Produce quasi un suono il tuo respiro,
un tessuto che proteggi con la voce,
fra la pelle l’abito e una casa,
come fosse una pretesta,
o un segreto bordato di rosso,
il colore dell’uomo. Della sua vita,
al limite del corpo, con un mantra,
prendo in mano il più piccolo dei fili.
Da principio solamente le vocali,
come i lupi;
molto dopo, con l’aria nella gola,
la lettera che spinge con le punte,
che scava l’impronta dove andrà
ad espandersi il tuo nome con samech,
portando l’erezione in pieno-canto,
attorno ad una
i, la consonantica.
I
Tre volte racchiusa nella pelle
in un abito e la casa, testimone,
si accompagna ai mestieri, la tua voce,
la pretesta, bordata di rosso,
colore dell’uomo. E della sua vita
negozia il passaggio una squadra,
"una chiostra fine di perle",
ultimo baluardo, o corona,
nella sacra cripta del palato,
lungo il filo del setto divisorio,
ricongiungendo l’estratto di vermiglio
alla speranza, sull'orlo del battista.
Con un mantra, prima di parlare,
al limite del corpo, e timorosa,
prendo in mano il tuo piccolo respiro.
Da principio solamente le vocali,
come i lupi.
Molto dopo, con l’aria nella gola,
la più vicina a quello grande che conosco-
lo sfregamento del soffio nel canale
la tua lingua che sospinge con la punta
le pareti, in pieno-canto, il lento entrare
pulsando nei condotti, il movimento -
scava l’impronta dove andrà
ad espandersi il tuo nome, con Samech:
la primigenia del tridente, l’energia,
delle pietre sulla stele di Mesha-
portando in seno alla sua vita
l’erezione,
attorno ad una “i” _
la consonantica,
ancella di tutte le vocali,
decomponendo il prisma lo steccato
della tunica di pelle, con la luce.
( Work in progress )