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Bruno Buozzi

Argomento: Storia

di Francesco Rossi
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Pubblicato il 20/04/2020 15:28:38

Il 3 giugno del 1944 un camion carico di prigionieri provenienti dal “mattatoio” di via Tasso, si fermò a La Storta, nella tenuta Grazioli, all’ombra del Castello della Spizzichina. Quattordici antifascisti in catene e spietati “guardiani” nazisti, il più spietato dei quali si era tragicamente esibito già nell’eccidio delle Fosse Ardeatine insieme a Priebke e Kappler. In quel camion c’era Bruno Buozzi, leader sindacale, l’uomo che insieme a Roveda, Di Vittorio, Grandi e Gronchi aveva tessuto, in clandestinità, la tela della nuova unità sindacale. Poi l’arresto, di prima mattina, nella casa di Viale del Re, l’attuale Viale Trastevere; la prigionia in via Tasso dove incrociò anche Giuliano Vassalli; i tentativi per liberarlo (anche con una azione armata che non venne mai attuata perché troppo complicata e pericolosa) a cui si dedicò anche Giuliana Nenni che negli anni giovanili, nell’esilio parigino, aveva assiduamente frequentato casa Buozzi. Perché fu fatto salire su quel camion? Si è detto che Benito Mussolini lo volesse a Verona per convincerlo a sostenere la nuova carta del lavoro con la quale il dittatore, ormai agli ultimi atti della sua tragedia, pensava di recuperare consensi nelle fabbriche del nord (che, invece, avevano provveduto a dare agli scioperi caratteri sempre più insurrezionali). Li uccisero tutti il 4 giugno facendoli inginocchiare, con un colpo alla nuca mentre a Roma entravano le armate americane, i “liberatori”. Un mese dopo, il 4 luglio, Pietro Nenni in un vibrante discorso ricordò il compagno di mille battaglie. In quel discorso, però, ci sono già tutti i punti di forza che caratterizzeranno l’azione del leader socialisti nei due anni successivi, quelli che porteranno al referendum e alla Costituente. Ecco perché ci è parso utile, in occasione del settantesimo della Repubblica, riproporre alcuni brani di quell’intervento. Una maniera per rendere omaggio a un uomo, Buozzi, che settantadue anni fa diede la vita per quella libertà che a noi oggi appare naturale come l’aria, godibile gratuitamente e senza alcun sacrificio.
Brani tratti dal discorso pronunciato da Pietro Nenni al teatro Adriano di Roma il 4 luglio del 1944 :
Signore, cittadini, compagni, una lunga consuetudine di battaglie comuni con Bruno Buozzi mi consente questa sera, davanti alla popolazione romana, di evocare il suo ricordo in una forma insolita cercando non tanto di parlare di lui, ma di evocare quello che egli avrebbe detto se a lui fosse toccato l’onore che meritava, di stabilire il primo contato politico tra il nostro partito e la classe lavoratrice (applausi). Consuetudine di battaglie comuni e una certa affinità di temperamento, di formazione, una formazione fatta nella strada e non nelle scuole, una tendenza alla osservazione della vita più che allo studio astratto della vita, che ci veniva ad entrambi dal fatto che fino dai giovanissimi anni ci toccò risolvere da soli e subito il duro problema del pane quotidiano. Ma prima che io cerchi di dire a voi quello che Bruno Buozzi avrebbe detto questa sera, bisogna che qualche parola dica di lui.
