle mille e una notte’ che avrebbero colto a casa di lei.Giovedì – I fiori giacevano nel letto con le mille stelle ad illuminare corpi di giovani amanti dall’intreccio perverso, suggerito da una luna maliziosa per niente in affanno. Amavano toccare il proibito, sfiorarlo, baciarlo, possederlo: tutto era loro concesso ad eccezione di una inutile virtù paladina del tempo perduto. Come e quanto? Nei modi della fantasia sfrenata e per tutte le volte che un sospiro cercava il respiro: nella armoniosa congiunzione del dare e dell’avere. Eva non aveva una conoscenza esagerata del maschio e nemmeno sopra la norma, poteva contare sulle dita delle mani le notti che aveva trascorso a fare all’amore,per questo il bel Fabrizio -killer di professione -aveva avuto buon gioco a farla sprofondare nell’inferno dei sensi e risalire e volare in alto, molto in alto che forse di più non si poteva. Erano abbracciati quando si svegliarono del tutto, lei disse di aver voglia di un bicchiere di latte e di brioches calde , lui che non faceva mai la colazione, si offrì di scendere al bar a fare spesa “poi ci diamo alla pittura, my fair lady”, la baciò per dieci minuti ovunque, rispose “anch’io” ai suoi “ti amo da impazzire”, si vestì in qualche modo ed uscì. Nell’attesa Eva si crogiolò nel pensiero che forse aveva incontrato l’amore della sua vita e che , comunque, era la prima volta che i suoi sensi avevano fremuto e continuavano a fremere al solo pensarci. Divorò le due brioches e sorseggiò il bicchiere di latte con gioiosa voglia, poi visto che lui era già al cavalletto “ dove e come mi metto?” Fabrizio le indicò la poltrona vicino a lui “ qui, nuda e spettinata come sei ora.” Lei si trasferì di là, e lui incominciò a muovere il carboncino senza guardarla. Quando disse “ecco la bozza”, lei andò a guardare e, siccome non era competente, le parve bella e lo disse: lo schizzo rappresentava una figura di donna, con una gamba un po’ alzata sul cuscino, le braccia conserte, ed il capo reclinato in avanti coi capelli che occultavo il volto. “Adesso posso lavoraci anche da solo, la modella non serve più” e questa dichiarazione un po’ la rattristò per il pensiero che la loro storia finiva là. “Allora non mi vuoi più?” e poiché sembrò una bambina piccola che si sentiva cacciata dalla mamma, lui le si inginocchiò davanti, le mise la faccia tra le gambe e dichiarò “no,no io ti voglio…ma cosa ti viene in mente.”Un bacio appassionato ed infinito sancì un patto: quello di amarsi, per sempre? Eva fece la doccia prima di vestirsi e recarsi a lezione, oggi aveva due ore di letteratura romanza e non la voleva perdere. Lui non sapeva ancora cosa avrebbe fatto, forse avrebbe lavorato al quadro o forse sarebbe uscito . “Ci vediamo da te stasera?” chiese Eva. “Stasera niente musica, vieni che poi andiamo al ristorante assieme”. Bene, alle sette lei sarebbe stata da lui.Venerdì- E l’una, sono a letto da poco. Hanno cenato in un ristorante vicino senza pretese, e poi sono stati al cinema Splendor a vedere ‘Amelie': mano nella mano e baci sparsi nei momenti giusti. “Bello!” esclamò lei all’uscita, “Insomma” chiosò lui da intenditore. Ora, nudi sopra al lenzuolo fanno prove di sesso. “Sesso estremo?” propone lui, “perché no…” timidamente lei. Allora lui armeggia in un cassetto e butta sul letto la ferraglia: quattro belle manette lucide la inchiodano al letto senza nessuna via di scampo. E lui inizia a giocare di lingua dalla testa ai piedi e viceversa per una decina di volte. Lei mugola “basta, dai prendimi…”invano. Lui la mette pancia in basso e fa altrettanto dietro, lei continua a mugolare e lui a fare quel che fa senza risponderle. Poi di nuovo davanti e poi di nuovo dietro…..passano i minuti, un’ora, due ore. Lui è inesauribile in quella scorribanda e lei, stufa di chiedere, incomincia a piangere. Alle quattro- sente battere le ore- lui si leva dal letto “per ora qui abbiamo finito ma riprenderemo”, le mette un adesivo sulla bocca e se ne va di là, a dormire in poltrona. Ed è mattina quando torna da lei sveglia da sempre. “Ora ti tolgo le manette e me lo succhi per bene,voglio godere.” Lei esegue con scrupolo maniacale, succhia divinamente bene che dopo un zip lui si scarica nella sua bocca urlando come un lupo mannaro: Eva ora c’è la lì a portata di denti e … il prepuzio resta attaccato per un niente.