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Quella stanzetta!

di Michele Fiorenza
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Pubblicato il 22/07/2012 12:03:28

QUELLA  STANZETTA!

 

         Erano seduti in quella confortevole pasticceria dall’aria profumata di buon caffè, proprio dietro la grande vetrata prospiciente la strada innevata.

         Lei sorseggiava con classe il suo tè aromatico, elegante nell’abito invernale blu, che contrastava così bene con la sua carnagione chiara e i capelli corvini.

         Non aveva la freschezza di allora, ma lui la vedeva ancora bella, anzi nuovamente bella, dopo decenni di apparente indifferenza. Il destino li aveva fatti incontrare in città, nell’antico quartiere che era stato lo sfondo della loro storia.

         La vita, trascorsa distanti, freddi e insensibili, sembrava ora molto breve, un colpo di vento, ostacolo troppo tenue per una bella serata come allora…

*        *        *

         Il lunedì mattina non era generalmente un momento impegnativo per l’erboristeria. Ma quelle gelide giornate sembravano minacciare fortemente la bellezza e la salute delle donne del paese, almeno quelle già negli ‘anta.

         I due soci lavoravano alacremente per soddisfare le clienti e insieme la cassa del negozio.

         Burro-cacao,c reme emollienti, cipria colorata, eccetera, eccetera. Eugenio era il solito pimpante venditore, sinceramente cortese e interessato alla bellezza delle sue clienti; Gianni invece sembrava distratto, si faceva spesso ripetere la richiesta, poi metteva in atto la sua preparazione in Scienze Naturali.

         Finalmente dopo mezzogiorno l’afflusso si diradò e Gianni si dedicò principalmente a rimettere a posto tutte le belle scatole di unguenti miracolosi o presunti tali. Infatti la loro tattica di vendita consisteva soprattutto nel  sommergere ogni cliente con una marea di prodotti allettanti: alla fine la malcapitata acquistava tre o quattro prodotti, porgendo un centone e ricevendo in resto un po’ di monetine e un buono sconto del dieci per cento per ulteriori acquisti entro il mese.

         Gianni guardava le confezioni e le riponeva ognuna al suo posto con particolare meticolosità, canticchiando a mezza voce:

         “C’eravamo tanto amati… per un anno o forse più…”

         A volte sbagliava allocazione del prodotto. Eugenio interrompeva il proprio corteggiamento alla cliente di turno e gli diceva:

         - Dottor …, quello non è una crema, ma un latte detergente, non va lì.

         Gianni scendeva dalla scaletta, la spostava e risaliva:

         “C’eravamo poi lasciati…”

         Fatto è che nella tarda mattinata i due soci ricevevano sempre la visita di  almeno una delle consorti.

         - Che hai da canticchiare? – chiese Teodora a Gianni, apparendo infastidita dal buonumore del marito.

         Normalmente il povero Gianni le avrebbe risposto per le rime almeno una volta. Invece quella volta lì si voltò appena a guardarla, fece spallucce, poi continuò in silenzio il suo lavoro.

         Quando Teodora uscì, lui riprese:

         “Una sera c’incontrammo… per fatal combinazion…”

         Dopo qualche giorno Eugenio capì che qualcosa bolliva in pentola, ma era troppo rispettoso della privacy dell’amico per fargli domande.

         Purtroppo Eugenio non sapeva simulare nulla e nemmeno dissimulare qualcosa, così  un bel giorno a tavola Clara lo interpellò con l’abituale asprezza:

         - A chi stai pensando?

         Eugenio era convinto che i pensieri fossero davvero qualcosa di troppo personale perr ivelarli ad altri, fosse pure la legittima consorte:

         - A niente…

         - Nessuno pensa a niente! Dai, confessati…

         Eugenio era convinto che il termine “confessione” sottintendesse un qualsiasi peccato grave, quindi non rispose. Clara cambiò atteggiamento:

         - Caro… tesoro…Lo sai che dobbiamo dirci tutto!

