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Esser morti o esser vivi (a P.)

di Emanuele Di Marco
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Pubblicato il 10/05/2008

Scandaloso in vita
come in morte.
Scandaloso trenta e passa anni
dopo la morte.
Il dramma ha un sorriso ironico,
come sempre.
Tu oggi avresti forse un sorriso amaro
ma ironico appunto,
vedendo come nulla è cambiato,
scrutando l’universo orrendo.
Forse serreresti per un attimo la mascella,
gli occhi rabbuiati dietro gli occhiali scuri,
vedendo, senza alcuna sorpresa per carità!,
che nessuno ti ha ancora fatto giustizia
E addirittura rivedresti le stesse facce
dietro gli stessi scranni,
magari un po’ invecchiate ma quelle.
Ciò che avevi affermato con forza allora,
e che ti è costato questa vita,
ti accorgeresti che resta di un’attualità,
davvero troppo sconcertante, intollerabile.
Insomma, dopo aver salutato gli amici,
con uno sguardo dolce e veloce,
decideresti ancora di andartene via,
come facevi, verso l’Africa, l’India o lo Yemen,
lontano da questo paese di sepolcri,
neanche troppo imbiancati.
Del resto lo avevi già detto proprio tu
ormai un po’ di tempo fa:
esser morti o esser vivi,
non è che la stessa cosa.

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