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?A latrina

di Catello Nastro
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Pubblicato il 12/08/2010 02:23:06

S. Martino Cilento
DIPLOMA DI MERITO A CATELLO NASTRO

Domenica 8 agosto 2010, nel salone dell’Associazione Pro Loco di S. Martino Cilento, una graziosa frazione del comune di Laureana, si è svolta la cerimonia di premiazione dei vincitori e dei segnalati alla VIII° edizione del Premio di Poesia S. Martino “ VERSI TRA LE STELLE”. Una pergamena “Diploma di merito”, per la sezione vernacolo, è stata assegnata al poeta Catello Nastro, napoletano di origine ma cilentano di adozione. Pur avendo soggiornato per quindici anni in Piemonte non ha mai voluto scrivere in tale dialetto, mentre si è cimentato, in vari concorsi e su varie pubblicazioni, in dialetto napoletano ed anche cilentano. Il suo ultimo libro (Catello Nastro – “Poesie cilentane” - edito dalla “Libera Università Internazionale di Arte, Lettere, Musica e Storia”, onlus, del Cilento e Vallo di Diano) si è classificato al primo posto nella sezione vernacolo all’ultimo Premio Letterario di Eboli “Il Saggio”. Questa la poesia alla quale è stata assegnato il Diploma di merito.

*****

‘A LATRINA

‘Na sera ‘e maggio,
arreta ‘a ‘na chiazza,
rint’à ‘na latrina,
se mettetteno a ‘ngiucià
nu’ stuppulo ‘e cesso e ‘na mappina.

Essa se ne steva stennecchiata
annanze ‘a turca
crianno ‘na zona ben protetta
p’acchiappà tutte ‘e pingule
scutrullate ra’ vrachetta.

Isso, ‘o cuntrario,
pe’ nun fa’ asci’ ‘a puzza
‘a intò pertuso
co’ stuppulo arravugliato
‘o teneva sempe ‘nghiuso.

Ca’ capa ‘mbuzumata,
‘ngoppa ‘a ‘na mazza ‘e scopa,
sta’ attiento ca’ ‘ int’ò cesso nun se perde,
delizzia pe’ chi nun ‘ accatarrato,
l’aroma ca’ fummecheja ‘a ‘ngoppa ‘a mmerda.

Cumm’à nu’ pascià,
co’ turbando ‘ngapo,
se ne steva llà sempe cuntento
aspettanno a quarche cacasotto
ca’ veneva a incrementà ‘a samenta.

E quanno arrivava quarche vicchiariello,
ca’ panza ca’ vulleva e spiritianno,
ca’ s’era strafucato ‘na zuppa re fasuli,
ca’ musica ch’asceva ‘a rint’ò mazzo,
pareva ca’ nun steveno maje suli.

Ma propio pecchè rint’à ‘ l’ufficio
tenevano dduje impieghi ben diversi,
nunn’arrivava mai ll’ora,
ca’ sfrecannese nu’ pucurillo tutt’è dduje,
putevano almeno sentì addora.

E fu ropp’a mezanotta,
ca’ luna ‘ngielo tutta ‘a schiarava,
ca’ ‘o stuppulo, approfittanno
d’a mancanza di clienti,
se schiaffaje ‘ngoppa ‘a mappina con affanno.

E mentre st’ammore unto e surunto,
rint’à chiavaca se stava cunzumanno,
lei disse “l’amor mio non si perda!!!”,
lui le rispose: “ Turnammo al lavoro,
ca’ sta’ arrivanno n’atu strunz’ ‘e mmerda!!!”

Catello Nastro

*****

TRADUZIONE

Una sera di maggio, in un luogo appartato di una piazza, all’interno di un gabinetto pubblico, si misero a chiacchierare un tappo fatto di stoffa arrotolata e legata alla punta di un bastone di legno, ed uno strofinaccio unto e consunto che serviva da tappeto. Lo strofinaccio se ne stava davanti all’ingresso del gabinetto per ricevere tutti i residui di orina che scappavano ai vecchietti. Lo straccio arrotolato alla cima di un bastone, invece, faceva da tappo perché allora non esistevano i sifoni. Egli si sentiva quasi un pascià col turbante in testa in attesa di qualcuno che se la stava facendo sotto. E quando arrivava qualche vecchietto che aveva mangiato una zuppa di fagioli, con le scoregge che faceva, procurava per essi una musica celestiale. Ma poiché avevano due ruoli diversi ( la mappina e lo stuppolo) difficilmente potevano trovare un momento per abbracciarsi e fare l’amore. Fu dopo mezzanotte che egli approfittando della mancanza di clienti si buttò sulla compagna per abbracciarla. Ma fu proprio in quel momento che arrivò un altro cliente che interruppe il loro amore che si doveva pur consumare in un ambiente così…pulito e perbene.

*****

UN PO’ DI STORIA

Nella Napoli della “Belle Epoque” e del Liberty ( siamo agli inizi del ‘900) ci fu un rifiorire di poesia e musica. Sotto la Galleria Umberto I° e nei vari salotti letterari della città partenopea,si ebbe un grande sviluppo della poesia e della musica. “La poesia erotica napoletana” fu addirittura vietata dalla legge, con una censura molto severa. La poesia pubblicata e segnalata al Premio Letterario di S.Martino Cilento, avrebbe senza dubbio procurato all’autore, all’editore e al direttore del giornale o della rivista ospitante, una denunzia. Far rivivere la poesia erotica napoletana è l’intento dell’autore, Catello Nastro, nato a Castellammare di Stabia, a quattro passi da Napoli, città che diede pure i natali al grande Raffaele Viviani, che ha composto addirittura una biografia in versi napoletani, sotto forma di satira fantastica, che verrà pubblicata fra non molto col titolo di “Il grande Catello”. In questo genere di composizione letteraria, il lettore bigotto potrebbe addirittura rinvenire una forma di volgarità. Certamente questo genere non è molto diffuso, ma basta assistere al moderno cabaret oppure a spettacoli televisivi, anche in orario di grossa “audience”, per trovare un linguaggio volgare ed allusivo. Ma il lettore attento ed oculato deve fare una grossa differenza tra il linguaggio volgare e triviale ed il linguaggio grasso che pur rappresenta una piccola fetta della poesia napoletana inizi ‘900. Andando a ritroso nel tempo, se accettiamo, nel ‘300, il linguaggio di Dante, dobbiamo accettare per forza anche quello del Boccaccio che pur presentava l’altra faccia del secolo che si evolveva e portava al Rinascimento. Ricordiamo ai lettore che già alcuni anni fa una poesia similare che narrava l’amore tra un babà ed una sfogliatella, esposti in una vetrina di una pasticceria in Piazza Garibaldi a Napoli, procurò a Catello Nastro un meritato riconoscimento all’ombra dei Templi di Paestum, al Premio Letterario Poseidonia-Paestum. Egli si impone nel panorama letterario del Cilento, della Campania e dell’Italia meridionale, come un autore alternativo tra tanti che parlano di cose serie, a tratti drammatiche, trite e ritrite, sottoponendole al pubblico dei lettori come ricerche o studi. Oggi l’amore è cambiato, anche la poesia dell’amore è cambiata. Un ritorno al passato potrebbe essere utile anche come un raffronto con un secolo fa. In questo si cercare anche un messaggio sociale, culturale e perché no, anche educativo.

Renato Volpi





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