Lo hanno definito, nei giorni seguiti al suo barbaro assassinio, “l’operaio ideale”, ed era veramente l’operaio ideale, non l’uomo uscito dalla sua classe per passare ad altra classe, ma l’uomo che aveva abbandonato il lavoro manuale restando profondamente convinto che nel lavoro manuale è la più squisita nobiltà dell’uomo (applausi). Un uomo che ha sempre pensato in termini di classe, che si è sempre posto di fronte ai problemi della vita e della lotta sentendosi il rappresentante di coloro che giovane lo avevano strappato all’officina per farne prima un segretario di Leghe, poi il segretario generale della Fiom, infine il segretario generale della Confederazione del Lavoro. Tutta la sua vita Bruno Buozzi aveva serbato nella sua figura fisica massiccia, nei suoi impeti, nelle sue riflessioni, questo vivo legame col popolo e con la classe lavoratrice, e perché era legame vero non fu mai istrionico come nel ventennale carnevale dei falsi amici del popolo (applausi)…
…Ed ecco la situazione di fronte alla quale noi ci troviamo oggi, a dover risolvere i più terribili problemi della nostra esistenza nazionale, a doverli risolvere in una tragica condizione d’inferiorità che dobbiamo alla politica delle nostre classi dirigenti. E ancora una volta voglio cercare su questi problemi di ridare la parola a Bruno Buozzi.
Cosa avrebbe detto questa sera di fronte ai tre problemi della partecipazione del popolo alla guerra, della difesa del lavoro e delle classi lavoratrici, della Costituente?
Io penso che avrebbe detto che la partecipazione del nostro popolo alla guerra condiziona il nostro riscatto nazionale. Noi non domandiamo agli alleati nessuna elemosina (applausi), ci risparmino le loro sigarette (applausi), non ci neghino i fucili che decine di migliaia di giovani reclamano coscienti come sono che è col loro sacrificio che si può rifare il paese. Finora questo appello è rimasto inascoltato e avremo fra non molto il diritto di dire che dietro le parole di fraternità si cela un certo disprezzo che non meritiamo e non accettiamo (applausi) se queste forze che comandano l’onore del combattimento continuassero ad essere neglette e respinte (applausi).
E di fronte ai problemi della resurrezione economica del paese, Bruno Buozzi avrebbe detto che tutto essendo fradicio della vecchia impalcatura borghese e fascista bisogna avere il coraggio di ricominciare da capo. L’epurazione che comincia con l’usciere del ministero che prese la tessera del fascio per dare da mangiare ai figli (applausi) e che si arresta sulla soglia dei consigli di amministrazione, è una commedia che non accetteremo (applausi). L’epurazione deve cominciare dall’alto: la gente da epurare è nei consigli di amministrazione delle grandi industrie e della banche, nelle alte sfere dell’esercito e della polizia (applausi), è nei consigli aulici della Corona. Si cominci di là e ci si arresti là (applausi) perché gli antifascisti hanno troppo sofferto per non essere giusti e per non compatire umanamente coloro che non poterono sottrarsi alla fatalità della tessera. (applausi).
Sulla Costituente, io credo che Buozzi avrebbe detto che se ce la offrono come un diversivo elettorale, se ce la promettono come un espediente che calma e attenua le impazienze, si sbagliano. La Costituente sarà una cosa seria e per essere una cosa seria bisogna che attorno ad essa il popolo monti la guardia senza un minimo di pausa; perché sia una cosa seria essa deve iscrivere nel suo programma tre rivendicazioni principali attorno alle quali il partito socialista chiama a raccolta tutti i cittadini d’Italia. La repubblica prima di tutto (applausi vivissimi), una repubblica presidiata dal popolo in armi, che sia l’espressione dei lavoratori, non un dono di classi dirigenti che vogliono salvarsi dietro il berretto frigio. Il processo dei responsabili dell’abuso di potere che va dal 28 ottobre 1922 al 10 giugno 1940, al 23 luglio ’43 (applausi). La Costituente deve costituirsi come supremo tribunale del popolo per giudicare Mussolini e il re (applausi). Infine noi attendiamo dalla Costituente che dia una nuova assisi economica al paese basata sulla democrazia dei consigli. La fonte della nostra salvezza è nel lavoro, l’organizzazione del lavoro è nei consigli di fabbrica, di azienda, degli enti pubblici e privati, delle associazioni operaie e contadine, dei tecnici, è nel fronte unico del lavoro al quale devono partecipare tutti coloro che vivono di lavoro (applausi).
