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C’era una volta la favola di una bambina

di Paola Salzano
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Pubblicato il 03/01/2021 17:03:34

 

“Questa sera ti racconterò la storia di un viaggio meraviglioso, di un’avventura che vale una vita intera…”.

Durante una notte piena di stelle, in una casa ai margini del bosco, due occhi si schiusero alla vita, dopo aver fluttuato per mesi nel buio e nel silenzio di un mare misterioso; erano gli occhi di una bambina appena venuta al mondo, annunciata dal canto di fate madrine che, volteggiando attorno alla piccola, le portavano in dono forza, coraggio e sensibilità.

La mamma l’accolse impaziente tra le braccia, ancora confusa dai dolori del parto, mentre il papà osservava emozionato ed incredulo il miracolo che aveva visto compiersi sotto i suoi occhi. Il buon Dio disegnò all’istante sul viso della bambina un incantevole sorriso, ad attenuarne il pianto disperato.

La bimba venne avvolta da coccole e amorevoli cure, imparando che il mondo era un posto meraviglioso, un giardino profumato e pieno di colori; si sentiva davvero fortunata. Trascorse così l’infanzia felice e spensierata.

Passarono gli anni e lei andava incontro al suo destino fiduciosa, inventando nuovi giochi e disegnando, tra sogni e speranze, la sua vita futura. Ma presto capì che non tutto era come aveva immaginato: la madre le insegnò che talvolta bisognava mettere da parte i propri desideri per non recar dispiacere agli altri.

Così ordinava alla figlia di fare la brava quando il padre, tornando stanco la sera a casa, facilmente poteva arrabbiarsi. Lo vedeva in quei frangenti furibondo mentre aggrediva la madre, trasformandosi in un drago sputafuoco da cui era prudente allontanarsi per non essere travolti.

Iniziò a credere che la madre avesse ragione: era meglio non rischiare lasciando stare i capricci, in fondo di coccole ne aveva abbastanza. “Che stupida però a credere di essere così speciale”, rifletté delusa la bambina.

Continuava a fantasticare, ma ora avvertiva un peso sulle spalle, una zavorra che ne rallentava il passo. Affinò l’arte del compiacere, pur di accontentare chi aveva vicino; andava bene così, perché li amava. Diventata una giovane donna decise di spingersi nel bosco incantato che ogni mattina ammirava dalla finestra. Iniziò a camminare e d’improvviso si imbatté in elfi maligni, strani ometti che, non essendo riusciti a diventare maghi, mal sopportavano le ragazze dotate di bellezza ed intelligenza.

Così le prepararono un tranello. Elargendo belle parole a profusione, da abili pifferai la trascinarono in un burrone: lei si disperò, poiché non riusciva più a venirne fuori. D’improvviso apparve una delle fate madrine. “Cara, non disperarti”, le sussurrò in un orecchio. “Ricordati che hai ricevuto in dono la forza: usala e sia quel che sia!”

In lacrime la bambina pensò che la sua buona madrina avesse ragione e, armatasi della forza, pian piano cominciò a risalire dal precipizio. Sicura e decisa, riprese il cammino, meno ingenua di prima.

Lungo la strada le ritornò il buonumore, ma dopo poche miglia ecco comparire dinanzi ai suoi occhi strani personaggi: le streghe arcigne. In origine fate buone, per pigrizia non avevano fatto uso dei doni ricevuti alla nascita e così, invidiose e rabbiose, tentarono di rallentare il viaggio della giovane. Le fecero credere infatti che il mondo fosse una giungla piena di draghi sputafuoco e di elfi maligni, come del resto lei stessa aveva sperimentato, per cui la incitarono a munirsi di una buona corazza, così da potersi difendere.

Confusa ed impaurita, la ragazza indossò un’armatura di ferro, assumendo un aspetto duro come quello delle streghe. Allora mise da parte i sogni e riprese il viaggio nel bosco, guardinga. Si trasformò in una guerriera, anche perché non voleva seguire lo stesso destino della madre, costretta a subire gli attacchi del terribile drago sputafuoco.

Cominciò ben presto a sentirsi stanca ed afflitta. “E se le streghe si fossero sbagliate?”, pensò. Inaspettatamente le venne in sogno un’altra fata madrina. “Cosa fai, bambina, ti arrendi? Hai ricevuto il coraggio: usalo e sia quel che sia!”, la incitò dolcemente. La ragazza si armò di coraggio ed esclamò: “Questa non è la vita che avevo sognato!”. Si tolse l’armatura e riprese con fiducia il cammino, più coraggiosa di prima.

Dopo pochi passi fece un incontro inaspettato: vide arrivare, tra i raggi del sole che faceva capolino dietro le nuvole, un giovane dagli occhi sorridenti, il quale la salutò chiedendole dove stesse andando. “Sto seguendo la mia strada”, rispose la ragazza. Lui fu colpito da questa affermazione, scorgendo nel suo animo tanta sensibilità; in quel momento l’ultima delle tre fatine apparve dinanzi ai due giovani, volteggiando e cantando soavi melodie.

Timido ed imbarazzato il giovane le propose di camminare insieme; lei acconsentì, essendo rimasta impressionata dal suo sguardo, in cui vide riflessa se stessa. Aveva conosciuto l’Amore.

Finalmente insieme trovarono la via d’uscita dal bosco: si presentò dinanzi a loro una radura lussureggiante, allietata dal gorgogliare di un ruscello. I due giovani rimasero estasiati a contemplare quel meraviglioso spettacolo della natura, cullati dalle melodie di uccellini di ogni specie. Non sappiamo se continuarono a camminare insieme per sempre o solo per un tratto. Di sicuro la bambina, oramai donna, non permise mai più a draghi sputafuoco, elfi maligni o streghe arcigne di portarle via i sogni e le speranze.

“E sia quel che sia”, ebbe a ripetersi spesso.

 

                                                     **************

Terminato il racconto la piccola Siria, nel suo lettino, stirò le braccia in un lungo sbadiglio, le palpebre socchiuse per il sonno imminente. “Bella questa storia, mamma… sei sicura che sia una favola?”, osservò con un filo di voce.

“Certo che lo è, amore mio. E’ la favola di ogni bambina”.

“Che riesce sempre a venir fuori dal bosco?”, chiese la bimba, perplessa.

“Sempre. L’importante è che lei abbia tanto coraggio”, rispose la madre in tono rassicurante, mentre le rimboccava le coperte.

A quelle parole Siria diventò pensierosa, mentre con le manine attorcigliava alcune ciocche dei suoi capelli sparsi sul cuscino.

“Da brava, adesso è ora di dormire”.

“Buonanotte, mamma”, bisbigliò la piccola assopita, stringendo forte il suo coniglio di peluche.

La donna le diede un bacio sulla fronte e si alzò per uscire. Fermandosi sulla soglia, la guardò un’ultima volta.

“L’importante è che tu abbia coraggio, bambina mia”, pensò ad alta voce scivolando fuori dalla stanza, mentre Siria si arrendeva al sonno profondo dell’infanzia.

 

 

 


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