Pubblicato il 26/11/2025 20:34:15
La pensavo ma non faceva più male. All'inizio era un pugno nello stomaco ogni volta che la mente scivolava lì, senza permesso.
Dormivo con la schiena rigida, le mani strette a pugno sotto il cuscino, sognando stanze dove non ero mai stato ma dove lei rideva.
Il suo nome era inciso ovunque: sulla tazza sbeccata del caffè, sullo spigolo del tavolo dove avevo sbattuto il ginocchio. Sulla bottiglia vuota lasciata a terra dopo la sua ultima notte.
Poi il tempo aveva cominciato a limare gli angoli. Il dolore diventava noia. Il ricordo, una cartolina sbiadita in un cassetto che non aprivo più.
Pensavo al suo odore come si pensa a un incubo lontano: senza più tremare.
Avevo smesso di cercarla nelle bocche delle altre, nei respiri uguali. La città era la stessa ma il rumore che faceva era cambiato. Anche io.
E quando il suo volto appariva per un istante, tra una luce riflessa e un vetro imbrattato , non mi spezzava più il respiro. Solo un battito . Solo un’immagine. Solo niente.
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