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1- L’orologiaio e il falegname ebanista

di Valter Casagrande
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Pubblicato il 31/05/2013 10:56:34

 Nel rione la vita scorreva tranquilla, scandita da cadenze quotidiane che si ripetevano all'infinito.                            

 

Rocco e Antonio erano due artigiani che lavoravano da sempre in due botteghe affiancate ed uguali.

 

Rocco faceva l'orologiaio ed era un omino basso, minuto, con due oc­chi vivaci ed intelligenti.                                                      

 

Antonio, che faceva il falegname (lui amava sempre aggiungere " eba­nista "), era invece un omone grande e grosso, buono di cuore e dolce di modi, così perlomeno dicevano di lui i vicini.

 

I due erano nati e cresciuti nel rione ed avevano speso gran parte della loro vita a fianco, condividendo un'amicizia che era diventata quasi leggenda.

 

Nello stesso modo si era anche sparsa la fama della loro abilità nel lavoro.

 

Si parlava di mani quasi incantate che riuscivano, ciascuna nel proprio campo, a fare qualsiasi cosa.     

 

E così, i due amici passavano i giorni a perfezionare sempre di più le loro capacità, stimolandosi ed incoraggiandosi a vicenda.

 

Ma il tempo passava anche nel piccolo rione, cambiavano le persone, le cose, venivano meno affetti e rapporti consolidati.

 

Fu così che nuovi abitanti, con un modo diverso di vedere la vita, cominciarono a frequentare le botteghe sorelle.

 

"Caro Antonio - dicevano al falegname - tu modelli il legno come nes­suno, le tue creazioni sono degne degli appartamenti del Re, ma vuoi mettere la meravigliosa precisione degli ingranaggi di Rocco, la tec­nica, le innovazioni più moderne? ".

 

E dall'altra parte: "Caro Rocco, tu puoi forse arrivare anche a fer­mare il tempo con i tuoi ingranaggi, ma non potrai mai arrivare a ga­reggiare con la fantasia e la creatività di Antonio ".

 

Così la competizione prese man mano il posto dell'amicizia e della solidarietà.

 

Ma siccome nessuno dei due riusciva a guadagnarsi la palma del mi­gliore artigiano in assoluto, decisero di giocarsi tutto nella co­struzione del capolavoro.

 

L'atmosfera nel rione era cambiata, non si respirava più quell'aria di serenità spensierata.

 

Erano tristi perfino le porte delle due botteghe, prima sempre aperte ed ora costantemente chiuse e gelose.

 

Dopo circa un mese Antonio uscì dalla bottega proclamando, con soddi­sfazione, di aver terminato la sua opera.

 

Alcuni giorni dopo uscì anche Rocco, più magro e minuto che mai, di­cendo, con una strana luce negli occhi: " Ho finito la meraviglia delle meraviglie".                             

 

I due non si degnarono nemmeno di uno sguardo.

 

Quando aprirono le porte tutti poterono ammirare i frutti della di­sputa.

 

Antonio aveva costruito una serie di dodici pipe, tutte diverse fra loro, ognuna delle quali, per forma, colore o rappresentazione, ri­cordava un mese dell'anno.

 

La fattura era così pregevole che tutti rimasero a lungo a guardarle, osservandole fino nei minimi particolari che risultavano sempre per­fetti nell'intaglio.

 

Ma la cosa più strabiliante era che sembravano tutte di materiale di­verso, terracotta, pietra, osso, avorio, oro, mentre provenivano da una sola radica di noce.

 

Antonio riusciva a scegliere il pezzo giusto per tutto e a trasfor­marlo poi in quello che voleva.

 

I consensi furono unanimi.

 

Poi tutti passarono ad osservare l'opera di Rocco e si trovarono da­vanti ad un grande orologio fornito di ben sei pendoli.

 

Pur facendo capo ad un unico meccanismo, ogni pendolo scandiva un tempo: anno, mese, giorno, ora, minuto e secondo.

 

Tutto con una precisione incredibile.

 

Poiché poi l'orologio era fatto di vetro, tutti poterono ammirare la miriade di ingranaggi e meccanismi.

