Una notte sognai il paradiso;
una notte senza tombe da scrostare
sul mio corpo forato d’assenze
come vecchio vasellame.
I ferrovieri erano già tornati,
quella notte
e dalle anche esalava un odore strano,
assai diverso dal bianco e nero dei giorni,
assai diverso dal solito latte versato.
Feci così, quella notte, quel sogno strano
dove la nostalgia vibrava su laghi
mai nemmeno immaginati
e i tuoi occhi erano farfalle pazze
che volteggiavano su me, libere, in delirio…
Fu un attimo, perdersi in quei colori
lasciare al tempo, matto per davvero,
le pagine di vita che non scrissi.
Un attimo…
La scimmia del dolore lontana dall’assedio
mi salutava con la sua zampa d’osso,
dicendomi che, in fondo, mi aveva amata
e condotta lì, tenendomi al caldo
sotto la sua pelliccia di vergine oscena.
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