Stai finendo, vecchio mondo,
coi tuoi turiboli e le vecchie insegne
dorate sui portoni.
Sei finito
con le tu carrozze di velleità,
i tuoi stemmi,
quei fottuti rostri
benedetti dalla ragion di stato.
Mani nere, screpolate di gelo,
gridano al vento
litanie gitane,
occhi a mandorla,
pelli di curcuma e zafferano
spodestano divani di velluto
di vecchie nobildonne scorreggione.
Nel cielo roteano sciami di polvere
sopra rotti registri di albi professionali
e titoli decaduti,
disciolti come neve al sole.
Si organizza un sabba
tra l'ulivo la quercia e il fico,
anche se non c'è alcun diavolo
e son finiti anche quelli che lo hanno inventato,
coi loro personali inferni.
Perciò venite, venite gente nuova
illuminata come l'acqua e il sole
come l'allodola il pesco la marmotta,
Venite, venite
il mondo che attendevate è già qui
sulle macerie del vecchio,
che già non è più.
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