La bellezza è una ferita
Un giorno un chiodo cade da una parete... fran, ha ragione lui, l’autore. ...fran... cade.
Naturalmente.
Ha ragione lui.
Un giorno un chiodo cade e non sai perché debba essere proprio quel giorno ma è così.
La bellezza ferisce anche quando si porta via chiodi e quadri. E tu non sai più farne a meno. Come quelle parole che appena bastevoli mancano sempre di un soffio il centro perfetto. E che sono lì a ricordarti che sanguini violentemente sotto il sole incurante di averle sentite sprofondare come una lama tagliente, sottilissima, dentro la sensazione calda delle viscere. Non ha gioia perfetta la vera bellezza.
È feroce, insopprimibile, indelicata, è … lieve.
Ecco perché devia da un’estetica comune. Le parole sono rami che invitano l’aria, la bellezza è un sogno d’aria, un senso che non ragioni. Che accogli come ti prende. La bellezza.
La bellezza, sì, è una ferita, una macchia di papaveri nel prato che dilaga nei pori della terra in modi indiscreti e profondi, acuminati, paradossalmente fragili.
Un giorno ti volti e capisci che non puoi più farne a meno, che la sai finalmente riconoscere, ha un sapore, un colore, un odore, una presenza nei capelli profumati della ragazza che ti viaggia accanto in tram, nell’ombra di due piccioni intenti a tubare sui fili elettrici della tua città.
E se ne sta nascosta sotto una grondaia intrisa di pioggia, rannicchiata, smarrita dal gran frastuono del mondo, gli schiamazzi di chi passa, la violenza di chi calpesta le orme degli altri. Se ne sta lì e tu ti volti, così, improvvisamente e capisci tutto.
Tutto quello che c’è da capire senza una parola.
E ti ferisci, non puoi far altro perché cominci ad amarla mentre la perdi ancora.
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