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Il salmo della neve

di Amina Narimi
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Pubblicato il 06/02/2018 22:12:32

 

                                                                                       - Le prime luci

                                                                                                         Il salmo della neve

                                                                                                         Per stupirsene -

 

E tu? Annoti ancora i moti delle lune?
Gli scatti della luce, quando va sugli alberi?
Ti chiedi appena sveglio come fanno 
a sollevare ogni frutto sulle cime?
C’è chi semina i fiori delle felci-


questo mi rispondi e non ti fermi
dal centro del tuo cuore fino al limite-
anche l’ossigeno esfolia tutto il ferro 
portandolo alle briciole, come sa una lama, 
ma quando incontra l’idrogeno che ama...


tu, come una sposa, tu ti bagni
come una sposa che va al suo matrimonio
- qualcuno è infelice perché mescola, nient’altro
ottenendo, solamente soluzioni,
senza legare gli elementi in uno nuovo -
con l’acquabuona che nasce. Fra le gambe

 

da quel momento cominciò a vibrare
la tua membrana tesa cielo a cielo,
facendosi piccola e dopo dilatata,
con il ritmo che diede vita a una danza.

-Dov’era l’aria, che cosa ti avvolgeva 
se respiravi senza alcun respiro?
Chi ti proteggeva? Era di notte?-
Un oceano celeste, tutte le membrane
confuse alle stringhe tinte di oro rosso.-

 

Era l'ardore profondo a brillare,
il germinale bambino di luce,
che offriva calore al suono universo 
formando l’impronta indelebile e chiara
da così lontano, per poi ritirarsi 
in quel punto, il più piccolo, da equivalere
al massimo grado di ogni estensione.?
Così nacque il fuoco, da questo calore
e, dopo, la luce, che adesso mangiamo?
Con una parola un’onda una voce,
così è dei colori di tutte le piume 
che sono ancora rinchiusi nell’uovo,
nel corpo nero di un arcobaleno-

le gocce i globuli i punti, una perla,

la nube squarciata da quella luce,
la tua fornace in perfetto equilibrio
si è dilatata andando all’amore,
che ancora viaggia nel suono più antico,
portando i semi dai primi nidi
in cui l’universo ha preso a riunirsi.

 

E' questa danza che schiaccia l’oblio,
il suono che resta della tua voce
che definisce la forma alle cose 
riportandole insieme dentro l'origine
di quelle stringhe confuse alle brane 
fino al pulviscolo dentro la gola

e dentro la pioggia -tutta indistinta-

un’ombra soltanto, se può proiettarsi
sopra le mani, che stendo, bianchissima,
un residuo speciale, come gli anfratti
della mia casa, che un lume soltanto
può rischiarare, se sono vicini
a quella tenue fonte di luce, 
fino al confondersi delle falene-

 

per ritornare alla vita assoluta

al principio silente, a vibrare di nuovo 
nell’hara del mantra, al fondo di un amen

 

nella dolcezza del suono immortale
delle due curve dell’ Oṁ che sorreggono
il bindu riunito in un unico punto
su di un velario, ostenso, per sempre.

 


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