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Il calice mezzo pieno

di Anna Di Marco
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Pubblicato il 28/10/2014 07:13:35

IL CALICE MEZZO PIENO

 

Un giorno Dio, non avendo nulla da fare, si passava il tempo a guardare dentro il suo specchio magico e vede  due fratelli, Oseib, l’obesità, e Anoser, l’anoressia.

Questi due diffondevano nella terra il terrore: rubavano, uccidevano, violentavano uomini, donne e bambini.

Toglievano la dignità e il rispetto di sé stessi a tutti coloro che riuscivano a trascinare con le loro lusinghe, nella casa della loro madre: l’accidia.

 

Il buon Dio, che ama tutti gli uomini, non poteva stare a guardare questo gioco osceno dei due fratelli e così decide di richiamarli per metterli in riga.

 

Era il giorno di natale quando Oseib e Anoser dovevano recarsi da Dio, ma ciascuno dei due diceva che per il giorno di natale non era possibile andare da Dio, è un giorno di particolare impegno per loro, hanno tanto da fare e che la cosa poteva essere rimandata di qualche giorno.

 

Il buon Dio, che era buono con tutti, fissa l’appuntamento per il giorno di capodanno, ma riceve la stessa risposta dai due fratelli.

 

Allora Dio, non riuscendo a far venire al suo cospetto i due fratelli, visto che lui è Dio e nulla è impossibile per lui, decide di andare lui stesso dai due fratelli.

 

Guardando sempre nello specchio magico, vede una folla che si trascinava nella casa dell’accidia e tra la folla scorge due individui che non riusciva a riconoscere tanto erano cambiati nel loro aspetto.

 

Uno era una montagna di lardo che mentre camminava traballava, si muoveva a fatica, una gamba non si distingueva dall’altra tanto erano gonfie e appiccicate, le mani erano due cose a forma di palloncino attaccate ad un pallone più grosso che doveva essere il braccio che sormontava una circonferenza ancora più grande che doveva essere il busto.

La testa sembrava piccolissima sopra quell’enormità.

Era Oseib.

 

Dio: come ti sei ridotto figlio mio! Ma come è stato possibile?

 

Oseib: Dio mio! Perché sei venuto a vedermi? Lasciami in pace.

 

Dio: è forse colpa mia il tuo stato? Ti ho forse trascurato?

 

Oseib: tu mi hai abbandonato.

 

Dio: qualcuno ha detto che quando nella spiaggia camminavamo uno accanto all’altro, tu vedevi le mie orme e le tue insieme.

Tutto andava bene.

Quando hai visto sulla sabbia le orme di un solo individuo, hai pensato che fossero le tue, non hai pensato che potevano essere le mie che ti portavo in braccio.

Io ti dico che ora sei talmente pesante che non riesco più a portarti, le mie spalle sono vecchie ormai.

Oseib:

tutte le cose che prima mi sembravano belle, non sono più belle, non esiste la leggerezza, non esiste la leggiadria, non esiste la gioia, non esiste la felicità.

I miei sensi si sono ispessiti talmente tanto che sono diventati callosi e duri, la sola soddisfazione per me è la quantità di cibo e la ricerca sempre di sapori sempre più gustosi e saporiti. E ora vattene.

 

Dio: ma non vedi come il grasso impedisce alla particella divina di passare nel tuo cuore?

Non vedi come il colesterolo impedisce alla scintilla divina di illuminarti?

 

Oseib: non ho bisogno di te e delle tue prediche, vattene.

 

Dio guarda quel figlio malato e lo mette in un angolo del suo specchio magico, mentre avrebbe riflettuto sul cosa fare.

 

Intanto si avvina all’altro individuo che si trascinava nella folla, era talmente smunto, talmente sottile che si vedeva appena.

Il suo corpo era uno scheletro ricoperto di pelle.

Non aveva la forza di camminare, sembrava un delicatissimo e sottilissimo calice di cristallo, fragile e trasparente.

Gli occhi erano scavati in un viso senza guance, dei legnetti al posto delle gambe, delle braccia e del busto. Una testa enorme su una radiografia.

Era Anoser.

 

Dio: come ti sei ridotto figlio mio!

 

Anoser: Dio mio! Perché sei venuto a vedermi? Lasciami in pace.

 

Dio: è forse colpa mia il tuo stato? Ti ho forse trascurato?

 

Anoser: tu mi hai abbandonato.

 

Dio:

il giorno che sulla spiaggia hai visto le orme di un solo individuo, hai pensato che fossero le tue, non hai pensato che le tue non si vedevano più perché eri talmente leggero che non lasciavi segni e quelle che vedevi erano le mie orme.

 

Anoser: ti prego di andartene e di lasciarmi solo.

