Ai mali che non sanno perdonare,
il fragil dell’umana condizione,
al pianto a cui niuno può scampare,
all’urto cieco d’ogni costrizione.
Ai destini che già sembrano imposti,
prova severa all’anime più fiere,
a versi inutili che sono tosti
balsami vani a ingiuste prigioniere.
All’universo che talvolta appare
premiare il male con segreta mano,
lasciando l’anima al suo penare
dentro un cammino oscuro e disumano.
Illusoria speranza che ristori
ciò che fu tolto e mai ritorna uguale,
si attende un tempo che lenisca i cuori,
ma resta il vuoto come un grande male.
Anche Dio, silente spettatore,
amato ora in vie senza risposta,
tra i vani passi di chi cerca amore
sperando in Lui la meta or nascosta.
Chi stabilisce il fato dei mortali?
Talvolta penso che nessuno ascolti,
che il cielo resti agli umani richiami
muto custode di tormenti e volti.
Perciò ti chiedo, o viandante lettore,
che scorri lieve sulle righe mie,
se in te vi sia aiuto, fede, amore,
o solo il pianto delle anime più pie.
N.d.A.: Restauro di una poesia pubblicata il 16/02/2018 riproposta in veste nuova.
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