Ho comprato un telo d’amare, serigrafato
sotto questo cielo cui dà colore l’incidenza
del faro che illumina a giorno, e a notte
si dà il cambio con angosture che scellerano.
È banale sottolineo l’aspetto che sale
un po’ bagni e tanto sudi come solo il corpo
del mare con i nervi a fior di pelle.
Supina, ho la certezza che Dio è una quantità
di noi, praticamente l’oncia magnetica:
quanto basta ad una calamita o talvolta
una calamità che s’invoca. Proni, in terra
piccoli nei riproducono in mente le tracce
di un disegno che non c’è eppure è opera
nella quale ognuno può collocare una posta
o una sembianza che lo segna: così ti vedo
zattera immanente del liquido celeste
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