Pubblicato il 20/06/2021 19:48:59
IL VIOLONCELLISTA
Il salone andava riempendosi piano piano. I partecipanti, immersi nel solito chiacchiericcio indistinto, si distribuivano a crocchi tra il fulgore rosso delle poltrone che accendevano la boiserie in faggio chiaro delle pareti. I tempi di attesa sembravano lunghi. Finalmente il violoncellista, reggendo con una mano lo strumento, fece ingresso da una porta laterale, seguito da una lunga fila di tecnici e autorità, e percorse il camminamento segmentato dai faretti che costeggiava l’area delle poltrone. Subito si levò un applauso tra il pubblico convenuto nell’edificio in cui spesso si svolgevano gli spettacoli. Lui procedette diritto verso il palco. Salì i pochi gradini e raggiunse lo sgabello dietro il microfono collocato al centro delle tavole. Prima di sedersi, accennò a un inchino. Il pubblico rispose con un altro applauso. Il presentatore si produsse negli onori riservati al nome noto : “Abbiamo il piacere di avere qui stasera…”, “I critici hanno appuntato l’attenzione sugli aspetti performanti…”, “Un artista conosciuto anche all’estero che la nostra città si compiace di ospitare…”. Si fece infine silenzio. Il violoncellista esordì con una sua composizione. In sala gli estimatori colsero subito il prorompere degli accordi, i virtuosismi dello strumento. Poi, fu introdotto il quintetto d’archi per i brani di Purcell e di Stravinskij, opportunamente riscritti dal compositore. Seguì la Suite numero 6 in re maggiore di Bach. La potenza della musica di Bach , dispiegata dalle sonorità delle note, spinse le emozioni all’acme. Il pubblico si mostrò molto coinvolto. Quindi l’ensemble propose una sinfonia di Bellini. Il violoncellista pensò alla sua terra d’origine. Al maestro di Palermo che aveva curato i suoi primi passi, al bisogno che aveva di trascrivere, comporre e diffondere la musica; alla strada compiuta, alle esibizioni nelle diverse città europee. Il programma prevedeva anche l’esecuzione di un brano di Padre Komitas, armeno, intitolato “Krunk”. Far conoscere la musica di un popolo perseguitato, ignorata dai più, era un obiettivo del compositore. Il flusso di quelle note si traduceva in una struggente preghiera. Il violoncellista pensava a come la musica riusciva a rappresentare la realtà dei paesi martoriati dalla guerra e a ciò che col suo strumento poteva suscitare. Sapeva suonare il violoncello forse come nessun altro. Concluse con un brano ideato anni prima in occasione di un delitto di mafia. Per amplificare il suono e direzionarlo nelle vene degli spettatori, sfregò le corde con un appendiabiti al posto dell’archetto. I presenti impazzirono di gioia. A concerto ultimato, si curò di esprimere pubblicamente le proprie intenzioni, sottolineando come la musica avesse anche il compito di accompagnare gli eventi dolorosi e di farsi interprete dei problemi sociali.
Nel foyer, in mezzo ai virtuosi, si sentì inaspettatamente chiamare da una coppia di sessantenni: -Giova’, complimenti…- disse lui. - Ci conosciamo?- chiese il violoncellista interrogativo. -Andavamo a staccare le cozze dagli scogli di Mondello- rispose con un fil di voce quello che doveva essere un coetaneo - tu avevi un coltellino ricurvo, io usavo le dita. Era passato davvero troppo tempo. -Sì, ricordo...- fece il musicista e intuì qualcosa nel sorriso triste della moglie. -Mi hai rallegrato la serata e i giorni a venire per il tempo che mi rimane. Ti devo ringraziare. Sai...mi sono trasferito in questa città del nord per curarmi e sono contento di aver assistito alla tua performance, al tuo successo. Il violoncellista guardò il naso arcuato, il profilo inconfondibile del suo vecchio compagno di scuola . Lo colpiva il suo fare rassegnato e, per un attimo, pensò al paradiso perduto dell’infanzia e ai colpi ineluttabili del destino. Istintivamente misurò come la ruota aveva disposto: per lui, fortuna, capacità e realizzazione, per l’altro vita modesta e poi sofferenza. Provo’ un vago imbarazzo. Gli strinse la mano con fare mesto, gli regalò le pieghe consapevoli del viso. Non sapeva che altro fare. Non poteva fare niente ma non voleva far finta di niente. Tuttavia, riusciva soltanto a interrogarsi sul senso dell’incontro con l’ ex compagno di scuola che emergeva improvviso dal buio fitto, forse colpevole, della dimenticanza.
« indietro |
stampa |
invia ad un amico »
# 0 commenti: Leggi |
Commenta » |
commenta con il testo a fronte »
I testi, le immagini o i video pubblicati in questa pagina, laddove non facciano parte dei contenuti o del layout grafico gestiti direttamente da LaRecherche.it, sono da considerarsi pubblicati direttamente dall'autore Teresa Cassani, dunque senza un filtro diretto della Redazione, che comunque esercita un controllo, ma qualcosa può sfuggire, pertanto, qualora si ravvisassero attribuzioni non corrette di Opere o violazioni del diritto d'autore si invita a contattare direttamente la Redazione a questa e-mail: redazione@larecherche.it, indicando chiaramente la questione e riportando il collegamento a questa medesima pagina. Si ringrazia per la collaborazione.
|