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Commenti al testo di Maria benedetta cerro
Dimora delle spade
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Lig E. Norant
- 08/05/2017 06:30:00
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Alla settima stanza fu negata la parola, perché tra leloquio del detto e lindicibile incompiuto si aprisse un sentiero la parola segreta, colei che gravida del seme dellInfinito risuonasse la metafisica della lingua, la partoriente il simbolo dentro la carne del segno.
Notevole scrittura, la Sua, cui ho voluto esprimere una piccola eco; scrittura notevole, dicevo, al primo approccio inquieta, in senso estetico prima ancora che contenutistico.
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Leonora Lusin
- 08/05/2017 00:15:00
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Comincio da questa, per quello che posso.
Ecco la faretra in spalla esco per incontrarti. Non passare senza sfiorarmi. Sono colei che se l’ignori sguaina lo strale.
L’amore ha il cuore duro spranga sferza. A volte sul tamburo del sangue richiama la dispersa mente. L’amore spacca l’interezza. Dura persino la tenerezza.
Cosa vuole da me la tua dannata morte.
Maria Benedetta per me questo è il femminile di Dio che decide in modo coraggioso di farsi ascoltare e lo fa in un modo che suscita meraviglia e sgomento:senza nascondere la propria debolezza. Debolezza dove è nascosta una forza gigantesca. Grazie,leggerti, un balsamo e anche una spinta ad andare avanti, nonostante tutto. Che io canti la sua allegria senza lacci ai piedi portandomi al braccio la sua cappa bruna. Che sia una la nodosa vita che la danzi sulle spade regalmente in bilico. Che non mostri il gran peso che mi porto dietro che trovi molle la pietra. Per udirmi cantare hai voluto il mio grido segregare e un silenzio allestire grave come la fine.
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Giovanni Baldaccini
- 07/05/2017 13:48:00
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Il tempo e la parola, uno sforzo immenso di superare la caducità di entrambi, ununificazione impossibile attraverso leternità del dire, a volte mitico. Ma non sta a me "dire" se sia riuscita o meno. Un testo difficile, forse troppo lungo, in cui ci si può sperdere e dove, a volte, mi sperdo. Per evitarlo, questa è la mia rilettura e ricostruzione, per quello che vale.
Non dormire. E’ il giorno che passa. Cosa vuole da me la tua dannata morte. Le parole sono calamite che tolgono agli occhi la ragione del divergere. Di notte le inseguo. Sosto Cammino. Se le perdo rincorro a perdifiato stampelle tristi e ubriachi destrieri. Sotto le torri commuovo guardiani che non mi aprono. Poi divento piccola. Mi commisero mi abbraccio.
Un saluto, Maria Benedetta.
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Ferdinando Giordano
- 05/05/2017 22:45:00
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La trovo ricca di sandali. in cammino come quei santi che si avviano a diventare ricchi di ceri votivi: questo modello di lingua mi sana. Grazie.
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Laura Turra
- 05/05/2017 09:08:00
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Quasi poesia epica. Ogni stanza è una meraviglia, con versi poetici notevoli e da me molto apprezzati. Un caro saluto
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