 

Questi erano ingegnosamente concatenati fra loro, dal più grande al più piccolo, come un rompicapo incomprensibile.

 

Anche qui il plauso ed il consenso furono unanimi.

 

E così i due si ritrovarono al punto di partenza, senza un vincitore e con il rancore che andava aumentando.

 

" Decida il vecchio saggio " disse uno del pubblico.

 

" Sì, che sia l'eremita della torre a stabilire chi è il migliore " disse un altro.

 

Tutti, compresi i due artigiani, si mostrarono subito d'accordo.

 

Ai margini del rione, in una torre isolata che un tempo serviva per ragioni difensive, viveva un vecchio un po' scontroso, che di certo non amava la compagnia dei suoi simili.

 

Di lui si dicevano le cose più disparate, ma le uniche certezze erano che il Signore del luogo aveva con lui un debito di riconoscenza e per questo gli aveva permesso di vivere nella torre, e che era l'uomo più saggio e colto di tutta la regione.

 

Quando i due artigiani si recarono, guidando una piccola folla di cu­riosi, alla torre, il vecchio ascoltò la storia e le richieste con molto interesse.

 

Poi, come sua abitudine, chiese del tempo per riflettere.

 

I due astanti sarebbero dovuti ritornare dopo un mese, lasciando lì le loro creazioni.

 

Passarono i giorni mentre tutti avevano ripreso le loro normali atti­vità.

 

Allo scadere del mese si ripresentarono alla torre per il verdetto, ma il vecchio disse che non aveva ancora deciso e li rimandò al mese successivo.

 

La storia andò avanti in questo modo per altri sei mesi, fintanto che nel rione quasi tutti si dimenticarono della vicenda.

 

All'ultima scadenza il vecchio fece entrare i due artigiani nella torre e, di fronte ai loro lavori, disse: " Miei cari amici, i vostri lavori sono ambedue perfetti, unici nel loro genere e per tale motivo io non riesco a scegliere.

 

Poiché però sono stato chiamato a pronunciarmi non su di essi, ma su chi di voi due sia il miglior artigiano, vi chiedo un'ulteriore pro­va.

 

Ognuno di voi mi scriverà il miglior elogio possibile sull'opera dell'altro e soltanto allora io vi darò il mio giudizio ".

 

I due se ne andarono sempre più infuriati.

 

Rocco giurò che non avrebbe mai scritto niente e che non gli importa­va più nulla della sfida.

 

Antonio ritornò alla sua bottega molto depresso e si ridedicò al la­voro senza entusiasmo.

 

Ma la sera, ognuno all'insaputa dell'altro, cominciarono a scrivere                           ciò che il vecchio aveva richiesto.

 

Con loro grande sorpresa le parole scorrevano libere e fluenti, spin­te dalla vecchia amicizia e dall'affetto che li aveva legati fino a poco tempo prima.

 

Si riaccesero i sentimenti che li avevano guidati per tutta la vita ed alla fine ognuno era convinto che fosse l'opera dell'altro a meri­tare la vittoria.

 

Ricominciarono timidamente a guardarsi ed a scambiarsi elogi ed inci­tamenti.

 

Quando decisero di tornare dal vecchio, lo fecero di comune accordo e con dei propositi che erano completamente cambiati.

 

Nessuno dei due voleva per sé la vittoria.

 

Arrivati alla torre bussarono a lungo, ma dentro nessuno rispose.

 

Attesero un poco ma poi, convinti che non ci fosse nessuno, presero la strada del ritorno sotto braccio, chiacchierando come avevano sem­pre fatto e dimenticando perfino i loro capolavori rimasti chiusi nella torre.

 

Dall'alto due occhi soddisfatti guardavano la solidarietà e la com­prensione che si allontanavano a braccetto a dispetto della competi­zione bieca e dell'istinto di prevalere a tutti i costi sugli altri.

 

I frutti iniqui, anche se splendidi, potevano benissimo rimanere chiusi nel dimenticatoio.

 

 

 

 

 

 


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