**Ora Eva non sa cosa fare, o cosa deve fare, o cosa sia giusto fare. Fabrizio, quando l’ospedale avrà terminato i suoi interventi, andrà in prigione in attesa dell’inchiesta e poi di quello che deciderà il giudice. Lei non ha fatto nessuna denuncia….ma quante sono a suo carico in questura? E chi sono le ragazze che- eventualmente- l’hanno fatta? Deve sapere, deve informarsi, deve indagare. Allora pensa che lei debba parlarne con lui prima di qualsiasi cosa: deve avere chiaro tutto e -a fornirle informazioni- non può’ essere che chi è parte in causa, lui Fabrizio. E va all’Ospedale. Senza chiedere a nessuno, sale le scale fino al quarto piano e, nel corridoio c’è un poliziotto solo davanti alla stanza. Secondo la logica, costui è di turno e non ha nulla a che fare coi due dell’altra volta: “sono la sorella…”, e il poliziotto le dice “dieci minuti soltanto”. Lui è sveglio, seduto coi cuscini, lei dice “ciao”, lui risponde allo stesso modo. “Senti, ho poco tempo, desidero aiutarti per quello che posso, prima ti chiedo scusa per quello che ti ho fatto, poi dovresti rispondere alle mie domande…come ti hanno operato intanto. Lui “ me lo hanno ricucito, poi dovranno ricostruire, ma tu cosa vuoi esattamente?” E lei chiarisce che vuole sapere tutto di lui, quante ragazze ha stuprato, se ne conosce i nomi, se ha qualche nascondiglio segreto….Lui la interrompe per dirle di lasciare perdere ché è tutta una pagliacciata, Eva insiste e che se non parla andrà da lui tutti i giorni a porgli le stesse domande. Fabrizio, a testa bassa, la invita a venire il giorno dopo: “ ti metterò tutto per iscritto,grazie.”Lei si alza, il tempo è scaduto lo dice il poliziotto sulla porta, poi si china su di lui e lo bacia sulla bocca: “non ho smesso di amarti stupratore del cazzo, perciò beccati il bacio per adesso.” Va a lezione come tutte le mattine ma è un po’ confusa e con le lacrime agli occhi per quello che gli ha detto col bacio, se ne accorge da come guida con i clacson a tutta dietro. In classe è distratta e non sente che per due volte la professoressa l’ha chiamata. “Chiedo a lei Rossini, ma mi sente?” E lei si inventa, seduta stante, che sta pensando al parente stretto che quella notte è deceduto. Il pomeriggio, in Baires, compera biancheria estiva maschile – t-shirt, boxer, pigiami e pantofole- .Se gli servono altre cose se lo farà dire da lui. E la mattina dopo sale le scale fino al quarto e, ancora cambio della guardia davanti alla stanza. “La sorella, entro?” e il sorriso ruffiano ha il suo effetto “si, ma non molto…se no mi mandano in Sardegna”. Lei ribatte mica male là, lo ringrazia mentre quello dà un’occhiata dentro al borsone di ‘ chez-Luì’. Sta dormendo su un fianco. Lei si avvicina e lo sveglia con un bacio sul naso, questa volta sorride – come sempre da che lo ha conosciuto -dentro ad una barba incolta che, dopo tutto, gli dona assai. “Allora seriale mio, hai fatto i compiti?” mentre gli mette la roba del sacchetto sul letto. Lui esordisce con un “cazzo mi ci voleva”e da sotto il cuscino tira fuori un foglio piegato in quattro. Bè, da non credere…non ci sono nomi o indirizzi ma c’è il volto di lei, uguale sputato, che fa una boccaccia. “Ah, ma allora sei pure scemo….”le viene fuori così spontaneo che lo aggiorna con uno scoppio ti pianto. E lui, udite udite, le prenda la mano, la bacia e mormora “e te ne accorgi solo ora.”Si affaccia il poliziotto, guarda e se ne va: ha visto una ragazza piangere