Alle porte di una campagna, rimaneva incastonato, un grande segreto impresso negli anni e lasciato lì come dono verso valorose persone che avrebbero posto nel futuro il rispetto, l’amore e l’accoglienza. Quella parte metallica, ricamata ed intagliata, segnava in quegli anelli ricreatisi negli anni, una luce di forza avvolta e quasi completamente ricoperta da un legno forgiato nella sua crescita naturale.
Linfa era una giovane ragazza quando decise di porre su un ramo di ulivo, un ferro di cavallo con particolari incisioni, ritrovato poco distante. I famigliari avevano sempre considerato il ferro di cavallo simbolo di forza e protezione e decise di conservarlo all’ingresso della tenuta e incastonarlo in segno di presenza e luminosità nell’ulivo simbolo di futura rigenerazione.
Linfa passò la sua gioventù in piena serenità tra studi, sport e passeggiate nella natura. Amava colori e profumi, passava ore nell’osservare fioriture e i paesaggi mutevoli delle stagioni. Aveva acquisito negli anni una grande conoscenza su colture e alberi da frutta e seguiva la lavorazione delle olive e dell’olio ricavato. Era appassionata di astrologia e segnava il tempo e le fioriture analizzando momenti di prosperità o decadenza.
L’ulivo aveva negli anni mutato il suo aspetto divenendo rigoglioso nella sua chioma. Crescendo sembrava quasi regalare colori nei piccoli granelli fioriti, una polvere giallastra che imbiancava nell’abbondanza e solennità, le distese e i valichi, donando rigogliosi frutti e splendenti aromatizzati olii. Linfa era soddisfatta dei risultati raggiunti e decise di creare un’impresa con metodiche antiche di macinazione in pietra. Aveva trovato nella vallata poco distante una grande macina in pietra di un biancore marmoreo. Posta alle spalle in quella longitudine, riusciva a vedere la sua tenuta e osservando tale bellezza, notò un giorno, un particolare veramente strano. Vicino al cancello oramai sormontato dal verde degli ulivi, una luce diversa sembrava risalire verso il cielo e creare un semicerchio. Rimase lì appoggiata in quelle pietre fino al calare del sole incollata con la testa all’insù. Non capiva da cosa potesse nascere quella luce, da un tramonto infuocato comparve una scritta nel cielo che riportava la forma del ferro di cavallo. Era difficile riuscire a leggere bene da quella distanza perché oramai la notte stava calando.
Si incamminò verso il fondo valle per ritornare a casa, un vento sembrava accarezzare nel suo frizzante gelo, il viso e le mani e accompagnare il suo rientro. Era diventato tardi, decise di rimandare a domani la soluzione di quel mistero, la notte era nella parte più oscura che rendeva difficile orientarsi. I pensieri legati a quella visione non portarono un buon riposo e nel girarsi e rigirarsi nel letto, le ore scandirono la curiosità che attendeva il nuovo giorno.
Le prime ore del mattino schiarirono la stanza dal buio lasciato dal passaggio del vecchio giorno, donando nelle fessure delle persiane lasciate socchiuse, un nuovo respiro che attendeva una nuova giornata e preannunciava limpidezza e solarità nei raggi ancora bassi. Linfa si incamminò fuori nel piazzale ancora scompigliata dal risveglio con indosso le vesti della notte. Le piaceva il respiro del mattino nella sua frizzante armonia e il cinguettio dell’allegra rinascita. Pose la mano verso quel ferro che aveva adagiato tanti anni fa e con grande fatica riuscì a prenderlo. Oramai sembrava inglobato nella crescita dell’albero. Lo prese in mano e lo osservò rimanendo colpita dalla scritta che molti anni fa non aveva letto o forse neanche visto:
‘La chiave e qui posta per la nostra dimora della luce’. Linfa era sorpresa e non ne comprendeva il significato. Vagò poco distante e quasi inciampò su una lastra in parte di vetro e in parte metallica che non aveva mai attirato l’attenzione. Posti in superfice c’erano due fori e si rese conto che proprio da lì fuoriusciva luce che rifletteva verso l’alto. Prese il ferro di cavallo e lo incastonò a testa in giù verso le due fessure e subito dopo come d’incanto senti un click come se si fosse azionato in automatico un marchingegno meccanico. La botola si aprì e fu visibile una scala che portava verso il basso. Linfa era indecisa sul da fare, era sola e non sapeva cosa avrebbe trovato scendendo. Prese un gran respiro e decise di scendere.
Si presentò ai suoi occhi un nuovo universo, sormontato da mari e cieli incastonati nel ghiaccio. Uomini e donne vivevano in una dimensione parallela di luce e tranquillità con costruzioni geometricamente perfette che riflettevano luminosità lunare e ricreavano con i loro materiali produzione energetica propria. Si avvicinò per entrare in contatto con queste genti ma si rese conto che quei pannelli che lei riusciva a toccare erano solo schermi o riproduzioni di un qualcosa che andava oltre il suo immaginario o la sua comprensione. Solo una cosa le rimase impressa ed era la pace di una vita lontana dalla distruzione o dalla negatività. Prese una decisione, salì quelle scale e richiuse la botola ponendo quel ferro impresso nella natura.
Chissà se nel tempo e nella luce tra giorno e notte Linfa avrebbe mai svelato il suo segreto. Decise di porre nella natura la sua luce e il suo nutrimento come dono alla terra e alle sue meraviglie, non incastonate in un vetro di protezione ma libere ed aperte a tutti nella scelta delle proprie azioni.
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