C'era una volta una scatola, chiamata 'la scatola delle parole non dette'. Stava nella cucina di un appartamento al terzo piano e puzzava di frittura, ma nessuno osava buttarla. Padre e madre la custodivano come un tesoro assieme all'argenteria. O forse la temevano. Credevano che fosse stregata e che, se l'avessero buttata, qualcosa di funesto si sarebbe abbattuto sulla loro casa. La tenevano per forza, con un senso di fatalità.
Un giorno di temporale Sara, la loro figlia, sentì un rumore provenire dalla cucina. Allora andò verso il frigorifero e poi accanto ad esso, dove una mensola ricoperta da una tendina custodiva la scatola. Allora scoprì la scatola. Era umida, come se fosse bagnata. Stava per aprirla, ma sua madre apparve dietro di lei.
"Non farlo" ordinò.
"Perchè?" chiese la bambina.
La madre tremò. E ricordò il momento, profetizzato dalla vecchia che le aveva venduto un mobile antico, in cui la scatola sarebbe stata aperta.
La bambina aprì così la scatola. Ne uscirono falene, che volarono impazzite per tutta la cucina e la casa ne fu così piena che non si riusciva a scorgere altro che un oscuro, vorticoso movimento d'ali, che sbattevano ai vetri come grandine.
Anche il signor C. si alzò, indispettito, ma poi tornò a dormire.
Non capiva che tutti, in quella casa, stavano per diventare estranei.
O forse era l'inizio di un nuovo mondo.
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