Una musica t'avvolge,
stridente e luminosa
come gemme sui muri azzurri
di pensieri di giacinto.
Passaggi e passaggi
scrivono
le tue antiche mure;
umori nuovi e antichi
trasudano, col colore.
Le acque del tuo fiume
formano un'ansa
con le acque del mio grembo
e riportano in vita una musica sepolta,
la tua musica selvaggia,
armonia di popoli e pioppi e pini
e spighe e allegre compagnie
nei tuoi caffè...
Con te danzerò,
Roma antica,
selvaggia e altera,
nobile e popolana,
madre di tutti i figli
che, in te, cercano nido.
E lo dicono le tue stazioni
tra sfregamenti e piedi pestati
e trolley e kebabbari
e venditori di souvenir
in vecchi locali scrostati
tra odori di spezie e arance
e frutti tropicali e zingari
e ambulanti e mendicanti
e business man e artisti
e uomini assoldati
al dio della vacuità
che cade,
col tuo vecchio impero,
in salamoia nei palazzi di potere
tra reliquie di vuote assemblee
nei vuoti cupoloni.
Tra queste rovine,
con te germoglierò.
"Sì, lo voglio", dico,
mentre sposo con te
la nascita del Nuovo Impero
dell'uomo nuovo,
senza più catene.
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