 

Dio:

non posso farlo, tu lo sai, la tua scintilla divina non si può neanche espandere perché il tuo corpo si sta smaterializzando e le tue vene sono talmente rimpicciolite che ciò che univa lo spirito all’anima e ai sensi non ci passa più.

 

Anoser: vorrei restare da solo.

 

Dio guarda quel figlio malato e lo mette in un angolo del suo specchio magico con Oseib, mentre avrebbe riflettuto su cosa fare.

 

Mentre la folla di ciccioni e di anoressici, continuava ad entrare e ad uscire dalla casa dell’accidia.

Quella casa era un luogo di perdizione, il luogo del male, bisognava distruggerla.

 

Allora Dio và da Noè e gli dice di costruire un’arca perché avrebbe mandato sulla terra il diluvio universale per distruggere quella casa.

Ma questa volta Noè doveva mettere in salvo: la creatività, la leggerezza, la leggiadria, la gioia, la felicità, l’amore e il rispetto.

Noè, che non era certo un ingegnere navale e che la sua prima arca è stato solo un caso se non è affondata con tutto quel peso che aveva nella stiva, non aveva la più pallida idea di come costruire questa nuova arca.

Và a prendere i disegni della prima e comincia a studiare.

 

Nel mentre Dio nel suo specchi magico vede un tipo che faceva di tutto per attirare la sua attenzione, questi era Vincenzino, un uomo altro e grasso, aveva sentito in giro di ciò che voleva fare Dio e perciò voleva parlargli e comincia col dire:

Il cibo mette allegria, dona soddisfazione, mentre stai mangiando si istaura un equilibrio interiore, i sensi addetti a questa soddisfazione sono appagati e diventano più importanti degli altri e ti senti bene.

Però c’è qualcosa che non và, quando non stai mangiando e il tuo corpo ha finito di assorbire tutti i grassi e gli zuccheri, si svegliano desideri e voglie che non puoi soddisfare a causa della tua grassezza ed è per questo che ricominci a mangiare, per avere un po’ di tranquillità e di piacere.

Se tu distruggi la casa dell’accidia, noi non abbiamo dove andare, non avremo più momenti felici.

 

Dio ascoltava in silenzio le parole di quel buon ciccione e mosso da pietà và da Maria Maddalena, che di uomini se ne intendeva, per avere un consiglio.

 

Maria Maddalena gli dice di convocare i più importanti studiosi del problema: alimentaristi, psicologi, industriali di prodotti alimentari, dietologi, sociologi, i sapienti e i saggi della terra.

Questo fa Dio.

 

Nel mentre nella casa del mulino bianco, una donna che voleva fare la modella era diventata piccola e sottile come un grissino, sembrava più un feto umano che una giovane donna.

Stava sempre con la bilancia sotto i piedi, fino a quando, non riuscendo più a controllare il suo peso, andava dimagrendo sempre di più e il suo corpo era diventato così fragile che anche un leggero soffio di vento di una bella giornata di primavera le face male.

Questa donna era Ermenegilda, lei era più piccola della lunghezza del nome che aveva.

L’attenzione di Dio era stata attirata dal suo sguardo, i suoi occhi erano così tristi, così stanchi, così bisognosi, così dolcemente illuminati da una debole luce.

Quegli occhi erano un S.O.S. uralto a squarciagola.

 

Mentre gli esperti cercavano la soluzione e Noè faceva l’arca, a Dio venne una splendida idea:

se lui metteva insieme Vincenziono e Ermenegilda, i due si sarebbero compensati a vicenda.

Vincenzino si sarebbe tolto il cibo dalla bocca per far sì che Ermenegilda cominciasse a nutrirsi, così Ermenegilda sarebbe ingrassata e Vincenziono sarebbe dimagrito.

Questo sarebbe stato possibile grazie all’amore.

Così nella casa del mulino bianco Dio ci porta Vincenzino ed Ermenegilda.

Nel giro di poco tempo i due erano irriconoscibili e felici, due belle creature che si erano salvate.

 

Nel mentre Noè aveva studiato come fare l’arca che Dio voleva, era più un impianto idraulico che un’arca, difatti aveva creato delle tubature, degli sfiati, delle saracinesche, dei gomiti, degli attacchi per far sì che la scintilla divina potesse usare una via alternativa per farsi sentire dall’uomo, per far sì che la coscienza e la consapevolezza potessero lavorare in armonia con i sensi anche quando le vene erano ostruite.

Così distruggendo la dimora dell’accidia, l’essere dell’uomo si sarebbe salvato.

Gli esperti della terra avevano elaborato: diete, consigli, soluzioni, dialoghi, per curare i discendenti di Oseib e Anores, il trucco che hanno adottato era l’Amore, l’Amore per sé stessi e per gli altri, il Rispetto per sé stessi e per gli altri.

Non per nulla siamo stati creati ad immagine e somiglianza di Dio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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