Nell'era della cibernetica, i cui sviluppi sono tanto rapidi e invasivi da farci immaginare scenari talvolta apocalittici come orizzonte e approdo delle prossime generazioni, ci chiediamo spesso dove vada la tradizione narrativa. Ma cos'è innanzitutto narrare? In primo luogo una prassi empirica universalmente esercitata. Ma anche un fenomeno ricco di implicazioni gnoseologiche; e una modalità del discorso che si fa arte nelle sue forme culturalmente più raffinate.
Nella riflessione del filosofo Paul Ricoeur, che alla narratività ha dedicato una delle sue opere più note (Tempo e racconto, pubblicata in Italia dalla Jaca Book), la massima valenza etica del racconto si lega in particolare alla c.d. questione del soggetto. La difesa della narrazione si fa difesa del soggetto, il quale - nella precarietà della sua condizione di essere-gettato in una realtà precostituita e aliena - è alla perenne ricerca di un'identità che faccia da perno ai frammenti del vecchio cogito - non più credibile - e della sua supposta auto-trasparenza. Decentrato e ridotto a "canna pensante" (secondo la bellissima definizione di Pascal) in perenne oscillazione, soprattutto da quando è stato investito dalla potenza disvelatrice delle teorie freudiane, il nuovo soggetto si vede costretto a cercare il senso del proprio essere nei segni e nei simboli del suo stesso agire. Un soggetto fragile e insicuro, ma tuttavia ineliminabile - contrariamente a quello che sembra il postulato fondamentale delle "scienze del linguaggio"-, giacché "ogni azione presuppone un agente, ogni enunciazione un locutore".
La realtà umana, complessa e contraddittoria, trova nella coerenza di una forma narrativa la consistenza intelligibile e la stabilità necessaria per non smarrire del tutto una percezione di sé che la salvi dal caos del non-senso. Per dirla in metafora, il racconto sembra possedere la capacità di aggiungere una quota di plusvalore conoscitivo a una qualsiasi esistenza, e in ciò, paradossalmente, anche l'uso di materiali inventati assume una funzione eticamente positiva, se inteso come contributo di rischiaramento e non come strumento di falsificazione.
Nella teoria del racconto, il fenomeno della lettura chiude il cerchio della costituzione del senso complessivo dell'opera e rappresenta il momento in cui il lettore, nel faccia a faccia con una "proposta di mondo che potrebbe essere abitato", è chiamato a un confronto da cui il suo stesso sé uscirà modificato. L'operazione ricettiva, infatti, riferisce il contenuto dell'opera a un reale concreto e in un cero senso familiare : il mondo del lettore e la sua modalità di abitarlo. E la coscienza del lettore, nell’analisi ricoeuriana, diventa il “sito ontologico” delle operazioni di senso e di referenza nei confronti dell'opera.
Dall'incontro, nessuna delle due entità uscirà immutata: l'opera sarà arricchita da un contributo di senso inedito; l'identità del lettore, passata attraverso "le variazioni immaginative dell'ego", sarà rischiarata dalla luce della riflessione da cui l'opera è sorta (o che da essa avrà preso il via).
La narrazione si rivela così un soccorso irrinunciabile per la coscienza moderna, sempre più in preda al disorientamento, ai dubbi, alle perplessità in cui sembra destinata a risolversi la sua esperienza esistenziale.
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