         - Cara la mia Claretta, io potrei citarti quattro o cinque esempi che dimostrano che tu non mi dici “tutto”.

         - Non è vero! Prima o poi io ti dico tutto!

         - Beh, sì: dieci anni più, dieci anni meno… Comunque non ho nulla da nasconderti: Gianni a volte è distratto e spesso canticchia.

         - Quali canzoni canta?

         Eugenio ricordava benissimo che Clara, “dopo” le nozze gli aveva confidato che era diventata maestra per ripiego, perché la sua vera vocazione era fare la poliziotta. Lui, a sua volta figlio di un poliziotto indagatore, c’era rimasto male: “Sempre uno sbirro in casa! Povero me!” Per amore di pace, confessò la colpa dell’amico:

         - Una sola canzone, quella che fa: “Come pioveva, come pioveva…”

         La mente di Clara partì come un computer di ultima generazione:

         - Oggi piove… ieri pioveva… l’altro giorno nevicava… martedì… ho comprato il giaccone alla svendita… e pioveva!

         - Clara, è semplice: ha piovuto quasi ogni giorno.

         - Sì, sì…Ne parlerò con Teodora!

*        *        *

         Il lunedì successivo, giorno di chiusura del negozio, Eugenio si ritrovò in città a pedinare… il suo amico Gianni! Le due comari lo avevano messo alle strette:

         - Avevamo pensato di rivolgerci a un investigatore “vero”, ma sai quanto ha chiesto?

         - Certo, non fa i prezzi che facevo io e quindi non è fallito! Ma io non posso spiare il mio amico!

         Clara aveva sfoderato le sue arti:

         - Caro… amore…Se per qualche giorno torni a essere quel grande investigatore che eri, quest’estate ti porterò in viaggio alle isole … e con i miei risparmi!

         Eugenio la guardò con sospetto:

         - Per quanti giorni?

         - Un’intera settimana, tesoro! Noi due, soli soletti, con la mia nuova lingerie…

         Eugenio aveva guardato Teodora, silenziosa ma determinata, e aveva capito che era meglio assumersi lui quell’increscioso incarico: avrebbe sempre potuto nascondere qualche particolare scabroso.

         - E ogni giorno mi farai rapporto! – aveva precisato Clara, - A Teodora poi riferirò io.

         In città faceva freddo, ma Eugenio era provvisto di cappello, sciarpa e guanti. Da un po’ pedinava Gianni, che stranamente camminava di buon passo.

         In piazza … lo vide fermarsi, guardarsi intorno, poi andare incontro a qualcuno.

         Una donna! E sembrava… Impossibile! Eugenio si voltò ad ammirare una vetrina, che però rifletteva la situazione alle sue spalle: i due s’incamminarono e ben presto costeggiavano il lungofiume.

         Il loro atteggiamento era manifestamente affettuoso. Quando entrarono in un bar e si sedettero davanti alla vetrata, Eugenio entrò nel locale di fronte, ordinò una cioccolata calda e rimase in attesa.

         I due si alzarono presto e si avviarono verso la via … Eugenio sapeva bene che quel quartiere era pieno di alberghetti appartati e intimi e fece di tutto per perdere le loro tracce.

         A casa dovette sopportare tutti i fulmini di Claretta sulla sua inefficienza:

         - Investigatore dei miei stivaletti! Non sei più capace di portare a buon fine neppure un pedinamento! Ma bada bene…

         Clara lo stava minacciando, facendo dondolare uno dei suoi ditini avanti e indietro verso di lui:

         - Se la prossima volta lo perdi, dovrai fare i conti con me! Chi era quella donna? Ci vuoi andare o no alle isole …?

         Eugenio riuscì a nascondere soltanto l’identità della donna, della quale tra l’altro non era ben certo.

         Il mattino seguente Gianni era di buon umore e canticchiava:

         “E… piano piano le prese la mano…”

         Era contento, ben sveglio e cortesissimo con le signore clienti.