al letto del fratello e forse pensa che piacerebbe anche a lui avere una sorellina come quella. Fabrizio esordisce “ apri bene le orecchie…io prima di te me ne sono fatto un sacco della Cattolica e una sola della Bocconi, stesso trattamento uguale per tutte, solo questa mi ha denunciato, qualcuna ha scritto lettere anonime ai giornali dicendo che si era divertita e dandomi la fama e quell’appellativo che conosci: tutte a casa mia, che altre ville segrete non ne ho.” Eva che ha terminato di frignare, gli chiede il nome della tipa che lo denunciato e lui le dà il nome e il cognome “ la stronza si chiama Grazia Mazzini mi pare...un nome così, non me lo ricordo bene, prossima dottoressa in qualcosa, contenta?” Gli risponde “come una pasqua…già che c’eri perché non ti sei fatto anche qualche bel giovinetto col culo rosa.”Lui dice che era in programma ma che ora dovrà accontentarsi solo di lei. “Senti, ora io quella la cerco e la convinco a ritirare la denuncia, magari lo fa. Gli chiede se gli serve qualcosa che l’indomani glielo avrebbe portato, e lui si “la tua patata rasata a zero”. Eva non sa se ridere o se piangere di nuovo e nel dubbio gli molla un bacio con la lingua che dura cinque minuti buoni. Uscita va in via Scarfatti alla Bocconi e in segreteria chiede di Grazia Mazzini “l’indirizzo di casa magari”e glielo danno compreso il telefono. E la trova, anzi è lei a rispondere e, per farla breve, accetta di incontrarsi da Cova in Monte Napoleone “tra un’ora, va bene?”Certo che va bene ed Eva è già là quando quella arriva, la riconosce da un sacco di cose, dalla faccia antipatica per primo. Ciao,ciao, e mettiamoci qua. “Vengo al sodo: io sono quella che il tipo ha stuprato e glielo ha ‘sgagnato via”- lei conosce la storia divenuta la ‘barzelletta’ tra le ragazze-, ora io non voglio denuncialo come hai fatto tu, ho già avuto la mia vendetta privata, tu vuoi andare fino in fondo?Perché un povero christo come quello non farà più del male a nessuna.”Grazia Mazzini l’ha ascoltata a bocca aperta, si congratula per quello che ha già fatto, dice che quelle che non hanno porto denuncia sono delle sceme, che lei lo vuole vedere in galera, “l’avvocato mi ha assicurato che gli daranno minimo cinque anni.” E quando Eva gli parla di ritirare la denuncia per questo e per quello, lei futura dottoressa di stò cazzo risponde “ma neanche per sogno, deve marcire dentro per quello che mi ha fatto e ha fatto alle altre!” Bene, allora niente da fare, ma le dà lo stesso il suo cellulare e l’e-mail “caso mai cambiassi idea…”perché mezzo convincimento che quella sia lesbo o bisex se l’è fatto e pur di arrivare al suo scopo lei è disposta ecc.ecc. E ci ha beccato. Alle cinque, al cellulare “senti, vediamoci ancora con calma, sei sola a casa?”La riceve in slip e reggipetto e, sul divano -papale,papale- “Eva, mi fai morire dalla voglia, ritiro la denuncia e lo faccio per te che….”Eva non lascia terminare che è bella che nuda a farsi coccolare da quel pezzo di merda di futura dottoressa di un cazzo reciso. E che il suo avvocato lo abbia fatto ne ha la prova, la mattina dopo che, davanti alla stanza dove di un poliziotto nemmeno l’ombra: niente denunce, niente di niente. Entra in camera come l’Aida di Verdi “allora bello mio, la patata rasata se ne è andata per ottenere la tua libertà,”ed Eva si mette a ridere così sguaiatamente davanti ad un Fabrizio allegramente sbigottito che urla “vieni, vieni che ti bacio.”Invece lei gli si butta sopra, lui nudo col coso fasciato e una puzza di capra tibetana. “Facciamo una bella doccia assieme…puoi?” Risponde “boh” e lei va a chiederlo all’infermiera se suo fratello- che puzza da vomitare- può fare la doccia, e quella risponde che può fare tutto eccetto che tentare di stuprare ragazze, almeno per ora. Gli stringe un asciugamano ai fianchi, si denuda anche lei e avvinghiati si lasciano accarezzare dallo spruzzo