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La scuola 725

Argomento: Società

di Bianca Fasano
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Pubblicato il 03/03/2019 19:08:46

LE BARACCHE DELL’ACQUEDOTTO E LA SCUOLA 725 (RAI STORIA INSEGNA). Rai Storia, per chi la storia la voglia comprendere davvero, insegna. La ragione per cui scrissi, anni fa, “Polvere di Storia”, fu perché la chiave di lettura dei libri di storia è quella dei vincitori. Ai vinti non si da voce. Oggi Rai Storia mi ha aperto le porte della “Scuola 725”. Parliamo tanto di immigrazione e dei disagi (certamente tanti), dei nostri immigrati. Mi sembra importante non dimenticare cosa sia stata la vita di quanti, “emigrati dell’Italia”, non lasciavano i loro paesi italiani per altri paesi, anche esteri, ma lasciavano i loro paeselli italiani, le campagne dove non si riusciva neanche a portare il cibo in tavola, per le città, dove si sperava di trovare lavoro e fortuna. Così questi nostri italiani giungevano a Roma, per andare ad abitare in una baracca, nella fattispecie parliamo di quelle dell’acquedotto, senza luce, senza acqua, senza gas (si prendevano le bombole), acquistata da quanti avevano trovato da vivere in una casa vera e propria. In quella situazione nacque la “Scuola 725”, in quanto il 4 Novembre del 1969 Don Roberto Sardelli acquistò una baracca, da una prostituta, lungo l'acquedotto Felice. Insegnerà ai bambini, figli dei baraccati, che alla scuola elementare "Salvo D'Acquisto" venivano spesso messi nelle classi differenziali. Fra le cose straordinarie che accaddero, ci fu la lettera che scrisse al Sindaco, assieme ai bambini, indirizzata all'allora Sindaco Rinaldo Santini, che venne pubblicata dal quotidiano Paese Sera. L'esperienza della "scuola" terminò nel 1974 quando il Comune di Roma iniziò ad assegnare le case popolari ai baraccati dell'Acquedotto Felice. Al “prete delle baracche” don Roberto Sardelli venne assegnata la laurea ad honorem , mercoledì 21 novembre 2018, nell’aula Magna della Scuola di lettere filosofia lingue dell’Università Roma Tre. Il sacerdote, all’epoca 83enne, venne insignito della laurea in Scienze pedagogiche. Non potendo partecipare alla cerimonia, ritirarono la laurea in sua vece due ex allievi, Emilio Bianchi e Angelo Celidonio, che negli anni ’60 vivevano in agglomerati di lamiere nell’estrema periferia di Roma, senza luce, acqua e fogne. -“ "Don Roberto, nella sua scuola minuscola alloggiata dentro una baracca di tre metri per tre, illuminata da candele e con una stufa boccheggiante, ospitava i figli dei "baraccati", come venivano chiamati in maniera dispregiativa, perché facessero i compiti e ripetessero le lezioni. Ma soprattutto perché potessero incontrarsi e parlare, discutere e capire. Insegnava loro a leggere il giornale, gli parlava della guerra in Vietnam e di quanto accadeva nel mondo. Li invitava a raccontare la loro storia scrivendo e disegnando, e compilava con loro una rivista che loro stessi battevano a macchina, ciclostilavano e poi distribuivano. Con questo metodo, avevano preparato persino un libro di testo alternativo, scritto da loro stessi, con un linguaggio che li rappresentasse e argomenti vicini ai loro interessi. Un manuale alternativo, intitolato "Non tacere", che suscitò la curiosità di molti intellettuali." (Elena Stancanelli - Repubblica, 31 ottobre 2010) Ricorda uno degli allievi: -““Abitavamo nelle baracche dell’Acquedotto Felice, un tugurio di miseria dove viveva un’umanità che le istituzioni e i cittadini avevano lasciato fuori dalle mura della città. Eravamo ragazzi e ragazze: mentre alcuni frequentavano la scuola pubblica, altri erano già sul mercato del lavoro e, espropriati della loro età e della scuola, facevano l’esperienza dello sfruttamento. La città era assente. Noi, spinti dai genitori, frequentavamo la scuola, ma molti, classificati ‘caratteriali’, finivano nelle classi ‘differenziali’; tutti, a causa delle condizioni in cui vivevamo, giornalmente subivamo offese ed espliciti ‘inviti’ a lasciare la scuola. Ma un giorno accadde un fatto strano che segnò una svolta nella nostra vita, in una baracca che misurava 3 x 3 nasceva la "Scuola 725", la scuola del nostro riscatto. Un giorno ci venne incontro un prete con la valigia. Noi lo guardammo perplessi e lui guardò con sospetto il pallone col quale stavamo giocando. Chiese come ci chiamassimo e ci disse che in una baracca avrebbe aperto per noi una scuola. Le nostre perplessità aumentarono. Pensammo a un doposcuola per aiutarci a svolgere i compiti che ci assegnava la scuola del mattino. Ma avvenne un fatto cui nessuno di noi pensava. Alle cinque del pomeriggio quando, finiti i compiti, ci preparavamo a "rimbaraccare", il prete fece accendere dai suoi collaboratori alcune candele in più e noi pensammo che ci avrebbe fatto dire il rosario. Invece aprì un libro: Americani e Vietcong. Da quel momento, in quella baracca 3x3, che era stata di Rita (la prostituta trasferitasi altrove. N.d.a.), nasceva la "Scuola 725. Nella "725" sera dopo sera, a lume di candela, tra inevitabili distrazioni, nacque la "Lettera al Sindaco". Successivamente da sotto quegli archi malfamati, che i nostri genitori ribattezzarono "infelici", nacque la "Lettera ai cristiani di Roma" firmata da 13 preti. Allora non ce ne rendevamo conto, ma il "grido" fu talmente forte che le istituzioni ne furono colpite e dovettero mettere allo studio un processo di rinnovamento che segnò la fine di un’epoca. In quelle due lettere chiedevamo cambiamenti radicali, cambiamenti che toccavano l’anima dei problemi che vi si esponevano.” Da ‘La seconda lettera al sindaco per continuare a ‘Non tacere’, 2007 Don Roberto era originario di Pontecorvo, ordinato sacerdote nel 1965, aveva frequentato la scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani e successivamente si era recato in Francia per studiare l’esperienza dei “preti operai”. Quando nel 1968 fu inviato nella parrocchia di San Policarpo, poté rendersi conto che, a pochi metri,”sorgeva” la baraccopoli , nei pressi dell’Acquedotto Felice, occupata da 650 famiglie italiane immigrate provenienti da Sicilia, Calabria, Abruzzo e Basilicata. Fu proprio qui che il sacerdote si trasferì. Forse sarebbe il caso che la Chiesa di oggi, umiliata dalla presenza di sacerdoti (ed anche alti prelati), che amano i bambini per scopi meno degni dell’educazione evangelica, riscoprisse il cammino della speranza che li avvicina ai poveri a ai bisognosi, che non sono soltanto, purtroppo, quelli che giungono a noi sulle navi, via mare. Bianca Fasano https://www.movio.beniculturali.it/ticonzero/romacantieredellamemoria/it/59/archivio-scuola-725


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