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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Davide Cortese

Argomento: Intervista

Testo proposto da LaRecherche.it

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Pubblicato il 26/04/2018 12:00:00

 

L’autore qui intervistato è Davide Cortese, secondo classificato al Premio letterario “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, IV edizione 2018, nella Sezione B (Racconto breve) con “L’uovo”. (Fotografia di Alessia Siano)

 

 

Ciao Davide, chi sei? Come ti presenteresti a chi non ti conosce?

 

Per presentarmi mi affiderei a queste parole di Walt Whitman: “Mi contraddico. Sono vasto, contengo moltitudini”. Sono essenzialmente un inquieto, una persona complessa che ama però le cose semplici: il tempo speso con gli amici, la famiglia, i romanzi, l’arte, il cinema, i viaggi.

 

 

Quali sono gli autori e i testi sui quali ti sei formato e ti formi, che hanno influenzato e influenzano la tua scrittura?

 

Sono soprattutto poeti: Rimbaud e i maledetti dell’Ottocento francese, Dino Campana, Emily Dickinson, Dylan Thomas, Walt Whitman, i poeti della Beat Generation, Pasolini. E poi gli scrittori: Calvino, ancora Pasolini, Parise e, tra gli stranieri, Hesse, Genet, Amado, Kerouac, Carver e molti altri.

 

 

Secondo te quale utilità e quale ruolo ha lo scrittore nella società attuale?

 

Per capire quanto sia importante, oggi come ieri, la figura dello scrittore, basta immaginare per un attimo come sarebbe il mondo senza i romanzi, senza i racconti, senza la loro inesauribile miniera d’umanità. Sarebbe un mondo nel quale poter vivere in felicità e in pienezza? Non credo affatto.

 

 

Come hai iniziato a scrivere e perché? Ci tratteggi la tua storia di scrittore, breve o lunga che sia? Gli incontri importanti, le tue eventuali pubblicazioni.

 

L’amore per la scrittura è nato quand’ero piccolo: ho iniziato a raccontare e a raccontarmi sui banchi di scuola, grazie agli stimolanti temi assegnati dalla mia maestra, l’indimenticabile signorina Tonuzza. I primi testi erano piccoli racconti. Poi, da adolescente, ho cominciato a scrivere versi. A ventiquattro anni ho pubblicato la mia prima raccolta di poesie: “ES” (Edizioni Edas), alla quale sono seguite le sillogi: “Babylon Guest House” (Libroitaliano), “Storie del bimbo ciliegia” (Autoproduzione), “Anuda” (Aletti), “Ossario” (Arduino Sacco Editore), “Madreperla” (LietoColle), “Lettere da Eldorado” (Progetto Cultura) e “Darkana” (LietoColle). Ho pubblicato anche due raccolte di racconti: “Ikebana degli attimi” (Firenze Libri), “Nuova Oz” (Edizioni Escamontage) e un romanzo breve: “Tattoo Motel” (Lepisma).

 

 

Come avviene per te il processo creativo?

 

Non mi siedo mai alla scrivania con l’intenzione di scrivere. Le idee mi catturano quando meno me l’aspetto, per strada o in qualsiasi altro luogo. Ovunque io sia, allora, mi fermo e scrivo. I versi o le storie da raccontare mi arrivano all’improvviso, come inattese missive da un mondo lontano e misterioso, come lettere da Eldorado.

 

 

Quali sono gli obiettivi che ti prefiggi con la tua scrittura?

 

Credo che lo scopo della mia scrittura, in versi e in prosa, sia unicamente il viaggio dentro al mio mistero, l’esplorazione di una delicatissima complessità, l’indagine, lo scavo di un buio alla ricerca di un volto da portare alla luce e da salvare dall’oblio.

 

 

Secondo il tuo punto di vista, o anche secondo quello di altri, che cos’ha di caratteristico la tua scrittura, rispetto a quella dei tuoi contemporanei?

 

La “consapevole distanza dal presente linguistico”, rilevata dal poeta e critico letterario Manuel Cohen. Di questa distanza, nella sua prefazione alla mia silloge “Darkana”, Cohen dice: “Non è casuale ed è una scelta voluta, precisa ed insistita, consapevole e rischiosa. Come se l’autore ci tenesse a rimarcare il proprio dissenso, o piuttosto, la propria disappartenenza a una lingua della poesia contemporanea comunemente connotata da formularità lineari e da medietà tonali e sintattiche spesso tendenti a una comunicazione tanto semplificata quanto ovvia, e spesso sconfinante nelle lingue di sabbia o di plastica della comunicazione e della prosa più adiacente o prossima”.

 

 

Si dice che ogni scrittore abbia le sue “ossessioni”, temi intorno ai quali scriverà per tutta la vita, quali sono le tue? Nel corso degli anni hai notato una evoluzione nella tua scrittura?

 

Credo che il tema del tempo e quello della morte siano tra i più presenti nella mia scrittura, sia in poesia che in narrativa. Penso che l’evoluzione della mia scrittura sia indissolubilmente intrecciata alla mia evoluzione come persona. Tuttavia, non saprei definire questo genere di evoluzione, né qualificarla in alcun modo.

