Pubblicato il 16/07/2010 02:32:25
Riflessioni sul passaggio alla modernità: da Proust a Gide
Diceva Freud: “Non è l’odio per i nostri nemici che ci consuma, ma quello per le persone che amiamo”. Una forma di odio particolarmente significativa, in questa ottica borghese di inizio Novecento, è quella del fils de famille omosessuale, ben rappresentato dal grido di André Gide: “Famiglie, io vi odio”. Anche Proust non fu molto tenero al riguardo: si pensi soltanto alla fine che fecero i mobili di famiglia alla morte dei genitori: immediatamente trasferiti ad arredare un bordello maschile. Trattamento non dissimile, per altro, subì pochi anni dopo - alla morte dello stesso Proust - il suo stupendo cappotto foderato di pelliccia, immediatamente svenduto dalla affezionatissima governante a un volgare ambulante. Rimanendo nell’ambito della cultura francese - dove Jean Genet appare illuminante nella drastica epigrafe a I negri: “Quel che ci occorre è l’odio. Dall’odio nasceranno le nostre idee” - in un’ottica di schemi di confezione narrativa e di onniscienza del narratore, mi sembra significativa la radicale trasformazione che avvenne nel passaggio da Proust a Gide. Mentre Proust ancora manteneva l’impalcatura della finzione assoluta, scrivendo come se egli stesso e i suoi lettori fossero eterosessuali, Gide già scrive da omosessuale, rivendicando con orgoglio il suo diritto ad essere tale. Questa è la ragione per cui Gide fu – molto più di Proust – oggetto di odio da parte di critici bempensanti e sedicenti intellettuali. Emblematica fu la reazione in Italia di Roderigo de Castilla (lo pseudonimo di Palmiro Togliatti) che dalle colonne dell’Unità - quando a Gide venne assegnato il Premio Nobel - parlò di una “confraternita di pervertiti”, lasciando pochi dubbi su quale sarebbe stata la reazione del Pci qualora un militante si fosse dichiarato omosessuale. E pochi anni dopo se ne ebbe la riprova a Casarsa con l’odiosa espulsione di Pasolini dal partito. Gide - che si liberò in quello che potremmo definire un vero e proprio coming out letterario – aveva preso coraggio dal primo Wilde. Che a sua volta aveva recepito istanze di liberazione da Walter Pater, l’autore di Mario l’epicureo, grande conoscitore del mondo classico e anche liberal convinto. Su Pater aveva avuto fondamentale influenza il Saggio sulla libertà di John Stuart Mill, dalla cui concezione di stato e delle libertà consegue che “il solo scopo per cui si possa legittimamente esercitare un potere su qualche membro della comunità civilizzata contro la sua volontà è quello di impedirgli di nuocere agli altri. Su se stesso, sul suo corpo e la sua mente l’individuo è sovrano”.
« indietro |
stampa |
invia ad un amico »
# 1 commenti: Leggi |
Commenta » |
commenta con il testo a fronte »
I testi, le immagini o i video pubblicati in questa pagina, laddove non facciano parte dei contenuti o del layout grafico gestiti direttamente da LaRecherche.it, sono da considerarsi pubblicati direttamente dall'autore Redazione LaRecherche.it, dunque senza un filtro diretto della Redazione, che comunque esercita un controllo, ma qualcosa può sfuggire, pertanto, qualora si ravvisassero attribuzioni non corrette di Opere o violazioni del diritto d'autore si invita a contattare direttamente la Redazione a questa e-mail: redazione@larecherche.it, indicando chiaramente la questione e riportando il collegamento a questa medesima pagina. Si ringrazia per la collaborazione.
|