Ecco io credo, signore, cittadini e compagni, le cose che meglio di me avrebbe detto stasera Bruno Buozzi se un mese fa i briganti nazi-fascisti in fuga non lo avessero abbattuto come un cane assieme a tredici volontari della libertà. E giacché il nostro Bruno era un ottimista, giacché su lui il dubbio non aveva presa (a tal punto che quando il venerdì 2 giugno lo caricarono sul camion che doveva diventare la sua bara, al compagno Bonfigli col quale scambiò le ultime parole disse: “non succederà niente, tutto andrà bene”) così egli, questa sera, in mezzo alle ragioni d’angoscia che ci assalgono da ogni parte, in questa nostra dolente Italia ieri invasa, oggi occupata e che anela al giorno in cui saremo soli a decidere del nostro destino (applausi) egli avrebbe trovato un motivo di fiducia inalterabile nel prossimo domani. E credo d’essermi imbattuto anch’io in questo motivo di fiducia venendo ieri da Napoli e passando a Cassino. Cassino è una allucinante rovina quale nessuno di noi, reduci da altre guerre, ha mai visto. Sembra il retaggio di una favolosa civiltà di millenni indietro, un irriconoscibile mondo in cui non c’è nulla che ricordi la nostra civiltà. Ma mentre l’automobile correva lungo la Casilina verso altre rovine vidi un vecchio contadino sotto il peso della solforatrice e che nel sole infocato andava alla ricerca di qualche tralcio di vite scampata per miracolo all’uragano di ferro e di fuoco. In quel contadino Bruno Buozzi avrebbe celebrato il lavoro che fa rinascere la civiltà dove la guerra ha tutto distrutto e avrebbe salutato il mondo nuovo che rinasce sulle rovine del vecchio mondo. Aggrappiamoci a questa speranza, a questa certezza: ci salveremo col lavoro liberato dallo sfruttamento del capitalismo e dal socialismo ricondotto alla fatica senza fatica dei costruttori di nuova civiltà (lunghi, frenetici applausi).
Brani tratti dal discorso pronunciato da Pietro Nenni al teatro Adriano di Roma il 4 luglio del 1944 :
Signore, cittadini, compagni, una lunga consuetudine di battaglie comuni con Bruno Buozzi mi consente questa sera, davanti alla popolazione romana, di evocare il suo ricordo in una forma insolita cercando non tanto di parlare di lui, ma di evocare quello che egli avrebbe detto se a lui fosse toccato l’onore che meritava, di stabilire il primo contato politico tra il nostro partito e la classe lavoratrice (applausi). Consuetudine di battaglie comuni e una certa affinità di temperamento, di formazione, una formazione fatta nella strada e non nelle scuole, una tendenza alla osservazione della vita più che allo studio astratto della vita, che ci veniva ad entrambi dal fatto che fino dai giovanissimi anni ci toccò risolvere da soli e subito il duro problema del pane quotidiano. Ma prima che io cerchi di dire a voi quello che Bruno Buozzi avrebbe detto questa sera, bisogna che qualche parola dica di lui.
Lo hanno definito, nei giorni seguiti al suo barbaro assassinio, “l’operaio ideale”, ed era veramente l’operaio ideale, non l’uomo uscito dalla sua classe per passare ad altra classe, ma l’uomo che aveva abbandonato il lavoro manuale restando profondamente convinto che nel lavoro manuale è la più squisita nobiltà dell’uomo (applausi). Un uomo che ha sempre pensato in termini di classe, che si è sempre posto di fronte ai problemi della vita e della lotta sentendosi il rappresentante di coloro che giovane lo avevano strappato all’officina per farne prima un segretario di Leghe, poi il segretario generale della Fiom, infine il segretario generale della Confederazione del Lavoro. Tutta la sua vita Bruno Buozzi aveva serbato nella sua figura fisica massiccia, nei suoi impeti, nelle sue riflessioni, questo vivo legame col popolo e con la classe lavoratrice, e perché era legame vero non fu mai istrionico come nel ventennale carnevale dei falsi amici del popolo (applausi)…
…Ed ecco la situazione di fronte alla quale noi ci troviamo oggi, a dover risolvere i più terribili problemi della nostra esistenza nazionale, a doverli risolvere in una tragica condizione d’inferiorità che dobbiamo alla politica delle nostre classi dirigenti. E ancora una volta voglio cercare su questi problemi di ridare la parola a Bruno Buozzi.
