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Sull’Antologia di Mariella Bettarini

Argomento: Letteratura

Articolo di Franca Alaimo (Biografia)

Proposta di Redazione LaRecherche.it

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Pubblicato il 05/01/2010 17:51:13

(Questo articolo è stato anche inserito nella pagina di recensione di Roberto Maggiani all'antologia poetica di Mariella Bettarini, A parole – in immagini, antologia poetica 1963-2007)

Leggere la poesia di Mariella Bettarini nel suo svolgersi cronologico, senza pause, è come appropriarsi della storia più intima di lei, storia di un pensiero che è mutato nell’urto con la realtà, interrogandola, interrogandosi, nella ricerca dell’equilibrio, ma senza che quello faticosamente trovato ogni volta, si tramutasse in quiete o peggio quiescenza, divenendo anzi indicazione per un nuovo procedere. Si avverte farsi sempre meno invadente, mano a mano che scorrono gli anni, il fuoco dell’ideologia, così necessaria nella prima fase del suo impegno scritturale, quando doveva ancora la Bettarini prendere coscienza di sé, del suo posto nella Storia, di fronte le istituzioni, i poteri, quando doveva distruggere, e forse distruggersi, per costruire un nuovo modo d’essere donna, il suo scomodo (per tanti) modo di sentire la sessualità, di ingravidarsi, così come lei stessa scrive, d’un amore senza scopo procreativo e senza però perdere la dimensione etica.

E tutto questo Mariella Bettarini l’ha detto prima con la rabbia della parola stuprata, poi con libertà della fantasia, e ancora con la consapevolezza che tutto può essere poesia: la natura, le cose, le città, i piccoli eventi, purché siano traslati oltre se stessi, purché si sia disposti a guardare tra gli interstizi della realtà dove molto mistero giace in silenzio.Così con la mano della scrittura la poetessa fiorentina ha spinto verso nuovi sensi tutto il corpo della lingua e non più per il gusto di ferirla, rivoltarla, rinnovarla, ma per affermare ciò che fin qui non era stato detto, e non per dimostrare di essere poeta, ma per vivere da poeta che fa la lingua ininterrottamente, con devota umiltà, come seguace della Parola.

Così Storia con la esse maiuscola e storia con la esse minuscola, quella privata di ciascuno che pure se inconsapevolmente ha appiccicata addosso la Storia come un bozzolo, si sono incontrate in reciproco assenso e la prima, la Storia, sia pure poco nominata, è divenuta sostanza, umore che scorre a fianco, dentro la quotidianità, non meno eroica, non meno possente quest’ultima, se letta come metafora di una condizione, di un essere donne nel tempo in cui esserlo significava gregarietà e debolezza d’opinione e d’azione, di un essere, comunque, nella vita, al di là delle categorie. Ecco nascere le bellissime sessantotto poesie per Vera, una per ogni anno d’età, gioie-dolori cuciti con lo stesso filo dell’amore e della pazienza.

Il linguaggio d’ora in poi, non dimentica mai la sua tenerezza, l’affettività, la cromaticità del reale, procede visionario e concreto insieme: filosofia, storia, scienza vi si intrecciano lasciando impronte lessicali, catalogazioni, classificazioni, pagliuzze varie dell’infinito svolgersi ed esserci della vita, abbracciata con amore, dolore, interrogazione, sgridata, condivisa nell’amicizia, nella passione, nel dolore e scrutata, penetrata, sposata nelle sue più intime fibre. Il periodare corre, insegue le parole che sembrano avere un’energia infantile, mobili, vivaci, zampillanti, imprevedibili: l’una chiama l’altra in un ludus-lusus che però è serio, serissimo come lo è per tutti i bambini quando, giocando, interpretano il mondo ed escono ed entrano da se stessi ed afferrano significati celati; in questo modo la più ampia libertà è stata raggiunta: le parole “raggiano…espandendosi ovunque come faville”.

Dobbiamo noi tutti un grazie a questa figura di donna e poeta, perché proprio il suo non volere essere maestra di nessuno, la fa maestra di molti, perché ha trovato una voce inconfondibile, uno stile imprendibile, voli d’anima alti, perché è rimasta una vecchia-bambina vera, verissima ed una grande amica. Mariella Bettarini, donna dal cuore enormemente stanco, appare una poeta leggera, perché sa vedere il mondo più di quelli che hanno le diottrie intatte.

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