Quella mattina partimmo a razzo
per una serie di affari tra le stelle.
Non c’entrava l’alba negli oblò
e l’universo debordava lucine
con il codazzo rosso
per un altro fenomeno
al confine dell’incomprensibile.
Rimpicciolivano i legami fuori quota
come per dire che sei all’altezza
dell’amore se prendi per mano la fonte
al lume della credenza - che è poi
preghiera supplichevole, del tipo
“salvaci, o fuochista, dal naufragio
per il mancato vento!” Le suole che
lasciano in pace la terra, combattono
a memoria in un altro cuore, normalmente
timpano del respiro con quell’aspetto
di colpo frenato in un gesto timido
di “a rivederci” a tutti e a nessuno.
Svaniamo nel nulla rimanendo all'oscuro.
Ci hanno detto che c’è un fuochista
anche se abbiamo superato il vapore:
Dio, o chi è sotto casa sua, va colto
sul fatto. Ve ne siete accorti? Il fatto
è il vero miracolo nella declinazione
degli occhi.
Li rotei per l’orbita e un altro spettro
si consolida: il cosmo è un ossario
di luci morte. Guardi gli astri
e precipiti, ma dove? Nell’ambiente
che aumenta la sua stessa vastità a
condanna della nostra piccolezza
chiediamo a tamburo battente "chi
coltiva questi girasoli?" Qui maturano
distanze che sfuggono alle osservazioni
di lenti, lenti animali da espansione
ma privi di fretta, invadenti per indole
di ceneri con l’alibi che per mantenersi
devono produrre fuoco a bordo.
"Eppure non ti cambio, per tanto poco..."
dico al mondo che non ho conquistato
e che conosco solo.
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