Cosa avrebbe detto questa sera di fronte ai tre problemi della partecipazione del popolo alla guerra, della difesa del lavoro e delle classi lavoratrici, della Costituente?
Io penso che avrebbe detto che la partecipazione del nostro popolo alla guerra condiziona il nostro riscatto nazionale. Noi non domandiamo agli alleati nessuna elemosina (applausi), ci risparmino le loro sigarette (applausi), non ci neghino i fucili che decine di migliaia di giovani reclamano coscienti come sono che è col loro sacrificio che si può rifare il paese. Finora questo appello è rimasto inascoltato e avremo fra non molto il diritto di dire che dietro le parole di fraternità si cela un certo disprezzo che non meritiamo e non accettiamo (applausi) se queste forze che comandano l’onore del combattimento continuassero ad essere neglette e respinte (applausi).
E di fronte ai problemi della resurrezione economica del paese, Bruno Buozzi avrebbe detto che tutto essendo fradicio della vecchia impalcatura borghese e fascista bisogna avere il coraggio di ricominciare da capo. L’epurazione che comincia con l’usciere del ministero che prese la tessera del fascio per dare da mangiare ai figli (applausi) e che si arresta sulla soglia dei consigli di amministrazione, è una commedia che non accetteremo (applausi). L’epurazione deve cominciare dall’alto: la gente da epurare è nei consigli di amministrazione delle grandi industrie e della banche, nelle alte sfere dell’esercito e della polizia (applausi), è nei consigli aulici della Corona. Si cominci di là e ci si arresti là (applausi) perché gli antifascisti hanno troppo sofferto per non essere giusti e per non compatire umanamente coloro che non poterono sottrarsi alla fatalità della tessera. (applausi).
Sulla Costituente, io credo che Buozzi avrebbe detto che se ce la offrono come un diversivo elettorale, se ce la promettono come un espediente che calma e attenua le impazienze, si sbagliano. La Costituente sarà una cosa seria e per essere una cosa seria bisogna che attorno ad essa il popolo monti la guardia senza un minimo di pausa; perché sia una cosa seria essa deve iscrivere nel suo programma tre rivendicazioni principali attorno alle quali il partito socialista chiama a raccolta tutti i cittadini d’Italia. La repubblica prima di tutto (applausi vivissimi), una repubblica presidiata dal popolo in armi, che sia l’espressione dei lavoratori, non un dono di classi dirigenti che vogliono salvarsi dietro il berretto frigio. Il processo dei responsabili dell’abuso di potere che va dal 28 ottobre 1922 al 10 giugno 1940, al 23 luglio ’43 (applausi). La Costituente deve costituirsi come supremo tribunale del popolo per giudicare Mussolini e il re (applausi). Infine noi attendiamo dalla Costituente che dia una nuova assisi economica al paese basata sulla democrazia dei consigli. La fonte della nostra salvezza è nel lavoro, l’organizzazione del lavoro è nei consigli di fabbrica, di azienda, degli enti pubblici e privati, delle associazioni operaie e contadine, dei tecnici, è nel fronte unico del lavoro al quale devono partecipare tutti coloro che vivono di lavoro (applausi).
