Signora Pernice aveva un padre una madre una vecchia zia
con denti d’avorio a centocinquant’anni suonati
e gestiva pavimenti di marmo tirati a lucido,
lasciando che la luce dell’alba solleticasse appena
l’arredo di mobili in noce con fiori finti e tiretti sigillati
da blocchi di ricevute e concessioni edilizie e testamentarie.
Signora Pernice soppesava ogni parola e non sapeva
quello che diceva e tuttavia lo diceva con eleganza inoppugnabile quando
le mareee si agitavano oltre le nere cime delle case svettanti
e un vento tetro presagiva i capricci dell’ostro;
Signora Pernice andava a messa tutte le domeniche e leggeva
il libricino delle orazioni sempre dallo stesso verso
e strappava con acredine spazio alla vicina
che sorseggiava appena parole,
avvolta nel calice rovesciato
del suo cappotto di feltro marrone.
Nessun lamento.
O inflessione
Quando il marmo della casa si aprì,
e l’inghiottì.
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