C’era un tempo in cui la “Casa della penna d’oro” si presentava come un elegante rifugio per amanti della scrittura e della poesia. Chi vi entrava si aspettava scambi culturali sinceri, confronto costruttivo, crescita reciproca. Ma, dietro la facciata di raffinatezza, serpeggiavano gelosie brucianti, rivalità sottili e un’insofferenza latente per chi possedeva un talento autentico.
Gli scontri erano all’ordine del giorno. Bastava un verso ben riuscito o un commento troppo penetrante per scatenare occhiate virtuali cariche di fastidio. Gli elogi pubblici, quando arrivavano, erano spesso parole zuccherate che nascondevano un cuore acido. E nessuno sapeva dosare il veleno meglio di quattro utenti sempre presenti: un piccolo sodalizio di penne mediocri, affiatato solo nel lodarsi a vicenda e nel sostenere chi, come loro, non rappresentava una minaccia.
Il loro vero divertimento non era scrivere, ma demolire chi scriveva meglio. Bastava che qualcuno, soprattutto se poeta, riuscisse a emozionare con i propri versi, e partiva la loro offensiva: accuse di compiacenza, sospetti di “lecchinaggio”, insinuazioni costruite con la precisione di un pettegolezzo da cortile. Il tutto mentre, nei messaggi privati, si scambiavano complimenti e strategie, esaltandosi a vicenda per qualità che nessuno di loro possedeva davvero.
- “Bisogna farlo scendere dal piedistallo, subito.”
- “Ho già lasciato un commento… velato, ma credo capirà il messaggio.”
- “Meglio se cominciamo tutti insieme: critiche sottili, così sembreranno spontanee.”
- “E il webmaster?”
- “Ci penso io. Gli dirò che c’è aria di favoritismi, che uno così crea malumore.”
- “Perfetto. Appena cade lui, anche l’altro seguirà. Due piccioni con una fava.”
- “E noi resteremo i più visibili. Finalmente.”
Tra le vittime designate c’era un poeta di lunga permanenza nella “Casa”, capace, coerente e generoso nei commenti, che attirava apprezzamenti sinceri da molti. E questo, per il quartetto, era imperdonabile: la luce altrui rischiava di rendere ancora più evidente la loro ombra. Così, organizzarono il loro piccolo complotto.
Un secondo autore, altrettanto abile e dotato di sguardo critico, si trovò coinvolto nella stessa sorte. Aveva avuto l’ardire di notare e svelare certe dinamiche poco limpide, e questo bastò per renderlo un bersaglio.
- “Sai che alla fine ci sono riusciti? Ti hanno cacciato?”
- “Sì. Stesso copione: insinuazioni, falsità… e un webmaster che finge di non vedere.”
- “Non capisco come possano dormire tranquilli.”
- “Li consola l’illusione di aver vinto. Ma non sanno che il vuoto che hanno dentro non lo riempiranno mai con le loro parole.”
- “Noi abbiamo perso il posto… ma non la voce.”
- “Esatto. E la voce, a differenza dei loro versi finti, non la puoi spegnere con un click.”
La cosa più strana, però, fu il comportamento del webmaster. Sapeva benissimo quanto il quartetto fosse un gruppo di malpensanti, eppure non li toccò mai. Anzi, li sostenne apertamente. La ragione? Tra loro c’era una pseudo-poetessa che, grazie a un uso costante dell’intelligenza artificiale, sfornava testi a ritmo impressionante. Per il sito era una fonte inesauribile di contenuti, traffico e visibilità. E per il webmaster, la convenienza valeva più dell’onestà.
Così i due veri scrittori furono messi alla porta, mentre il quartetto brindava virtualmente alla “vittoria”, convinto di aver difeso la purezza artistica della “Casa”. Ma la verità era ben diversa: avevano ottenuto il loro scopo con slealtà, provando al mondo solo che si può scavalcare chiunque con menzogne e finta sensibilità.
Il tempo, però, è un critico spietato. La loro produzione, sempre più vuota e artificiale, cominciò a mostrare crepe. Restarono prigionieri della loro stessa mediocrità, condannati a ripetersi, a vivere di falsi applausi e ad annaspare in un mare di parole senz’anima.
La “Casa della penna d’oro” continuò a esistere… ma senza più il vero luccichio dell’oro: solo il metallo falso, opaco, che brilla appena alla luce, prima di rivelarsi semplice lamiera.
Anni dopo, un nuovo blog letterario pubblicò un articolo dal titolo: “Oro o lamiera? La verità sulla Casa della penna d’oro”.
L’autore, anonimo ma ben informato, ricostruiva minuziosamente le vicende accadute in quell’angolo di rete un tempo considerato un tempio dell’arte poetica. Raccontava delle gelosie, dei complotti privati, delle sospensioni mirate. Descriveva il quartetto come “una confraternita di falsi poeti, abili solo nell’incensarsi a vicenda”, e il webmaster come “un custode più interessato ai numeri che alla letteratura”.
Il pezzo si diffuse velocemente, condiviso e commentato da molti che avevano assistito in silenzio a quei fatti.
Per la prima volta, la “Casa” veniva spogliata della sua patina dorata e mostrata per quello che era: un laboratorio di mediocrità travestita da cultura.
Il quartetto reagì con la solita arroganza, parlando di “invidiosi in cerca di attenzioni”. Ma stavolta, le loro parole non attecchirono.
Perché la verità, anche se ostacolata, ha un modo tutto suo di farsi strada… e quando arriva, non serve più gridare: basta saperla riconoscere.
N.d.A.: Puramente casuale, ogni riferimento a persone e fatti. Felice lettura e buona riflessione.
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