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Frammento - di e con Marco Colonna e Natasha Daunizeau

Argomento: Teatro

Articolo di Gio-Ma 

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Pubblicato il 26/01/2016 08:17:22

“FRAMMENTO” al 28DiVino Jazz – 24/25Gennaio 2016 di e con Marco Colonna (clarinetti) e Natasha Daunizeau (voce-recitante).

 

La sera è quella della ‘prima’, vi assisto incuriosito di poter trovare in un ‘recitativo in musica’ una qualche originalità, forse solo perché è un genere che non ha avuto il tempo di logorarsi in quanto ha goduto di vita breve, in ragione di non aver mai davvero riempito gli spazi e i tempi propri del teatro, essendo un genere più adatto ai salotti della ‘bonne societé’ aulica e colta, con la puzza sotto al naso, che oggi, giustamente, non ha più ragione d’essere. Un genere quindi scomparso dalla scena pubblica da parecchio tempo, che solo in tempi più recenti ha fatto una qualche sporadica apparizione grazie al ridimensionamento degli spazi teatrali e comunque per la rilevante scarsa affluenza di pubblico ormai disinteressato a qualunque cosa.

Trattasi pur sempre di un pubblico comunque avaro di eccitabilità, che rigetta le lungaggini di testi polverosi che hanno fatto il loro tempo, per rivolgersi a spettacoli più diretti che, a una obsoleta macchinazione teatrale preferiscono la dinamicità degli intenti, ai dialoghi concettuosi la ‘liquidità’ di contenuti che più si adattano al rinnovato temperamento di ‘consumatori della scena’, in cui le immagini in movimento e il freddo nichilismo la fanno da padroni. L’ambientazione è per l’appunto quella sopra delineata, la cantina-pub-ritrovo è il 28DiVinoJazz nascosta in una via secondaria della sterminata ed eterna Roma che, proprio in ragione di questa sua immensità riesce ad occultare non poche e pregevoli sorprese a chi è alla ricerca di ‘autenticità’.

E che sia in fatto di musica, sia di intrattenimento culturale, la ‘vinerie’ al 21 di Via Mirandola benché distante dal centro della movida cittadina, non viene dopo nessun’altra. I due owner, Natacha Daunizeau e il suo compagno Marc Reynaud che animano con passione e abnegazione il Jazz Club più amato d’Italia, come risulta dalla classifica Jazzit Award, al tempo stesso entrambi invischiati nella musica e nel teatro, ben sanno il fatto loro e accolgono ogni singolo avventore con il calore che solitamente si riserva agli ‘amici’. L’ambiente è angusto (per questo si richiede la prenotazione) ma ospitale; la scenografia essenziale presenta un drappo nero a simulare il buio, un tronco d’albero spoglio dove appendere un lume, e una luna piena ‘quella degli innamorati e dei disperati’ che aspettano la notte ... e che puntualmente arriva all’ora stabilita, con l’abbassarsi delle luci.

‘Lei' nelle vestei di aviatrice, arriva attraverso il parco (dei tavolini e degli avventori) con un lume in mano e una sacca in spalla, guarda davanti a sé e incomincia a camminare, quindi affretta il passo correndo in cerca di una meta che non c’è, che non ha ragione d’essere, dando così inizio al racconto … ‘come dentro una bolla’ - dirà. No, è solo un ‘frammento’ di vita, l’esplosione di uno specchio andato in frantumi nella fatica di emergere nel marasma della globalizzazione, in cui ogni piccolo pezzo riflette una parte di sé, una ‘realtà’ propria, autentica, vissuta fin nella trama del tessuto che ne ricopre il corpo. ‘Lei’, donna, amante, madre, ancor prima è femmina, per quella sorta di divinità che tutta la investe e la stravolge nel momento in cui è partecipe della ‘creazione’, nell’illusoria ‘verità’ del testo scabro quanto essenziale, paragonabile alla figura stessa dell’interprete, lascia basiti, immobilizza, perché scava profondamente in ciò che non si è mai voluto affrontare della insostenibilità dell’essere.

Per quanto avvolta della sua ansietà di vivere ‘Lei’, abbandonati i panni di chi s’era organizzata per un lungo ‘viaggio senza fine’, si spoglia, fa il suo ingresso in società, per poi, spaventata, riprendere la corsa, quella che era ed è una fuga dalla realtà, per ritrovarsi infine sulla strada, a piedi nudi, insieme a tutti noi … che prendiamo a correre insieme a 'Lei'. Per andare dove? Per raggiungere chi? Per appropriarci di cosa? – sembra chiedersi e chiederci l’autore Marco Colonna. ‘Lei’ sa, ognuno di noi lo sa, stiamo fuggendo verso un domani che non ha fine.

 

Marco Colonna, jazzista, pluristrumentista, arrangiatore, compositore, è l’autore di questo testo travolgente che la bravissima Natasha Daunizeau, credibilissima nella parte di ‘Lei’, ha recitato con pieno senso della scansione vocale e gestuale, in cui la musica ‘concerta con la parola e diventa parola essa stessa’, dando luogo a quella formula alchemica che è all’origine del ‘teatro totale’, di quel fare teatro che ben conoscevano i greci, allorché fondarono l’istituzione dell’intrattenimento corale, appunto del ‘recitativo in musica’ che qui, intuitivamente, si vuole riscoprire. Già dagli accordi iniziali improntati al clarinetto era intuibile ciò che l’autore aveva intenzionalmente preparato per l’occasione, il suono fuoriusciva ‘neutro’ dallo strumento, asciutto ma non scarno, essenziale, avulso da qualsiasi scala musicale da sembrare quasi primitivo, tuttavia con una gamma di toni e suoni atipici da riempire tutto lo spazio attorno, i vuoti e le pause, l’andamento ora lento ora più concitato del testo.

