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Vittorio Sereni (1913-1983):il lago e Luino,il paese natale.

Argomento: Letteratura

di Maria Grazia Ferraris
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Pubblicato il 19/02/2015 10:48:14

Vittorio Sereni (1913-1983) : il lago ed il paese natale, Luino .

In un ricordo commosso, legato alla morte di Vittorio Sereni, lo scrittore Piero Chiara, che gli fu amico fin dall’infanzia comune, a Luino, ha scritto:
“Sereni è stato sepolto a Luino, suo e mio dolce luogo nativo..: una giornata di quelle nelle quali può culminare la vita di un poeta. Il nostro paese gli aveva preparato uno scenario di lago azzurro, di nubi argentate, di nevi bianchissime sui monti, chiuso in un cristallo di gelo……” Luino è il punto comune di partenza: dalla nostalgia potevano trarre le radici della loro amicizia, la diversa malinconia e forse anche della solitudine che pur li accomunava.
Infatti l’ultimo scritto di Sereni per la Rotonda,la rivista luinese cui collaborò attivamente, del 1984, dice: “ Per un certo periodo l’inverno entrò nelle metafore che andavo tentando….Dev’essere stato tra la fine del ’36 e l’inizio dell’anno successivo, in occasione di un mio ritorno dalle nostre parti dopo molti anni di assenza.
Smettila di corteggiarmi- disse al viaggiatore il paesaggio innevato su tutta la sua estensione- smettila di starmi attorno con parole. Sopraffatto dallo sfavillio della giornata di sole sopraggiunta all’intero arco montuoso fulgido di neve, vivevo uno di quei momenti di completezza, di piena fusione tra sé e il mondo sensibile, grazie e di fronte ai quali lo spirito desiderante si appaga di se stesso, rifiuta i contorni, sdegna ogni soccorso specie di parole- dissuaso com’è dal cimentarsi nella sfida che lo sguardo gli propone. …. Non diversamente il mio modo odierno di guardare a Luino vede o crede di vedere in trasparenza una storia nascosta, continua nel tempo, che vi si svolge; una rete di gesti e di sguardi, un sottinteso. Figure che si sfiorano appena movendo nel paese e nella sua aria, in un battito di ciglia, in un sorriso si riconoscono abitatori di un paese segreto che gli sta dietro, sempre sul punto di sconfinare nella patria notturna variegata e proteiforme dei sogni, dove si scompongono e ricompongono gli accadimenti diurni… spesso appaiono a loro volta nella parte di testimoni piuttosto che di protagonisti. Ai margini del paese visibile. …”

Sereni ha scritto ripetutamente in prosa e in poesia sul paese di lago, il luogo della sua infanzia, Luino: “…Mai il paesaggio è così struggente come quando gli è imminente una nube o un’ombra di mestizia o di strazio: il positivo e il negativo e viceversa, il canto e il controcanto, l’accendersi e lo scolorare, la vampa e la sua cenere,…” Scrive pensando ai suoi luoghi:

“Improvvisa ci coglie la sera./ Più non sai / dove il lago finisca;
un murmure soltanto/ sfiora la nostra vita
sotto una pensile terrazza…

Emerge un’ansia interiore e una condizione esistenziale dolorosa, esperita storicamente.
Quasi programmaticamente si ripresenta nella sua poesia il paese coi temi dell’amato e riconoscibile Montale, i correlativi oggettivi, metafore della vita e della morte:

“Già l’olea fragrante nei giardini / d’amarezza ci punge: il lago un poco
si ritira da noi, scopre una spiaggia/ d’aride cose,
di remi infranti, di reti strappate…”

C’è lo scolorare dell’esistenza nei colori sfumati della fine e della perdita, vista con occhi asciutti e fermezza esemplare .Il luogo topico diventa rispecchiamento della vita. La malinconia e l’incertezza sono nondimeno mitigate dal tempo, dal conforto del noto, delle stagioni che si rinnovellano rassicuranti, come ben dice nella poesia davvero magistrale, nelle antitesi di felicità e tremore, del dicembre ’40, inviata all’amico G. Vigorelli:

Presto la vela freschissima di maggio/ ritornerà sulle acque
dove infinita trema Luino/ e il canto spunterà remoto…