Ecco io credo, signore, cittadini e compagni, le cose che meglio di me avrebbe detto stasera Bruno Buozzi se un mese fa i briganti nazi-fascisti in fuga non lo avessero abbattuto come un cane assieme a tredici volontari della libertà. E giacché il nostro Bruno era un ottimista, giacché su lui il dubbio non aveva presa (a tal punto che quando il venerdì 2 giugno lo caricarono sul camion che doveva diventare la sua bara, al compagno Bonfigli col quale scambiò le ultime parole disse: “non succederà niente, tutto andrà bene”) così egli, questa sera, in mezzo alle ragioni d’angoscia che ci assalgono da ogni parte, in questa nostra dolente Italia ieri invasa, oggi occupata e che anela al giorno in cui saremo soli a decidere del nostro destino (applausi) egli avrebbe trovato un motivo di fiducia inalterabile nel prossimo domani. E credo d’essermi imbattuto anch’io in questo motivo di fiducia venendo ieri da Napoli e passando a Cassino. Cassino è una allucinante rovina quale nessuno di noi, reduci da altre guerre, ha mai visto. Sembra il retaggio di una favolosa civiltà di millenni indietro, un irriconoscibile mondo in cui non c’è nulla che ricordi la nostra civiltà. Ma mentre l’automobile correva lungo la Casilina verso altre rovine vidi un vecchio contadino sotto il peso della solforatrice e che nel sole infocato andava alla ricerca di qualche tralcio di vite scampata per miracolo all’uragano di ferro e di fuoco. In quel contadino Bruno Buozzi avrebbe celebrato il lavoro che fa rinascere la civiltà dove la guerra ha tutto distrutto e avrebbe salutato il mondo nuovo che rinasce sulle rovine del vecchio mondo. Aggrappiamoci a questa speranza, a questa certezza: ci salveremo col lavoro liberato dallo sfruttamento del capitalismo e dal socialismo ricondotto alla fatica senza fatica dei costruttori di nuova civiltà (lunghi, frenetici applausi).
Brani tratti dal discorso pronunciato da Pietro Nenni al teatro Adriano di Roma il 4 luglio del 1944 :
Signore, cittadini, compagni, una lunga consuetudine di battaglie comuni con Bruno Buozzi mi consente questa sera, davanti alla popolazione romana, di evocare il suo ricordo in una forma insolita cercando non tanto di parlare di lui, ma di evocare quello che egli avrebbe detto se a lui fosse toccato l’onore che meritava, di stabilire il primo contato politico tra il nostro partito e la classe lavoratrice (applausi). Consuetudine di battaglie comuni e una certa affinità di temperamento, di formazione, una formazione fatta nella strada e non nelle scuole, una tendenza alla osservazione della vita più che allo studio astratto della vita, che ci veniva ad entrambi dal fatto che fino dai giovanissimi anni ci toccò risolvere da soli e subito il duro problema del pane quotidiano. Ma prima che io cerchi di dire a voi quello che Bruno Buozzi avrebbe detto questa sera, bisogna che qualche parola dica di lui.
Lo hanno definito, nei giorni seguiti al suo barbaro assassinio, “l’operaio ideale”, ed era veramente l’operaio ideale, non l’uomo uscito dalla sua classe per passare ad altra classe, ma l’uomo che aveva abbandonato il lavoro manuale restando profondamente convinto che nel lavoro manuale è la più squisita nobiltà dell’uomo (applausi). Un uomo che ha sempre pensato in termini di classe, che si è sempre posto di fronte ai problemi della vita e della lotta sentendosi il rappresentante di coloro che giovane lo avevano strappato all’officina per farne prima un segretario di Leghe, poi il segretario generale della Fiom, infine il segretario generale della Confederazione del Lavoro. Tutta la sua vita Bruno Buozzi aveva serbato nella sua figura fisica massiccia, nei suoi impeti, nelle sue riflessioni, questo vivo legame col popolo e con la classe lavoratrice, e perché era legame vero non fu mai istrionico come nel ventennale carnevale dei falsi amici del popolo (applausi)…
…Ed ecco la situazione di fronte alla quale noi ci troviamo oggi, a dover risolvere i più terribili problemi della nostra esistenza nazionale, a doverli risolvere in una tragica condizione d’inferiorità che dobbiamo alla politica delle nostre classi dirigenti. E ancora una volta voglio cercare su questi problemi di ridare la parola a Bruno Buozzi.
Cosa avrebbe detto questa sera di fronte ai tre problemi della partecipazione del popolo alla guerra, della difesa del lavoro e delle classi lavoratrici, della Costituente?