Quello che è seguito è inimmaginabile, Marco Colonna ha rivelato tutto il suo essere egli stesso ‘musica’: l’insieme degli strumenti a fiato e seconda voce recitante, un connubio tangibile, clamoroso di effetti che si rincorrono, ora anticipando l’affanno di ‘Lei’ nella corsa fin quando, placatasi, le fornisce il suono lungo della riflessione dell’andatura piana e del riposo nella sosta. La chiave di tutto questo è indubbiamente il Jazz, per il suo rincorrersi dei suoni, gli allacci verbali, l’uso lirico delle note lunghe, dei fiati trattenuti, delle pause. Un uso creativo magistralmente dei fiati nel jazz che Marco Colonna ha promesso di rivelarmi, seppure fosse lo svelare di un segreto nel corso di un’intervista prossima che non mancherò di pubblicare sulla rivista che mi ospita – larecherche.it – e che, di volta in volta mi offre lo spunto per ripercorrere tutte le strade possibili della musica e della poesia.

Di per sé, è forse già questo il segreto che vorrei Marco Colonna mi svelasse e sul quale intendo soffermarmi, e che a mio avviso è intrinseco di quella stessa poesia che si è rivelata essere la cifra eleggibile del suo testo e della sua musica; quell’amore sconfessato per la donna in tutte le sue metamorfosi simbiotiche, l’essere la donna paritaria alla musica, in quanto contenitore di tutto ciò che ne concerne. Quella musica che nella mitologia popolare pur nasce dal ventre femminile, e che egli sembra vivere in sé con enfasi primordiale, estrapolandone i suoni più angusti, quasi un preludio al cambiare delle stagioni: dall’annuncio della primavera al susseguirsi delle altre stagioni, fino all’arrivo dell’inverno, l’ultima, estrema … ‘..di nostra morte corporale’.

 

MARCO COLONNA, clarinetti & sax baritono, è uso a una musica d'impatto, la sua tecnica trascende le possibilità espressive dello strumento stesso. Non ci sono per lui limitazioni di estensione e il clarinetto arriva a raggiungere le vette più alte e anche i fondali più profondi dell'universo sonoro, esplorando ogni paesaggio intermedio con assoluta considerazione. Più semplicemente egli non suona uno strumento, ma gli dà vita, diventa la sua stessa voce, capace di trascinare ogni assonanza nel vortice di energia libera. Una tecnica straordinaria che gli permette di svolgere percorsi idiomatici in un continuo alternarsi tra linee melodiche e bassi ostinati, ritmi sincopati e cluster potentissimi. È capace di passare da un tempo ad un altro e di alternare controtempi con una facilità assoluta e, quando si lascia trascinare dal vortice sonoro, corre via in fuga ed è difficile da domare, prendendo a piene mani nel Blues etnico fino al jazz doc. Al dunque, superate tutte le fasi connettive con il passato, oggi Marco Colonna è leader del gruppo MC3 con Fabio Sartori hammond e Claudio Sbrolli percussioni, e con il quale è proiettato alla ricerca di una progettualità nuova quanto interessante pur sempre restando nell’ambito del free-jazz sempre attuale. Ambito in cui, per ovvie ragioni, non può non fare i conti con un altro grandissimo dello strumento che, per attitudine e poetica, è a lui molto vicino: Hamiet Bluiett. I cultori del Jazz sanno perfettamente di chi si sta parlando. Tra i suoi ultimi lavori, Self Produced Projects: ‘(In)Obedience’ (2014) ‘Our Ground’ (2015) ‘Live in Padova’ (2015)

 

NATASHA DAUNIZEAU, attrice, regista, doppiatrice, ballerina, vince una Borsa di Studio per due anni e si forma al metodo Stanislawsky con la maestra Vera Goreva del Teatro d’Arte di Mosca. Diplomatasi insegnante di danza presso l’ I.P.A.C. Istituto Pedagogico d’Arti Coreografiche di Parigi, accede al C.R.E.P.S. di Voiron in Francia, e successivamente all’E.C.A.T. per la formazione intensiva professionale dell’attore, Scuola e Centro d’Arte Teatrale. Nello stesso tempo organizza ‘seminari’ diversi per la formazione professionale di professionisti con M. Ticova e presso il Charpentier Art Studio a Parigi. Suoi gli adattamenti e la regia di “La malattia della morte” di Marguerite Duras, e “Trio in si-bemolle” di Erich Rommer portati in scena a Roma. Nonché di “Frammento” di e con Marco Colonna, che torna in scena questa sera al 28DiVino Jazz, mentre ci si adopera per portarlo anche in altri spazi consoni ad accogliere quest’opera musico-teatrale che si può ben definire una novità assoluta per originalità d’intenti.

 

Produzione Marc Reynaud, 28Divino Jazz - Via Mirandola, 21 - 00182 Roma www.28divino.com – 340.8249718 dopo le 16.00.


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