tiepido che scende ad imbrattarli di vogliose fantasie. E l’orgia di baci, di toccamenti, di malcelata lussuria è pane per i suoi orgasmi infiniti, è dolorosa voglia per lui tapino. E’ mezzogiorno quando Eva va a chiedere al Chirurgo di turno quando potrebbe o può portare a casa il paziente della numero venti. “Quando vuole, signorina, solo che dovrà venire ogni giorno per la medicazione. In camera lo aiuta a vestirsi e, con in mano il foglio della dimissione, salutano a destra e a manca il tripudio di battimani. “Andiamo da te, andiamo da me? Decidi tu, dice lui . “ E allora passeranno in Pinturicchio a prendere due cose, andranno ad una tavola calda per altre due, poi da lei almeno per ora. E la sorpresa, per Eva, è il quadro ad olio bello e finito. “Questo me lo prendo che ora mi appartiene,appeso sopra il letto sarà una bomba, magari ad orologeria, ma sempre una bomba.”Fa caldo, tanto caldo afoso prerogativa della bella Milano. Menomale che lei ha il pinguino- che qualche cosa fa- e un letto quasi a due piazze che al momento di arredare casa se lo sentiva ? Si mettono nudi e girano nudi. Fino a quando le risate di lei per quel coso fasciato, fanno optare lui per i boxer… “Così non ridi più,stronzetta!” Che la stronzetta sia di una carineria adorabile, che faccia sempre tutto per bene, che pensi alla cena per tempo, che faccia programmi a media e a lunga scadenza, e un sacco di altro per lui Fabrizio quasi cavernicolo per vocazione, sono cose belle che nota e apprezza. Ha già fatto la spesa al telefono “prosciutto e melone ti va?”Gli va, come a lei del resto. Ordina roba da far scoppiare il frigo e di conseguenza la pancia dopo: alcoolici poco- solo birra- che teme un risveglio immediato di un Tapino miracolato da qualche madonna incosciente. Al telefono dice a mammina che sabato verrà con un amico, avvisare la domestica di preparare la sua stanza per due, “ a te non spiace vero?” giusto per essere educata che se avesse detto di si….e chi se ne frega. Poi a lui “ se io mi metto nuda con le gambe larghe che si vede la patata fino alle tonsille….per curiosità il tuo affare si rizza o piange e basta?” E siccome lui ai suoi segreti ci tiene, “non te lo dico”e buonanotte suonatori. Allora lei fa la prova e lui educatamente la manda a fare in culo. Salvo poi andare a sdraiarsi sulle sue cosce e cercare di baciarla a tradimento, cosa che non riesce tuttavia, solo per il fatto che al citofono “ qui c’è quello con i viveri”, e lei con l’accappatoio infilato di corsa va ad aprire al ragazzuolo. Le prove tecniche sono quindi solo rimandate. Di nuovo soli, Eva gli si appiccica – in piedi- contro e gli dice cose belle, tipo “bel bambino della mamma, vedrai quante belle cosine lei ti farà…”e gli ‘sgagna’ la lingua per una prova di dentatura. Poi armeggia con i chiodi e voilà il quadro è sul letto “con la cornice sarà un figurone,ma si vede che sono io?” No, non si vede….peccato. Cenano, guardano un film su sky, lei scende alla Vecchia Milano- a due passi- per una vaschetta di gelato alla frutta, poi programmano per il giorno dopo e lui le chiede che prima di andare al Policlinico lui vorrebbe passare da casa sua a prendersi la sua Ferrari – una vecchia Peugeot in verità- e poi in casa cavalletto, colori ecc. , il basso, e qualche altra cosa che gli verrà in mente “perché quando sei all’università io non sto qui a grattarmele e basta” Eva dice “giusto, ma che bravo il mio bambino santo”Poi limonano come due colombi e lei accetta, anzi chiede, i suoi bacini sulla patata e gli sbatte più volte le tette in faccia per un analogo trattamento. E lei che gli fa lei?Quel poco che può per via dei lavori ancora in corso...e il tutto passa poi dal divano al letto e gli orgasmi di Eva sono musica per le orecchie dei vicini...' (continua...anzi proseguirà allorquando sarò "forse" guarito!)


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