Nel cuore oscuro e fertile della terra, una piccola noce giaceva avvolta nel silenzio, dura come un custode di segreti antichi. Racchiudeva in sé la promessa di un futuro nascosto, un miracolo nascente sospeso nel tempo. Poi, una pioggia gentile e paziente la carezzò, ammorbidendo il terreno e risvegliando la vita dormiente dentro quel guscio resistente.
Dapprima, con delicatezza, una radice sottile si spinse verso il profondo, cercando acqua e nutrimento, mentre un germoglio timido si protese verso la luce, sfidando l’ombra del bosco e l’aria fresca del mattino. Era l’inizio di un lungo viaggio: da seme a piantina, da piantina a giovane albero.
Gli anni passarono come dolci melodie. Le radici si intrecciarono con la terra, abbracciandola con forza, mentre il tronco si fece solido, vestito di corteccia rugosa e resistente. I rami si allargarono in un abbraccio maestoso, creando una chioma folta e verde che danzava al ritmo del vento.
Sotto quella fresca ombra, la vita trovava rifugio. Uccelli costruivano nidi tra le fronde, scoiattoli si arrampicavano veloci, e i bambini, con gli occhi pieni di meraviglia, si rifugiavano tra le radici nodose per inventare storie e giochi senza tempo. Ogni autunno, come un dono prezioso, le noci cadevano a terra, tondi scrigni di sapore e memoria, pronti a nutrire chiunque ne avesse bisogno.
L’albero di noce era molto più di una pianta: era un testimone silenzioso, un gigante paziente che aveva conosciuto la forza della crescita, la bellezza della pazienza e la generosità della vita che si rinnova. Anche quando i suoi rami cominciarono a piegarsi sotto il peso degli anni e delle stagioni trascorse, egli non smise di donare: offrì il suo legno robusto, la sua ombra accogliente, e le sue noci saporite, fino all’ultimo soffio di vento.
Così, attraverso il tempo, la sua storia si tramandava, di noce in noce, di radice in germoglio, in un eterno abbraccio con la terra. Un ciclo senza fine, fatto di vita, morte e rinascita, una poesia scritta dalla natura stessa.
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