Io penso che avrebbe detto che la partecipazione del nostro popolo alla guerra condiziona il nostro riscatto nazionale. Noi non domandiamo agli alleati nessuna elemosina (applausi), ci risparmino le loro sigarette (applausi), non ci neghino i fucili che decine di migliaia di giovani reclamano coscienti come sono che è col loro sacrificio che si può rifare il paese. Finora questo appello è rimasto inascoltato e avremo fra non molto il diritto di dire che dietro le parole di fraternità si cela un certo disprezzo che non meritiamo e non accettiamo (applausi) se queste forze che comandano l’onore del combattimento continuassero ad essere neglette e respinte (applausi).
E di fronte ai problemi della resurrezione economica del paese, Bruno Buozzi avrebbe detto che tutto essendo fradicio della vecchia impalcatura borghese e fascista bisogna avere il coraggio di ricominciare da capo. L’epurazione che comincia con l’usciere del ministero che prese la tessera del fascio per dare da mangiare ai figli (applausi) e che si arresta sulla soglia dei consigli di amministrazione, è una commedia che non accetteremo (applausi). L’epurazione deve cominciare dall’alto: la gente da epurare è nei consigli di amministrazione delle grandi industrie e della banche, nelle alte sfere dell’esercito e della polizia (applausi), è nei consigli aulici della Corona. Si cominci di là e ci si arresti là (applausi) perché gli antifascisti hanno troppo sofferto per non essere giusti e per non compatire umanamente coloro che non poterono sottrarsi alla fatalità della tessera. (applausi).
Sulla Costituente, io credo che Buozzi avrebbe detto che se ce la offrono come un diversivo elettorale, se ce la promettono come un espediente che calma e attenua le impazienze, si sbagliano. La Costituente sarà una cosa seria e per essere una cosa seria bisogna che attorno ad essa il popolo monti la guardia senza un minimo di pausa; perché sia una cosa seria essa deve iscrivere nel suo programma tre rivendicazioni principali attorno alle quali il partito socialista chiama a raccolta tutti i cittadini d’Italia. La repubblica prima di tutto (applausi vivissimi), una repubblica presidiata dal popolo in armi, che sia l’espressione dei lavoratori, non un dono di classi dirigenti che vogliono salvarsi dietro il berretto frigio. Il processo dei responsabili dell’abuso di potere che va dal 28 ottobre 1922 al 10 giugno 1940, al 23 luglio ’43 (applausi). La Costituente deve costituirsi come supremo tribunale del popolo per giudicare Mussolini e il re (applausi). Infine noi attendiamo dalla Costituente che dia una nuova assisi economica al paese basata sulla democrazia dei consigli. La fonte della nostra salvezza è nel lavoro, l’organizzazione del lavoro è nei consigli di fabbrica, di azienda, degli enti pubblici e privati, delle associazioni operaie e contadine, dei tecnici, è nel fronte unico del lavoro al quale devono partecipare tutti coloro che vivono di lavoro (applausi).
Ecco io credo, signore, cittadini e compagni, le cose che meglio di me avrebbe detto stasera Bruno Buozzi se un mese fa i briganti nazi-fascisti in fuga non lo avessero abbattuto come un cane assieme a tredici volontari della libertà. E giacché il nostro Bruno era un ottimista, giacché su lui il dubbio non aveva presa (a tal punto che quando il venerdì 2 giugno lo caricarono sul camion che doveva diventare la sua bara, al compagno Bonfigli col quale scambiò le ultime parole disse: “non succederà niente, tutto andrà bene”) così egli, questa sera, in mezzo alle ragioni d’angoscia che ci assalgono da ogni parte, in questa nostra dolente Italia ieri invasa, oggi occupata e che anela al giorno in cui saremo soli a decidere del nostro destino (applausi) egli avrebbe trovato un motivo di fiducia inalterabile nel prossimo domani. E credo d’essermi imbattuto anch’io in questo motivo di fiducia venendo ieri da Napoli e passando a Cassino. Cassino è una allucinante rovina quale nessuno di noi, reduci da altre guerre, ha mai visto. Sembra il