L’inizio della riflessione poetica di V. Sereni,che ha consacrato alla fama nazionale il luogo da cui è partito,con la prima raccolta –Frontiera-, muove in toto dal luogo natale, rappresentato soprattutto negli elementi del paesaggio lacustre, la cui natura potenzialmente idillica, non vive nella pura descrittività, bensì viene rappresentata come turbata da minacciose presenze, che insinuano il disagio negli uomini e nelle cose.
Ne sia un esempio anche l’inedito in cui Sereni scrive di una traversata del lago:
“..era ormai tardi e bisognava tornare, se l’ultimo battello della sera lasciava Cannero e salpava verso il suo riposo. Gli passarono davanti le luci verdi e bianche del Lombardia e solo allora sentì che era stata una stravaganza fuori posto quella traversata del lago fatta nel pomeriggio e che lo obbligava ora a una lunga remata nel buio e con un tempo incerto. ... Rivedeva se stesso nel più meraviglioso e libero pomeriggio del mondo nuotare lì intorno fra quelle isole minute, …fra quei grandi sassi emergenti nel lago calmissimo e celeste: e gli amici, e la barca legata a una pietra… Non pioveva più. Ma subentrava un’altra zona, si annunciava con rumori e scosse minute sulle fiancate. Il lago cominciava a turbarsi.”
Il paesaggio assume valore per il ricordo di cui è carico, diventa significativo per l’organizzazione mentale allusiva che gli si attribuisce. Il lago è entrato con Sereni nella grande poesia, con le aride cose di lago- come le reti strappate, i remi infranti,- correlativi oggettivi, indici di una condizione esistenziale universale.

“Ci desteremo sul lago a un’infinita / navigazione. Ma ora
nell’estate impaziente/ s’allontana la morte…

Il tema del lago-specchio- attonito-, lacuna del cuore, ricompare esplicitamente in una rielaborazione di alcuni versi giovanili, poi comparsi definitivamente in quartina, col titolo Un ritorno:

“Sul lago le vele facevano un bianco e compatto poema
ma pari più non gli era il respiro/ e non era più lago ma attonito
specchio di me una lacuna del cuore.”

E’ questo l’approdo, pura emozione intellettuale, in zona metafisica , del “vedere paesaggistico” di Sereni, che viene disegnato con segnali minimi: il calare della sera che sottrae familiari e rassicuranti punti di riferimento, la sensazione di sospensione nel vuoto che dà una terrazza pensile o il ritirarsi del lago che lascia affiorare poveri, quotidiani oggetti infranti, il cui significato viene potenziato e dilatato dal poeta, in preda talvolta a una visione catastrofica.

…..Siamo tutti sospesi/ a un tacito evento questa sera
entro quel raggio di torpediniera/ che ci scruta poi gira se ne va.

Con insistenza reiterata, sia nelle prose che nelle poesie, il poeta appartiene a quel lago, il suo lago: fino all’ultima raccolta: Stella variabile. In rapporto a questo luogo topico che è nello stesso tempo geografia, mito, infanzia, figure dell' esistenza c’è, e soprattutto negli epistolari, la nudità, la verità, il riconoscimento, talvolta faticoso e doloroso, della propria irrinunciabile voce.

Alla svolta del vento/ per valli soleggiate o profonde
stavo giusto chiedendomi se fosse/ argento di nuvole o innevata sierra
cose di cui tuttora sfolgora l’inverno…
dei luoghi folti dei nomi rupestri/ di suono a volte dolce
di radice aspra/ Valtravaglia Runo Demenza Agra

Commenta Chiara che ben lo conobbe e frequentò: “Come ogni cosa da lui nominata, il paese, il paesaggio, un colore,un qualsiasi strumento umano, diventa parte viva dell’esistenza di tutti, della vita universale.Per questo elementare prodigio che è concesso solo ai veri poeti, il suo ricordo così strettamente legato ai suoi versi, non è un labile rito commemorativo, ma un segno profondo dell’essere, un continuo e allarmato messaggio.”
Il lago, rappresentato in tutte le stagioni, ma preferibilmente in inverno, ricorre come una potente metafora sotterranea di calma e di sottili ansie, di amore e dolore.

…ma se ti volgi e guardi/ nubi nel grigio
esprimono le fonti dietro te,/ le montagne nel ghiaccio s’inazzurrano…
Armoniosi aspetti sorgono/ in fissità, nel gelo: ed hai
un gesto vago/ Come di fronte a chi ti sorridesse
di sotto un lago di calma,/ mentre ulula il tuo battello lontano
laggiù, dove s’addensano le nebbie.

E poi per contrasto,l’estate, esatto corrispettivo dell’ansia turbata dell’inverno.

Lunga furente estate./ La solca ora un brivido sottile
Alle foci del Tresa/ Sì che alcuno ne trema
Nei volti ridenti….