         Quando il negozio si svuotava, riprendeva:

         “nella stanzetta dell’ultimo piano…”

         Venne Teodora a fare la sua ispezione, trovandolo gentilissimo, nonostante lei lo osservasse sospettosa. Quindi fu la volta di Clara, meno loquace ma più osservatrice.

         Poi Gianni continuò la sua canzoncina:

         “Mentre al mio cuore si stringeva, come pioveva, come pioveva…”

         Eugenio, essendo uomo “di panza”, prima che investigatore, non riferì della canzoncina: in definitiva una canzone non è una prova.

         Accettò di pedinarlo un’altra volta: il cliché fu quasi lo stesso, eccetto che la coppia si attardò al tavolino del bar o pasticceria che fosse, per via della pioggia insistente. Erano seduti molto vicini e a un tratto sembrò a Eugenio che lui le aveva messo un braccio intorno alle spalle e la teneva stretta a sé.

         Quando smise di piovere uscirono, camminando svelti: alla stazione dei pullman si salutarono da amici. Poi lui si diresse alla metrò. Eugenio lo vide salire, poi salì anche lui, un paio di vetture dopo.

*        *        *

         Il mattino seguente in negozio Gianni era un po’ giù di corda, ma sempre canterino:

         “Ed io pensavo ad un sogno lontano…”

         Eugenio aveva tratto le sue conclusioni: una rimpatriata con una “vecchia” fiamma, non si sa quanto intima…

         Poco dopo arrivò… Sandra! Dopo qualche convenevole di circostanza, comprò un tubetto di burro-cacao. Aveva fretta, non si fermò a chiacchierare come altre volte in passato e non mostrò alcuna emozione, soltanto qualche sguardo prolungato. Gianni fu cortese come con tutte le amiche delle loro consorti, ma niente di più. L’abbigliamento di Sandra non aveva nulla in comune con quello della donna“del mistero”, né tantomeno portava gli occhialoni leggermente scuri di quell’amica di Gianni. Eugenio era incerto.

         Dopo l’uscita di Sandra, Gianni riprese:

         “Mentre al mio cuore si stringeva…”

         A Eugenio sembrò che l’amico avesse un momento di commozione, ma fu un attimo fugace, poi Gianni riprese:

         “Mentre al mio cuore si stringeva… come pioveva, così piangeva…!”

         Per molti anni Eugenio avrebbe potuto giurare, se non fosse stato un uomo “di panza”, di aver udito un flebile singhiozzo da parte di Gianni.

         C’era unparticolare che non lo convinceva: la differenza di età. La migliore fonte dii nformazione poteva essere Clara, ma bisognava attendere che i sospetti delle due comari si placassero.

         Finalmente, nell’imminenza di quel viaggio promesso da Clara, ma pagato a metà, perché lui “non era venuto a capo di nulla”, Eugenio a colazione osò chiedere:

         - Gianni si laureò presto in Scienze?

         - Neancheper sogno! Aveva certamente molto più di trent’anni…

         - Invece altri, per esempio Sandra, si sono laureati presto, vero?

         - No, soltanto io. Sandra si laureò tardi in Lingue perché prima frequentava un’altra facoltà.

         - E perché cambiò?

         - Per furbizia: Lingue prometteva di più. Ma allora si disse che voleva dimenticare il suo primo amore, un laureando che l’aveva lasciata nel corso del suo secondo anno di università, un tizio la cui identità è rimasta avvolta nel mistero.

         - Certo, Lingue le ha dato la possibilità di insegnare subito. Ma che facoltà frequentava prima?

         - Come sei curioso! Fammi pensare… Credo fosse Scienze. Ma ha fatto benissimo a cambiare.

         Eugenio riprese solerte la sua colazione, affondando subito le labbra nella tazza del caffellatte, per nascondere un sorriso.

 

f i n e

 


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