 

 

Quanto della tua terra di origine vive nella tua scrittura?

 

La mia terra di origine è determinante per la mia scrittura. Io sono dell’isola di Lipari. Tutto ciò che so della vita l’ho imparato alle Eolie: sulla mia isola ho conosciuto la bellezza, l’amore, il dolore, l’arte, la poesia. Le Eolie, la mia Lipari, il mare, costituiscono la mia identità. Tutta la mia scrittura è impregnata di luce eoliana. Le Eolie sono presenti nei miei versi anche quando non sono esplicitamente nominate, sono presenti nella conturbante natura a cui do spesso espressione in versi e in prosa, nella natura che è per me incessante fonte di ispirazione e di stupore. La mia idea di scrittura è avvolta da un’aura di mare, il mio mare, e intesa come viaggio mitico alla scoperta di se stessi.

 

 

Qual è il rapporto tra immaginazione e realtà? Lo scrittore si trova a cavallo di due mondi?

 

Immaginazione e realtà sconfinano l’una nell’altra, incessantemente. Il punto in cui si incontrano, si mescolano e si dissolvono costituisce la landa misteriosa in cui inizia l’avventura di chi scrive.

 

 

Chi sono i tuoi lettori? Che rapporto hai con loro?

 

Oltre alle persone care ci sono dei lettori sconosciuti, quelli preziosi perché autenticamente imparziali nel giudizio. Spesso mi contattano attraverso i social network per comunicarmi le loro impressioni di lettura, dando vita ad un significativo e proficuo scambio.

 

 

“Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso”. Che cosa pensi di questa frase di Marcel Proust, tratta da “Il tempo ritrovato”?

 

Sono assolutamente d’accordo e non potrei dirlo meglio di Proust.

 

 

Quali sono gli indicatori che utilizzi nel valutare, se così ci è permesso dire, un testo? Quali sono, a tuo avviso, le caratteristiche di una buona scrittura? Hai mai fatto interventi critici, hai scritto recensioni di opere di altri autori?

 

Valuto come buona la scrittura che mi conquista lentamente ma inesorabilmente, la scrittura che mi avvolge in un’aura di mistero, quella nella quale avverto un presagio che mi guiderà fino all’ultima pagina. Non ho mai fatto interventi critici: mi piace di più scrivere storie, tutto qui.

 

 

In relazione alla tua scrittura, qual è la critica più bella che hai ricevuto?

 

Mi hanno detto spesso che la mia scrittura è “cinematografica”. Una volta, con un azzardo, l’hanno addirittura definita “lynchiana”. Da amante del cinema e di Lynch, mi ha fatto, naturalmente, molto piacere.

 

 

C’è una critica “negativa” che ti ha spronato a fare meglio, a modificare qualcosa nella tua scrittura al fine di “migliorare”?

 

Certamente, sì. Di alcuni racconti mi è stato detto che erano “farraginosi”. Le critiche negative sono, in ogni caso, quelle dalle quali si trae maggiore profitto.

 

 

A cosa stai lavorando? C’è qualche tua pubblicazione in arrivo?

 

Sto raccogliendo in un piccolo volume alcune poesie che ho scritto nel mio dialetto: il dolce e musicale eoliano.

 

 

Quali altre passioni coltivi, oltre la scrittura?

 

Disegno (ho illustrato alcuni libri) e faccio parte di un gruppo performativo chiamato “Artisti innocenti” col quale dal 2013 mi diverto moltissimo a dare vita a bizzarre azioni artistiche.

 

 

Sei tra i vincitori del Premio “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, perché hai partecipato? Che valore hanno per te i premi letterari? Che ruolo hanno nella comunità culturale e artistica italiana?

 

Volevo semplicemente scoprire che riscontro avrebbe avuto il mio testo. So che tutte le opere inviate al Premio “Il Giardino di Babuk” sono sottoposte alla giuria in maniera del tutto anonima e questo, ovviamente, garantisce l’assoluta sincerità del giudizio. È stata una grande soddisfazione essere premiato per un mio racconto. Un premio è certamente uno stimolo a continuare il percorso intrapreso con maggiore smalto.

 

 

Hai qualcosa da dire agli autori che pubblicano i loro testi su LaRecherche.it? Che cosa pensi, più in generale, della libera scrittura in rete e dell’editoria elettronica?

 

Con gli autori che pubblicano i loro testi su LaRecherche.it voglio solo complimentarmi. Le vostre sono sempre ottime proposte e le apprezzo molto, così come apprezzo la libera scrittura in rete e l’editoria elettronica.

 

 

Vuoi aggiungere qualcosa? C’è una domanda che non ti hanno mai posto e alla quale vorresti invece dare una risposta?

 

Desidero solo manifestare tutta la mia stima e la mia gratitudine a “LaRecherche.it”.

 

 

Grazie, Davide.

 


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