retaggio di una favolosa civiltà di millenni indietro, un irriconoscibile mondo in cui non c’è nulla che ricordi la nostra civiltà. Ma mentre l’automobile correva lungo la Casilina verso altre rovine vidi un vecchio contadino sotto il peso della solforatrice e che nel sole infocato andava alla ricerca di qualche tralcio di vite scampata per miracolo all’uragano di ferro e di fuoco. In quel contadino Bruno Buozzi avrebbe celebrato il lavoro che fa rinascere la civiltà dove la guerra ha tutto distrutto e avrebbe salutato il mondo nuovo che rinasce sulle rovine del vecchio mondo. Aggrappiamoci a questa speranza, a questa certezza: ci salveremo col lavoro liberato dallo sfruttamento del capitalismo e dal socialismo ricondotto alla fatica senza fatica dei costruttori di nuova civiltà (lunghi, frenetici applausi).Brani tratti dal discorso pronunciato da Pietro Nenni al teatro Adriano di Roma il 4 luglio del 1944 :
Signore, cittadini, compagni, una lunga consuetudine di battaglie comuni con Bruno Buozzi mi consente questa sera, davanti alla popolazione romana, di evocare il suo ricordo in una forma insolita cercando non tanto di parlare di lui, ma di evocare quello che egli avrebbe detto se a lui fosse toccato l’onore che meritava, di stabilire il primo contato politico tra il nostro partito e la classe lavoratrice (applausi). Consuetudine di battaglie comuni e una certa affinità di temperamento, di formazione, una formazione fatta nella strada e non nelle scuole, una tendenza alla osservazione della vita più che allo studio astratto della vita, che ci veniva ad entrambi dal fatto che fino dai giovanissimi anni ci toccò risolvere da soli e subito il duro problema del pane quotidiano. Ma prima che io cerchi di dire a voi quello che Bruno Buozzi avrebbe detto questa sera, bisogna che qualche parola dica di lui.
Lo hanno definito, nei giorni seguiti al suo barbaro assassinio, “l’operaio ideale”, ed era veramente l’operaio ideale, non l’uomo uscito dalla sua classe per passare ad altra classe, ma l’uomo che aveva abbandonato il lavoro manuale restando profondamente convinto che nel lavoro manuale è la più squisita nobiltà dell’uomo (applausi). Un uomo che ha sempre pensato in termini di classe, che si è sempre posto di fronte ai problemi della vita e della lotta sentendosi il rappresentante di coloro che giovane lo avevano strappato all’officina per farne prima un segretario di Leghe, poi il segretario generale della Fiom, infine il segretario generale della Confederazione del Lavoro. Tutta la sua vita Bruno Buozzi aveva serbato nella sua figura fisica massiccia, nei suoi impeti, nelle sue riflessioni, questo vivo legame col popolo e con la classe lavoratrice, e perché era legame vero non fu mai istrionico come nel ventennale carnevale dei falsi amici del popolo (applausi)…
…Ed ecco la situazione di fronte alla quale noi ci troviamo oggi, a dover risolvere i più terribili problemi della nostra esistenza nazionale, a doverli risolvere in una tragica condizione d’inferiorità che dobbiamo alla politica delle nostre classi dirigenti. E ancora una volta voglio cercare su questi problemi di ridare la parola a Bruno Buozzi.
Cosa avrebbe detto questa sera di fronte ai tre problemi della partecipazione del popolo alla guerra, della difesa del lavoro e delle classi lavoratrici, della Costituente?
Io penso che avrebbe detto che la partecipazione del nostro popolo alla guerra condiziona il nostro riscatto nazionale. Noi non domandiamo agli alleati nessuna elemosina (applausi), ci risparmino le loro sigarette (applausi), non ci neghino i fucili che decine di migliaia di giovani reclamano coscienti come sono che è col loro sacrificio che si può rifare il paese. Finora questo appello è rimasto inascoltato e avremo fra non molto il diritto di dire che dietro le parole di fraternità si cela un certo disprezzo che non meritiamo e non accettiamo (applausi) se queste forze che comandano l’onore del combattimento continuassero ad essere neglette e respinte (applausi).
