Luigino, sessantott’anni, è morto ammazzato
strozzato da un decreto «salva-banche» inventato da uno Stato
vittima, sempre interessata, del timore di sanzioni stabilite dall’UE con ordinanza
e menefreghista, invece, se le sanzioni arrivano da anni sull’assenza del reddito di cittadinanza,
uno Stato camorrista che si scaraventa al salvataggio delle banche
e ai cittadini non resta che sperar nell’intervento del gruppo Malebranche,
nelle Malebolge del sistema creditizio italiano, come nel caso della Banca Etruria,
130.000 cretini a salvar la banca, e, in nove o dieci, a spartir fette d’anguria.
Dipendente dell’Enel, Luigino, mica alto dirigente di una holding consociata,
vacci tu a capir la differenza tra una obbligazione ordinaria e una subordinata,
che se uno, a sua insaputa, risponde dei debiti di una grande azienda di capitali,
almeno dovrebbe aver diritto, una volta l’anno, di farsi un brunch in Ferrari,
la Ferrari, o la Jaguar, dell’amministratore delegato esperto di raggiri
che, laddove fosse stato Nippon avremmo tramutato una impiccagione in harakiri,
siccome il manager è europeo o americano ha scambiato la vergogna col coraggio
il coraggio di continuare, sotto nuovo nome, a collezionar medaglie di frodi ed agiottaggio.
Luigino è morto con la corda al collo
come i milioni di disgraziati destinati al macello,
con un click da un bunker di Berlino o di Londra il super-capitale
cancella una vita intera trasformando il consumatore in un maiale,
non si butta via niente, del consumatore, si butta via il consumatore consumato
nel Califfato, almeno, all’occidentale occorrono tre minuti ad essere sgozzato,
non sessantott’anni, dilaniato dall’alternanza tra bail-out o bail-in, tipo slot-machines,
tel disi mi, bilòtt, inn tücc bàll avrebbe sentenziato, con aria seria, mia nonna Ines.
[Cherchez la troika, 2016]
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