Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)
Un indugio il colore delle sillabe, l’accento è un ritardo, e il culmine, nell’andamento claudicante del respiro; non è la cima dei monti all’orizzonte, o la profondità delle foreste, sono le pagine di un erbario remotissimo, dove ti metti con la lingua, per tacere.
Eppure un suono vibra, flebilmente, mentre porto l’acqua nel torrente in secca, se raccolgo i panni, quando taglio legna, io ti sento, nel silenzio, che disponi i tuoi rami con i fiori, al centro del mondo.
Nessun grande cielo a luccicare sulle colline di sasso, solo un andare tra fango e terriccio, da un sorgente a quell’altra- un ciuffo d’erba grigia, scie di nebbia che sfumano i contorni del mio semplice vestire, rendendo radioso l’odore delle pigne che hai bagnato - le cose si conoscono tra loro si frequentano il fontanile del tuo sentiero, la cerva da un solo fianco mostrando cosa appariva come un velo -
Il te bollente Mentre sorge la luna intiepidisce
Non il suo riflesso quando sfiora le labbra
Tanto da tacere già dentro la parola fra le maglie che si aprono per fremiti riassorbite sulla pelle, così chiara da non potersi trattenere in un pensiero- un semplice barlume lascia il posto al suo riflesso, e nel miracolo salato il cavo d’onda diviene un nuovo pieno- Madremia,
ho rispettato il giuramento da soli cinque giorni, sul focolare il minimo colpo farebbe cadere i ceppi, e le braci conserverebbero ancora la forma che ti ho promesso, cadendo, e in più la luce. Domani sei nata e il tormento si placa di colpo, come sotto il tiglio, quando ci respirava e si accostava a noi, per un lungo momento, aiutando i nostri fiori a schiudersi, indicando il sentiero possibile dei caprioli, il rifugio, la dimora dei girasoli per la raccolta dei semi. La speranza. Non è certo la morte ora a impedirci di credere all’eternità di ogni minima cosa, al suo nome - io credo- a ogni luogo dai mesi bellissimi, ai bambini qua e là, donne e fiumesse che si scambiano ricordi di albere e poesie improvvisate, con lacrime raccolte nel tutto della gioia, ad ogni tornante delle nostre braccia-
Da ogni fiore la promessa del frutto L’ultima brina
Lo spostamento immenso del freddo è questa onda che s’inarca da cinque anni fino al semplice tratto di schiuma, in migliaia di vite, stanotte, la nostra lingua,
la veduta di alberate ed un vapore annidato nella foschia che si disperde. Se oggi dico “ mi ami” e rispondi “ anche tu” , sbucano i verbi come la vita stessa se ripeto saltimbraccio, per amarti più veloce, magento, nel sorriso del tuo nome, senza aggiungere altro, Silvana.
Il te scaldato e il fuoco tutta notte Quante le veglie
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