Amore di lungo tempo.All’amico Vigorelli scriveva:“Eravamo alla metà di luglio del ’37. Luino fino a quel momento era stata una delusione….Noi intanto avevamo formato una compagnia abbastanza numerosa ….Intanto erano cominciati i balli all’albergo principale del paese…e di sera, prima della guerra, chi guardava da Cannero riconosceva Luino proprio dalla gran luce dei finestroni della sala..”
Il primo degli epistolari,in cui il tema Luino compare con insistenza,ricco di notizie, eppur smilzo, è quello con Piero Chiara. Fu la loro frequentazione, come testimonia l’esiguo epistolario, un’amicizia “senza calore”, fondata sulla confidenza, conoscenza reciproca, avvenuta nell’infanzia a Luino e sulla solidarietà. Chiara deve infatti a Sereni la decisione di scrivere i suoi racconti sulla vita a Luino e di pubblicare poi Il piatto piange, quindi l’avvio della sua carriera letteraria.
Sereni scriveva “Caro Piero.. forse perché ne sono così lontano di fatto, Luino continua a crescere in me con un significato forse più ricco, seppure più severo, vorrei, non so come, dimostrartelo un giorno. Anche per questo ti prego ti scongiuro di mandarmi quelle dodici pagine che hai nel cassetto (sarà Il piatto piange, del ‘62)…”
Luino ritorna anche in altre lettere agli amici, in particolare in quelle indirizzate a Parronchi:
“ …E un giorno mi piacerebbe portarti a Luino e farti conoscere quella fonte ( esausta?) di commozioni…Ho un grande desiderio di stare con te e di leggere qualcosa insieme…..”
A lui risponde interessato ed attento l’amico Parronchi: “…il tuo invito tu non sai quanto mi sia gradito …la cosa a cui non rinunzio è un soggiorno con te a Luino e una volta o l’altra avverrà.”
Più tardi, dubbioso: “…poi temo che a Luino io ci possa andare soltanto da solo. Ammesso che non sia tardi e che io non debba ricavare rattristanti conclusioni su tutto ciò che è mutato in me e fuori di me…”. L’amico Parrochi capisce bene la natura del legame di Sereni col paese nativo, gli viene incontro proponendo un incontro nel suo “paese del cuore” in Toscana, con identici sentimenti:
“ C’est ma source à moi, ci sono stato fin da piccolo, ultimamente ci ho passato la guerra. Quasi tutti i miei amici la conoscono, ed è destinato che ci venga anche tu.”
La conversazione epistolare riprende nel ’48. Luino ritorna nel suo conversare affettuoso:
“….Nemmeno quest’anno so bene dove andrò a finire: tenterò ancora una volta Luino ma temo ancora inutilmente....”Luino rimane nondimeno un polo di attrazione costante, e ricompare di nuovo nella poesia della maturità quasi con pudore inconfessabile:

Ogni volta che quasi/ Di soppiatto ripasso da Luino
Sulla piazza del lago/ Schizzato fuori da un negozio corre
Un tale ad abbracciarmi/ Farfugliando il nome di mia madre.
Faceva lo stesso anni fa/ Un suo fratello più grande ….

Una esplicita riconferma.“Arrivavo a Luino per via stradale una certa volta dopo molti anni che ne mancavo. Adesso so bene a partire da che punto, non il presentimento, ma la presenza fisica di Luino comincia a rivelarsi nella sua identità concreta….Ma il tuffo al cuore non si produce sempre allo stesso modo: a volte è rimprovero,a volte rassegnazione, altre volte impeto di irruzione in un paesaggio come se fosse nuovo.Fatti miei?Eh, sì, purtroppo, fatti miei; idoli,che qualcuno potrà anche chiamare feticci. Diciamo: idoli della memoria.”
I luoghi sereniani sono diventati oramai tutt’uno col ricordo:Ma mai dimenticati, come ci dice nel 1982, a un anno dalla morte:
“ A Luino, dove sono nato, mi lega un affetto naturale e istintivo...Il rapporto col mio paese è reso vitale dai ricordi e da una continua interrogazione che porta a scavare più a fondo la realtà dell’ origine che affonda radici in questo angolo di Lombardia, passato a suo tempo sotto il nome di Frontiera…”

VITTORIO SERENI nacque a Luino nel 1913, si laureò in lettere a Milano. La prima raccolta Frontiere, uscì nel ’41. Inviato in Grecia nel ’42, rimpatriato, fu inviato alla difesa della costa siciliana, a Trapani, dove nel ’43 fu fatto prigioniero e rinchiuso nei campi di concentramento di Algeria e Marocco francese. Tornato in Italia nel ’45 si stabilì a Milano. Nel ’52 iniziò la sua collaborazione con l’Ufficio stampa Pirelli. Nel ’47 pubblica Diario d’Algeria. Nel ’58 entrò in Mondadori come direttore editoriale. Pubblica Gli immediati dintorni, cui fece seguito volumi di traduzioni e la quarta raccolta di poesia Stella variabile, un anno prima della morte avvenuta nel 1983

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