E di fronte ai problemi della resurrezione economica del paese, Bruno Buozzi avrebbe detto che tutto essendo fradicio della vecchia impalcatura borghese e fascista bisogna avere il coraggio di ricominciare da capo. L’epurazione che comincia con l’usciere del ministero che prese la tessera del fascio per dare da mangiare ai figli (applausi) e che si arresta sulla soglia dei consigli di amministrazione, è una commedia che non accetteremo (applausi). L’epurazione deve cominciare dall’alto: la gente da epurare è nei consigli di amministrazione delle grandi industrie e della banche, nelle alte sfere dell’esercito e della polizia (applausi), è nei consigli aulici della Corona. Si cominci di là e ci si arresti là (applausi) perché gli antifascisti hanno troppo sofferto per non essere giusti e per non compatire umanamente coloro che non poterono sottrarsi alla fatalità della tessera. (applausi).
Sulla Costituente, io credo che Buozzi avrebbe detto che se ce la offrono come un diversivo elettorale, se ce la promettono come un espediente che calma e attenua le impazienze, si sbagliano. La Costituente sarà una cosa seria e per essere una cosa seria bisogna che attorno ad essa il popolo monti la guardia senza un minimo di pausa; perché sia una cosa seria essa deve iscrivere nel suo programma tre rivendicazioni principali attorno alle quali il partito socialista chiama a raccolta tutti i cittadini d’Italia. La repubblica prima di tutto (applausi vivissimi), una repubblica presidiata dal popolo in armi, che sia l’espressione dei lavoratori, non un dono di classi dirigenti che vogliono salvarsi dietro il berretto frigio. Il processo dei responsabili dell’abuso di potere che va dal 28 ottobre 1922 al 10 giugno 1940, al 23 luglio ’43 (applausi). La Costituente deve costituirsi come supremo tribunale del popolo per giudicare Mussolini e il re (applausi). Infine noi attendiamo dalla Costituente che dia una nuova assisi economica al paese basata sulla democrazia dei consigli. La fonte della nostra salvezza è nel lavoro, l’organizzazione del lavoro è nei consigli di fabbrica, di azienda, degli enti pubblici e privati, delle associazioni operaie e contadine, dei tecnici, è nel fronte unico del lavoro al quale devono partecipare tutti coloro che vivono di lavoro (applausi).
Ecco io credo, signore, cittadini e compagni, le cose che meglio di me avrebbe detto stasera Bruno Buozzi se un mese fa i briganti nazi-fascisti in fuga non lo avessero abbattuto come un cane assieme a tredici volontari della libertà. E giacché il nostro Bruno era un ottimista, giacché su lui il dubbio non aveva presa (a tal punto che quando il venerdì 2 giugno lo caricarono sul camion che doveva diventare la sua bara, al compagno Bonfigli col quale scambiò le ultime parole disse: “non succederà niente, tutto andrà bene”) così egli, questa sera, in mezzo alle ragioni d’angoscia che ci assalgono da ogni parte, in questa nostra dolente Italia ieri invasa, oggi occupata e che anela al giorno in cui saremo soli a decidere del nostro destino (applausi) egli avrebbe trovato un motivo di fiducia inalterabile nel prossimo domani. E credo d’essermi imbattuto anch’io in questo motivo di fiducia venendo ieri da Napoli e passando a Cassino. Cassino è una allucinante rovina quale nessuno di noi, reduci da altre guerre, ha mai visto. Sembra il retaggio di una favolosa civiltà di millenni indietro, un irriconoscibile mondo in cui non c’è nulla che ricordi la nostra civiltà. Ma mentre l’automobile correva lungo la Casilina verso altre rovine vidi un vecchio contadino sotto il peso della solforatrice e che nel sole infocato andava alla ricerca di qualche tralcio di vite scampata per miracolo all’uragano di ferro e di fuoco. In quel contadino Bruno Buozzi avrebbe celebrato il lavoro che fa rinascere la civiltà dove la guerra ha tutto distrutto e avrebbe salutato il mondo nuovo che rinasce sulle rovine del vecchio mondo. Aggrappiamoci a questa speranza, a questa certezza: ci salveremo col lavoro liberato dallo sfruttamento del capitalismo e dal socialismo ricondotto alla fatica senza fatica dei costruttori di nuova civiltà (lunghi, frenetici applausi).


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